Lucio Saffaro – Ritorno a Trieste
UNA GRANDE MOSTRA NELLA SUA CITTÀ NATALE
RIPORTA L’ATTENZIONE SULL’OPERA PITTORICA E GRAFICA DI LUCIO SAFFARO, SINGOLARE FIGURA INTELLETTUALE DEL SECONDO NOVECENTO: PITTORE, SCRITTORE, POETA E SCIENZIATO, ARTISTA RINASCIMENTALE E MITTELEUROPEO AD UN TEMPO.
Comunicato stampa
Una riscoperta, un atteso ritorno, una personalità artistica e intellettuale incredibile.
La singolarità della figura di Lucio Saffaro (Trieste 1929 - Bologna 1998), pittore, scrittore, poeta e Matematico, e la complessità del suo universo – la sua costante ricerca dell’infinito e della perfezione attraverso gli enigmi dello spazio e del tempo e le esplorazioni del pensiero - appaiono con travolgente evidenza soprattutto nelle sue opere pittoriche e grafiche.
Quasi 90 lavori di questo straordinario artista e intellettuale saranno riuniti nella mostra “Ritorno a Trieste. Lucio Saffaro tra arte e scienza” in programma nel rinnovato Magazzino 26, nel Porto Vecchio della città giuliana, dal 6 marzo al 26 giugno 2022; mostra che riscopre un grande protagonista dello scenario intellettuale del secondo novecento e dà conto dell’originalità di Saffaro nel contesto della cultura e dell’arte italiana del tempo.
In effetti la poetica dell’artista triestino, che lascia la città di Svevo in giovane età per svolgere i suoi studi di Fisica pura a Bologna, città d’elezione anche dal punto di vista artistico - si sviluppa autonomamente rispetto alle tendenze contemporanee, attraverso una concezione estetica che si pone sotto il segno di una costante ricerca della “differenza” nei confronti dei movimenti avanguardistici e degli sperimentalismi linguistici del secondo ‘900.
Un’autonomia dalle correnti principali che forse ha reso difficile la conoscenza e la familiarità da parte del grande pubblico con l’arte di Saffaro, seppure egli abbia esposto alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e in molte altre importanti rassegne in Italia e all’estero e nonostante i maggiori critici e storici dell’arte del Novecento (come Arcangeli, Accame, Calvesi, Quintavalle, Barilli e tanti altri) abbiano invece lungamente scritto e riflettuto intorno ad essa e all’affascinante personalità di un artista e intellettuale che può definirsi rinascimentale e mitteleuropeo ad un tempo.
Pur rifiutando la definizione di artista-matematico, Saffaro ha saputo coniugare la sua profonda cultura scientifica con la costante indagine pittografica di forme simboliche legate allo spazio e al tempo, agli interrogativi che essi pongono e alle infinite indagini mentali ed estetiche da essi suggerite.
Scientificamente consapevole, come egli stesso scrive, “dell’immensità di ciò che non conosciamo” e dei “limiti del nostro sapere”, costantemente teso alla comprensione dell’incomprensibile, al discernimento e all’esplorazione di dimensioni altre, ignote e ancora misteriose, egli è un artista modernissimo e antico ad un tempo.
Le sue ricerche matematiche sulla determinazione di nuovi poliedri, oggetto di numerosi saggi e conferenze in tutto il mondo, gli oltre cinquanta testi letterari da lui pubblicati accanto ai molti ancora inediti, così come le figure geometriche “eleganti” e “solitarie” dei sui dipinti e disegni sono parte di una stessa dimensione, di una ricerca interminabile e mai appagata, straordinariamente affascinante.
Fu Saffaro nel 1970 a rendersi conto che nel mosaico pavimentale della Basilica di San Marco a Venezia Paolo Uccello, nella prima metà del quattrocento, aveva già disegnato il “dodecaedro stellato” scoperto come figura solida da Keplero solo nel 1619: un’immagine divenuta famosa perché scelta – su indicazione dello stesso Saffaro – come simbolo della Biennale d’Arte di Venezia del 1986.
