Luciano Palmieri – Infinite nature immateriali
La mostra vuole essere un approfondimento sulla sua produzione, partendo da quel primo tassello correggese dell’artista che è Vita immateriale (2011), collocata all’ingresso della nuova ala dell’ospedale civico San Sebastiano, in occasione della sua recente inaugurazione.
Comunicato stampa
Inaugura sabato 17 ottobre ore 17 la mostra Infinite nature immateriali dell'artista Luciano Palmieri presso Palazzo dei Principi di Correggio, a cura di Elena Giampietri. La mostra vuole essere un approfondimento sulla sua produzione, partendo da quel primo tassello correggese dell'artista che è Vita immateriale (2011), collocata all'ingresso della nuova ala dell’ospedale civico San Sebastiano, in occasione della sua recente inaugurazione.
Sanmartinese di nascita e milanese di adozione, Palmieri è già agli inizi degli anni Ottanta tra i più importanti nomi promossi da Luciano Inga-Pin della galleria Diagramma di Milano, ma riscuote parallelamente notevole successo anche alla galleria Catherine Issert di Saint Paul de Vence, alla Eva Keppel di Düsseldorf, alla 121 di Anversa e alla Swart di Amsterdam, solo per citarne alcune. Nel 1986, in occasione della mostra alla Rotonda di via Besana a Milano, viene annoverato da Renato Barilli nel gruppo dei Nuovi Futuristi assieme ad Abate, Bonfiglio, Brevi, Cella, Crosa, Innocente, Lodola, Luraschi, Plumcake e Postal. Innovazione, sperimentazione, artificio, estro compositivo che si avvale delle nuove tecnologie: questi i punti in comune con il Futurismo o il Dadaismo di inizi Novecento. Cardine dell’esposizione correggese sono le Nature immateriali, definite per la prima volta anche infinite. Dopo gli anni Ottanta Palmieri inizia a prediligere il rame (Formazione corallina, 1994-95) o l’acciaio smaltato; contemporaneamente, la sua mano si assottiglia e si inaugura una nuova stagione. Il rapporto naturale-artificiale, da sempre suo interesse, si incentra ora maggiormente sulla rappresentazione della natura in un contesto di vita estremamente tecnologizzato. Non più oggetti, quindi, con cui divertirsi e costruire insoliti accostamenti, bizzarri anche nel gioco linguistico del titolo, ma strutture sempre più filiformi, esili arabeschi di rami spogli di colore, semplice acciaio inox. La natura perde la sua materialità, diventando sinonimo di un ciclo imperituro di nascita e di morte, in cui ciò che sopravvive è l’energia. Scheletro degli alberi sono filamenti che si intrecciano, abbozzi di eliche simili ma mai identici. La natura è tutta lì: una struttura di DNA, energia generatrice, un divenire innumerevoli forme e, quindi, mondo. La visione laica di Palmieri include la scienza e l’arte come uniche vie filosofiche: nelle ultime opere i riferimenti a dati tangibili sono eliminati e vengono introdotte particelle elementari che si muovono in senso curvilineo e si aggregano secondo principi determinati dal peso e dalla temperatura. L’artista si lascia trascinare dall’ispirazione per meglio cristallizzare questi contenuti nelle sue opere: esse non si chiudono, infatti, in se stesse e quella sorta di confine a cui può tendere il loro profilo, in realtà, continua. Tutte le opere possono essere il proseguimento l’una dell’altra. L’energia è l’unico elemento fondamentale, l’unica forma vitale che si muove e si organizza in eliche e catene. Palmieri cerca le primarie concatenazioni che daranno vita alle future forme e corpi. Scienza ed arte si ritrovano pertanto vicine. Non a caso alcune di queste opere (Vita immateriale, 2011 o Nature immateriali, 2013- 2014-15) possono richiamare L. Fontana e lo Spazialismo: il concetto di spazio è infatti molto forte perché è in esso che fluisce l’energia del rinnovamento della vita. Da qui l’inevitabile scelta del titolo di questa mostra correggese.