Lughia – Antrophomorphic Cities
Lughia, artista invitata alla 54. Biennale di Venezia, Padiglione Lazio, sarà presente a Fabriano presso la Biblioteca Molajoli con “Antrophomorphic Cities”, mostra personale a cura di Paolo Portoghesi, Giuseppe Salerno e Rossella Vodret.
Comunicato stampa
Lughia, artista invitata alla 54. Biennale di Venezia, Padiglione Lazio, sarà presente dal 2 al 24 luglio a Fabriano presso la Biblioteca Molajoli con “Antrophomorphic Cities”, mostra personale a cura di Paolo Portoghesi, Giuseppe Salerno e Rossella Vodret
….Lughia riporta la figura umana nella selva glaciale dei grattacieli per metterne in rilievo paradossalmente la totale discordanza con la scala umana. Le figure crescono come funghi a diversi livelli gigantesche, con diverse proporzioni, ma sempre in dissonanza con gli edifici .…. immagini che colpiscono la nostra attenzione … arte che ci coinvolge e ci provoca. Ragionare sulla città stimola il nostro sepolto senso di responsabilità, ci costringe a riflettere sul futuro che ci aspetta.
Con la velocità di invenzione che la contraddistingue Lughia commenta la nostra beata inquietudine, beata perché consolatoria. L’essere inquieti ci appaga perché apre sempre nuovi orizzonti e mantiene viva la speranza di non essere complici di quello che avviene nostro malgrado.
Paolo Portoghesi
…un percorso quello di Lughia che la vede oggi rapportarsi con tempi e luoghi dove le tracce di vite vissute nella presunzione di ridefinire gli assetti naturali e scandire la storia arrivano a giustificare la sua stessa presenza. Una visitazione dall’alto la sua ad un mondo nel quale contenitore e contenuto interagiscono senza soluzione di continuità ed evolvono sulla base dei reciproci condizionamenti. Città, quelle antropomorfe, dove i corpi umani e quelli abitativi si confondono al pari del reale che si fonde in modo inestricabile con quel virtuale che esso stesso genera.
Giuseppe Salerno
Lughia attraversa con risultati pregevoli, senza per questo privilegiare gli aspetti tecnici, forme espressive diverse per le quali si avvale di modalità e materiali talvolta sorprendenti. Il suo campo d’indagine sono le dimensioni dell’assoluto, quelle dell’eterno e dell’infinito, con le quali pone in rapporto il genere umano costretto in forma di ombre o, come bene lei le definisce, “tracce dell’assenza”. Silhouettes, metafora di un rapido passaggio sulla terra, cariche di memorie ed immerse, silenti, in scenari al cui interno appaiono quasi indifferenti ed estranee.
Una piccolezza quella umana rispetto all’universo, che traspare in ogni opera dove tutto sembra confluire in un unicum caldo e accogliente.
Con “Antrophomorphic Cities” Lughia pone le sue ombre in rapporto con i tessuti urbani, lungamente contenitori del loro passaggio. Elaborati in bianco e nero e riprodotti su pannelli di alluminio specchiante i grattacieli sembrano assumere sembianze umane o sono piuttosto le tracce dell’assenza a vestirsi di quelle esteriorità di cui l’umanità si è resa artefice.
In “Metropoli” poi il tessuto urbano è sotteso da intrecci di pali e fili in cui scorre l’energia mentre, realizzate con foglie di banana, le “Cattedrali” si elevano in un tendere verso il cielo proprio dell’uomo, nel suo anelito ad essere di collegamento tra terra e cielo.
Un’esposizione, questa di Lughia, che, allestita negli spazi prestigiosi che ospitarono di recente importanti testimonianze dell’arte del ‘400, rende giusto merito ad un’artista contemporanea di sicuro spessore in un mondo sempre più governato dalla caducità.
Rossella Vodret