La mostra promossa dalla Fondazione Lucio Saffaro con il Comune di Trieste e il patrocino della Regione Friuli-Venezia Giulia, curata da Claudio Cerritelli con la collaborazione scientifica di Gisella Vismara e organizzata da Villaggio Globale International, presenta dunque una consistente selezione di opere pittoriche e grafiche di proprietà della Fondazione stessa (36 oli, 35 litografie e 16 disegni), che restituiscono al pubblico un’immagine completa della ricerca dell’artista (1954-1997): alle figure enigmatiche delle prime opere immesse in una dimensione quasi onirica – come il “Magnifico signore” e il “Concerto” del 1954, “L’inquietudine” del 1956 o “Il Modulo” del 1961 – alla ultime investigazioni prospettiche, in cui i poliedri assumono un ruolo centrale quali forme “che pongono quesiti non di natura matematica ma piuttosto esistenziale” come “La stella di Origene” del 1991 e “Il dodecaedro paolense” del 1993.
Identificazioni simboliche, monumenti e ritratti immaginari, visioni allegoriche, poliedri, dodecaedri e tetraedri canonici, magiche icone del tempo infinito: sono questi alcuni temi affrontati con limpide e luminose stesure pittoriche.
Saffaro non era pittore dell’astratto-geometrico: i solidi e le indagini prospettiche che propone nelle sue opere sono l’universo molto concreto – reale – in cui ha vagato per tutta la vita d’artista, raccontando il suo viaggio verso l’infinito e la perfezione.
Il suo è il mondo della luce, del colore primario, della sublimazione mentale, della geometrica perfezione; un platonismo Rinascimentale fatto di risonanze tra antico e moderno, non privo di sentimenti e di emozioni: in particolare il senso di tristezza, la solitudine e quel sentire che l’artista definiva malinconia.
Un percorso cronologico, stilistico e tematico che rivela anche la complessità delle fonti iconografiche ed erudite alle quali il pittore triestino attinge con sottile vena citazionista: dagli artisti ( Piero della Francesca, Paolo Uccello, Raffaello, Vermeer, Durer, Murillo, Goya, ecc.) ai luoghi dell’Antica Grecia (Dodona, Micene, Cnosso); dalle figure mitologiche (Elena Cassandra, Proserpina, Andromaca, ecc.) a quelle letterarie (Ulisse, Penelope).
Ma la rassegna assume un particolare significato anche in relazione alle origini triestine di Saffaro e alla sua cultura mitteleuropea come matrice delle tensioni esistenziali che caratterizzano la sua evoluzione intellettuale e artistica.
Un legame che Lucio Saffaro ha più volte evocato attraverso le immagini simboliche di paesaggi ed elementi di natura: mare, onde, orizzonti; tramiti iconografici che testimoniano questa profonda identità aprendo al “melanconico” silenzio della contemplazione e agli interrogativi sul mistero dell’ultimo confine, come in “Icosaedro marino” (1990) o “Meditazione sul golfo di Trieste”: un’opera del 1972 in collezione privata, prestata per l’occasione.
La mostra a ingresso gratuito - accompagnata da catalogo edito per i tipi della Bononia University Press con testi di Claudio Cerritelli, Bruno D’Amore e Gisella Vismara - propone nel percorso contribuiti video-documentari e la proiezione del film “Lucio Saffaro, un pittore tra scienza e umanesimo” prodotto da Rai Cultura, con la regia Giosuè Boetto Cohen.
Molte saranno anche le proposte educative e le iniziative per le famiglie promosse dalla Fondazione Lucio Saffaro, ideate e realizzate da Immaginario Scientifico. Particolare attenzione alle scuole, per le quali la Fondazione ha previsto apposite visite guidate gratuite
Per maggiori informazioni, per la prenotazione delle attività didattiche per le scuole e le visite guidate visitare il sito www.mostrasaffarotrieste.it