Lucio Santiago – A’ Nabaany
A’ Nabaany è una parola dell’antica lingua Zapoteca che tradotta in spagnolo significa “vita”. E la mostra, appositamente ideata per lo spazio del Carà, s’innesta nei vissuti del giovane artista che di recente ha conosciuto il dramma della morte attraverso la prematura scomparsa del padre.
Comunicato stampa
Il Gruppo78 in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Muggia propone questa mostra personale del giovane artista messicano LUCIO SANTIAGO dal singolare titolo "'A' NABAANY" per il progetto PRACC e nello stesso tempo la mostra si inserisce come evento collaterale nel grande progetto MEX PRO che si snoda a Trieste nell'arco dell'intero 2014. Il tutto fa parte del Ponte Internazionale d'arte contemporanea Italia Messico, nato tre anni fa proprio qui a Muggia, in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura della cittadina istroveneta, con la mostra di Manolo Cocho "Geografica/Arte de la tierra". Un lungo e proficuo percorso che ha visto, nel 2013, gli artisti del Gruppo78 ospiti in Messico prima a Oaxaca e poi a Torreon, in due grandi eventi espositivi.
A' Nabaany è una parola dell'antica lingua Zapoteca che tradotta in spagnolo significa "vita". E la mostra, appositamente ideata per lo spazio del Carà, s'innesta nei vissuti del giovane artista che di recente ha conosciuto il dramma della morte attraverso la prematura scomparsa del padre, il grande Alejandro Santiago, non solo artista, ma anche straordinario personaggio dalla profonda cultura sincretica, tra scienza e saperi "altri". E nello stesso tempo, dall'altro filo dell'esistenza, lo sbocciare della vita, con un figlio in arrivo. Questa opposta dualità, bios e thanatos, viene ripercorsa da Lucio attraverso l'invenzione artistica, con un'installazione che assorbe in sè sia l'antica cultura precolombiana con le sue specifiche crudeli modalità, sia l'attualità dei media tecnologici per completare con video-proiezioni la magica intensità del suo messaggio di morte da cui spunta la vita. Lucio Santiago costruisce il suo personale "Tzompantli", una sorta di rastrelliera usata nelle culture mesoamericane per appendervi teschi umani, appartenenti di solito a prigionieri di guerra o a vittime sacrificali. Lucio Santiago vi allude metaforicamente distribuendo nello spazio museale una serie innumerevole di disegni a china di piccolo formato, rappresentanti teschi realizzati con segno leggero e disinvolto, collegati tra loro da un filo rosso. Il filo sottile della vita che rinasce dalla morte. E vi proietta sopra un video che visualizza il suo battito cardiaco. Come a dire la sua pulsione vitale che si allaccia ai due estremi della morte e della vita in proiezione futura.
A'Nabaany dunque, nel racconto dell'artista, come evocazione di una situazione ambigua che partendo da una condizione negativa, di oscuro pericolo e di paura, sfocia poi in una prospettiva solare, come accadeva a lui quando da bambino soffriva di incubi notturni che lo spaventavano e al risveglio il padre lo rincuorava dicendogli che era l''A Nabaany", che di sicuro gli avrebbe portato fortuna.
Un intreccio di antiche prassi e culture preispaniche, di modalità espressive contemporanee in una visione che abbraccia vita e morte, insistendo su una consacrata cultura messicana che si nutre di passato di presente e di futuro.