Luciano Secci – La giostra della memoria
La mostra proporrà oltre 300 opere, molte delle quali inedite – per lo più disegni e acquerelli su carta di piccolo formato, olii e pastelli sempre su carta, pochi olii su tela, lamine sbalzate, terracotte e polimaterici – di un artista complesso e poliedrico, difficile da definire e da inquadrare nelle consuete dinamiche dell’arte del Novecento.
Comunicato stampa
Venerdì 1 febbraio (ore 18.30), presso la Pinacoteca “Carlo Contini” di Oristano, sarà inaugurata la mostra LUCIANO SECCI, LA GIOSTRA DELLA MEMORIA a cura di Ivo Serafino Fenu. Prodotta dal Comune di Oristano – Assessorato alla Cultura col contributo della Fondazione di Sardegna e in collaborazione con la Fondazione Sa Sartiglia, la mostra proporrà oltre 300 opere, molte delle quali inedite – per lo più disegni e acquerelli su carta di piccolo formato, olii e pastelli sempre su carta, pochi olii su tela, lamine sbalzate, terracotte e polimaterici – di un artista complesso e poliedrico, difficile da definire e da inquadrare nelle consuete dinamiche dell’arte del Novecento. Una produzione vastissima per un percorso artistico eccentrico e in continuo divenire, un vero e proprio flusso di coscienza per una mostra che si pone in una linea di continuità e di approfondimento con la mostra DM00001 - DM01400, Catalogo dell’esistenza che il MAN di Nuoro, nel 2011, dedicò a Luciano Secci. L’allestimento è stato curato dallo scenografo Mattia Enna, da Ivo Serafino Fenu e da Alessandra Manca.
Luciano Secci è stato un artista complesso e poliedrico, difficile da definire e da inquadrare nelle consuete dinamiche dell’arte del Novecento. La produzione di questo sorprendente artista è vastissima e, in gran parte, inedita: disegni, incisioni, acquerelli, ceramiche e polimaterici ci restituiscono un percorso artistico eccentrico e in continuo divenire, un flusso di coscienza che si sviluppa attraverso un segno analitico e poetico allo stesso tempo.
Le storie senza storia raccontate da Luciano Secci sono, infatti, rese con segni netti, novecenteschi, apparentemente assoluti, sul solco di una grande tradizione grafica che da Matisse porta al Picasso più classicista, memore del tratto espressionista della Scuola Romana. Segni che approdano, con perfetta congruenza temporale, ai protagonisti della Transavanguardia – Sandro Chia in primis –, a dimostrazione, se ve ne fosse bisogno, di quanto la sua arte si nutra dell’insegnamento di padri nobili e proceda, in perfetta simultaneità – seppure da una posizione oggettivamente periferica –, con le linee più aggiornate delle dinamiche artistiche italiane tra gli anni Settanta e i primi anni Novanta. Tuttavia tale sicurezza segnica è solo apparente, contraddetta da cancellature, pentimenti, cambi di rotta, che testimoniano un processo elaborativo lento e meditato, sofferto, perché sofferta, al di là delle apparenze, è la condizione umana, quanto difficoltoso è ritrascriverla per l’artista.
L’uniformità dimensionale dei supporti, l’iterazione di soluzioni che paiono infinite, ha portato alla felice intuizione critica che ha definito l’opera di Luciano Secci un catalogo dell’esistenza, «senza la pretesa di essere esaustivo, ma con la certezza di essere esistenziale, essenziale, autentico e immediato», un catalogo nel quale «il quotidiano viene disegnato nella sottile friabilità del foglio o nella duttilità della lamina e restituisce un alfabeto senza codice: la cifra infatti resta l’eludibile mistero che rimane solo a chi non vuole vedere oltre» (Cristiana Collu, 2011).
Perché Luciano Secci attua, nella sua opera di catalogazione, un processo di stereotipizzazione del singolo individuo che, da quel momento, rappresenta una categoria, un genere, una dimensione collettiva. Si tratta di un meccanismo estetico e, al contempo, di una necessità interiore, una giostra della memoria che ha come perno il passato costretto a ruotare in un eterno presente, una memoria, parafrasando Roberto Longhi, che si inflette nella propria poesia.
Ivo Serafino Fenu
Biografia
Pittore, scultore e incisore, Luciano Secci nacque a Nurri il 21 settembre del 1947, nel cuore del Sarcidano, e lì si spense all’età di quarantanove anni, nel 1995. Si formò presso l’Istituto d’Arte di Oristano seguendo il corso di ceramica e gli insegnamenti grafici e pittorici dell’artista Antonio Amore (Catania, 1918 – Oristano, 2009), in un rapporto artistico e umano che durò negli anni. Nel turbolento 1968 si trasferì a Roma per frequentare l’Accademia delle Belle Arti di Via Ripetta partecipando all’effervescente mondo artistico capitolino, tra rivoluzioni studentesche, sperimentazioni artistiche della Scuola Romana e il clima festaiolo della Dolce Vita, ravvivato da molti artisti e intellettuali provenienti da tutto il mondo. La frequentazione dell’accademia fu, per lui, di vitale importanza, in particolar modo lo furono le lezioni di incisione e il corso di pittura dell’artista Alberto Ziveri (Roma, 1908-1990), vicino alla poetica della Scuola Romana ma che evolverà poi in un più deciso realismo, con lui mantenne anche un lungo scambio epistolare dopo gli studi e al suo rientro nell’Isola e ai suoi insegnamenti si deve la menzione speciale nella sezione incisione nel concorso indetto dal Centro Internazionale d’Arte di Roma nel 1970. Richiamato alle armi nel 1971 manifestò da subito una decisa insofferenza verso il servizio militare. Nel 1972 tornò in Sardegna ritrovando serenità e nuovi stimoli artistici. Dal 1975, in parallelo all’attività creativa si dedicò all’insegnamento conseguendo l’abilitazione per la docenza di educazione artistica, fino al 1995, anno nel quale ottenne il pensionamento. Nel 2011, col supporto della famiglia che, ancor oggi, ne conserva gelosamente la memoria e l’opera, il MAN di Nuoro dedicò a Luciano Secci la prima importante retrospettiva dal titolo DM00001 - DM01400, Catalogo dell’esistenza, esponendo 262 disegni su 1400 catalogati, assieme a diverse opere realizzate dall’artista in oltre trent’anni di febbrile attività e parte di una produzione ben più ampia.