Luca De Leva – Ultime Volontà
ADA è lieta di presentare la prima personale di Luca De Leva nei propri spazi, dal titolo Ultime Volontà.
Comunicato stampa
Interrogato sul senso del suo lavoro De Leva risponde "rappresentare per me è svolgere le proprie funzioni in nome di altri".
In questo senso il suo approccio porta con sé un tocco di abnegazione: rifugge la paternità' dell'atto creativo attraverso l'uso e la manipolazione di oggetti esistenti.
Quelli in mostra sono oggetti selezionati ed acquistati dall'artista secondo un'affinità' intuitiva, immediata, destinati ad essere decontestualizzati dalla loro esistenza originaria per acquisire una nuova "vita" secondo le direttive che saranno loro imposte dalla propria sensibilità' e dal legame che vorrà instaurare con essi.
Il suo è un invito alla lettura dell'opera che prelude ad un ribaltamento percettivo nei confronti del lavoro stesso e che può' assumere significati molteplici, anche e soprattutto, in relazione al fruitore.
La mostra si presenta come una combinazione di oggetti/sculture senza un'apparente relazione:
al centro della sala una gamba anatomica capovolta, sormontata da una grossa formica in bronzo; nell’angolo, proseguendo sul piano verticale, è appoggiato un bastone fuori scala, ottenuto unendo differenti parti di bastoni esistenti convertite in moduli.
Sul piano orizzontale, nell'angolo opposto, una tartaruga in cemento, capovolta sul suo guscio, viene soffocata da un palloncino.
Sulla parete è invece esposto un disegno a matita di Davide Meroni, un ragazzo autistico di 25 anni, autore di copie e reinterpretazioni di famosi dipinti del passato, qui in particolare del……di Mantegna.
Non è la prima volta che Luca De Leva esplora la prospettiva differente della malattia, di un differente sguardo sul mondo, e non è la prima volta che opera una "sostituzione" di personalità' all'interno della propria produzione, in questo senso ricordiamo la performance Cronache da un altro occhio, recentemente tenutasi presso il Castello di Rivoli, la performance ThySelf Talk, Villa Croce Genova ed il progetto Fiammetta Dixit, Cura. Basement, Roma, realizzato con la sorella portatrice di handicap.
Luca De Leva (Milano, 1986), vive e lavora a Milano.
Si è laureato all’Accademia di Belle Arti di Brera e ha studiato presso l’Accademia di Arti Grafiche di Lipsia.
Tra le mostre personali: Cronache da un altro occhio, performance, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, Torino, 2017; Cavalli e Madonne, Collezione Giuseppe Iannaccone, Milano, 2016; ThySelf Talk, performance, Museo Villa Croce, Genova 2015; Fiammetta dixit, CURA. Basement, Roma, 2014; Ho perso gli anelli, ma mi restano le dita, Room Galleria, Milano, 2013; Blarney 5×3, Almanac Project, Londra, 2013; ThySelf Talk, Zico House, Beirut 2012.
Tra le mostre collettive: Glimmerate, Marsèlleria New York, New York, 2017; Collezione Agovino | Frammenti di Paradiso, Le Scalze, Napoli, 2017; One Thousand Four Hundred and Sixty, Peep-Hole, Milano 2013; Underneath the Street, the Beach, Record, Fondazione Bevilacqua la Masa, Venezia; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, 2012; Straight Up, Family Business, New York, 2012.
ADA
Ciao Sara,
è da molto tempo che non ci vediamo, ma non ti ho dimenticata, sono qui a Roma e sorrido di quanti nomi gli uomini danno alle cose, ai luoghi e alle vite. Qui è chiamata la Città Eterna, ma noi sappiamo che di eterno non c'è niente, e le rovine delle nostre menti ce lo ricorderanno per sempre.
Tu che conosci la mancanza del tempo, ti prego aiutami ad abbandonare le convenzioni, distruggi con la tua gentilezza ogni mia convinzione e accompagnami in questo percorso di immobilità.
Voglio smettere di creare, la parola stessa è ridicola, posso solo riutilizzare quello che mi circonda, gettarmi in un flusso di produzione e conservazione con la postura che più mi appartiene, quella che ho scelto spontaneamente perché è brillata tra le mie pupille. Ricordo la tua ingenuità quando mi dicevi di non avere la certezza di essere nata, ma di poterlo solo dedurre dai fatti, non conoscevi la nostra radice e la cercavi occupando la tua vita con il lavoro, quel tremendo lavorio da operaietto che si è concluso solo quando hai accettato la mancanza di senso di tutto, il senso è umano, ma l'umano non è il tutto. Noi correvamo insieme fortissimi sulle nostre biciclette, quando il cuore pompava al suo meglio non pensavamo più a nulla ed eravamo tutto, l'aria ci penetrava ed eravamo tutto, il sudore ci faceva splendere ed eravamo tutto, il tuo corpo era bellissimo, degno di essere onorato, quante volte lo abbiamo onorato, lavoravamo con quello che avevamo a disposizione, con il corpo, la nostra radice. Sognavamo noi due e ora mi manchi, ci siamo soffocati e calpestati, stavamo attaccando la nostra natura, stavamo ignorando il pensiero, aggiungevamo un pezzo sopra l'altro sperando di arrivare abbastanza in alto per cadere e nuotare in una pozzanghera.
La nostra era la storia di uno sguardo che si ribalta come gli occhi di un epilettico, priva di senso, priva di narrazione, priva di scenografia, niente era desiderato tutto era già lì aspettarci, noi lo abbiamo solo rimodellato; niente era intenzionale più di un bacio dato male con in bocca un saporaccio di chiuso; la mia salivazione aumenta quando ti penso, siamo fatti d'acqua e io ti annego dentro, mi dicevi sempre, vado in apnea e aspetto fermo ora.
Sono circondato da oggetti delicati, di cui bisogna prendersi cura, oggetti che non solo qui, ma fra tutte le persone che ne hanno giustificato la produzione, la presenza. Sono una catena iniziata e che vuole continuare, gli anelli non sono ancora finiti e vorrei fossi tu ad aggiungere i prossimi, se ne sei in grado, ogni singola parte che li compone, ogni poro, ogni pregio e ogni difetto, sono stati accuratamente voluti e quella volontà libera di fare, me li ha fatti incontrare.
Ora aspetto una tua risposta alla mancata domanda che ti ho fatto.
Ora tuo
L