Luisa Raffaelli – Contemporary Solipsism
I lavori di Luisa Raffaelli, mettono in scena frammenti, aperture di storie, nella forma apparente del frame filmico.
Comunicato stampa
In tutti i lavori di Luisa Raffaelli si muove da tempo una donna identificabile solo dai suoi capelli rossi, dal taglio contemporaneo dei suoi abiti, ma, soprattutto, dall’impeto di una fuga da luoghi urbani elettrici ed ostili, o dalla tensione immobile generata da luoghi chiusi e muti, vuoti o sovraffollati di oggetti. Non è la storia di un soggetto reale, e tantomeno quella autobiografica, quella che si apre in ogni lavoro, ma un’istantanea di una condizione che attraversa la contemporaneità e che, filmicamente, si incarna in una protagonista metaforica e plurale. Una sorta di disattamento pare pervadere questa figura in fuga , ma la sua potrebbe anche essere la fuga da un adattamento che sente risucchiarla, generato dalla potenza mutagena di un mondo inesorabilmente sempre più tecnoliquido e dall’incremento senza scampo del dominio narcisistico e solipsistico. Una mutazione dove forme di individualismo estremo e fondamentalista, trovano la propria esistenzialità nel paradosso di una dimensione parossisticamente “sociale”, imprescindibile e metareale. Ma anche nelle forme di nevrosi collettive che diventano identità di massa, dove l’impoliticità sterile dei nuovi bovarismi (e wertherismi ) che la plasmano, genera l’illusione del cambiamento e della costruzione identitaria personale, a cui invece si rinuncia, disperdendola. La donna in fuga è forse già contaminata . E’ comunque sola, perché la fuga può essere solo individuale. Mentre ‘il femminile’ può essere un elemento potenzialmente antagonista di ogni omologazione. I lavori di Luisa Raffaelli, mettono in scena frammenti, aperture di storie, nella forma apparente del frame filmico. Apparente perché non si tratta né di istantanee, né di frame , ma di costruzioni virtuali dove sia il soggetto femminile, sia i mondi , che abita ed attraversa, sono costruzioni fatte di scatti fotografici, incrociati con frammenti di varia origine, rielaborati ‘matericamente’ attraverso una sorta di pittura digitale in bianco e nero, la cui densità vuole evocare le suggestioni della filmografia di indagine psicologica.