Luoghi dove la poesia è possibile
Un omaggio che al contempo è l’occasione per porgergli un arrivederci, vista la recente scomparsa del grande artista belga.
Comunicato stampa
Ho conosciuto Jan Vercruysse nel 1997 grazie ad un amico comune, Giovanni Iovane, amicizia che ho subito condiviso con Paolo Brodbeck (grande collezionista di Vercruysse) persone divenute prima di tutto i più cari compagni nel mio percorso tra arte e vita. Mi sia quindi concesso questa forma molto personale per raccontare una mostra che prende spunto da una risposta di Jan allorché gli chiesi di raccontare dei suoi lavori. Un omaggio che al contempo è l’occasione per porgergli un arrivederci, vista la recente scomparsa del grande artista belga.
Vercrujsse era scritto a caratteri cubitali sulla sovracopertina del catalogo che, con ossessiva attenzione, avevo realizzato per la sua prima mostra in galleria nel 1997 … fresco di stampa, lo diedi in mano all’artista che, senza fare una piega e senza sfogliarlo, me lo restituì … dopo settimane di lettura e rilettura dei testi all’interno, per la prima volta guardai la sovracopertina con la giusta attenzione.
Mascherando la frustrazione che provavo per quella j galeotta, sparii dalla sua vista… il giorno dopo alle 10 del mattino mi ripresentai in albergo con la sovracopertina corretta, VERCRUYSSE; da lì nacque una intesa che per lunghi anni rimase e rimane alla base della nostra grande amicizia.
Jan era una persona semplice, perché semplicemente pretendeva la perfezione e onestamente io sono tutto meno che perfetto, e forse questo -paradossalmente- è quanto maggiormente mi ha avvicinato a lui. Sopportare la mia imperfezione e forse amarla, probabilmente lo ha aiutato a mostrare quella parte intima di sé nascosta dietro le pochissime parole che scambiava con il mondo.
Le sue telefonate erano uno strazio:
“Ciao” … poi nessuna domanda …“che bella sorpresa, come stai Jan?” … forse è meglio mettere qualche punto di sospensione in più per dare l’idea del tempo di risposta ………………………...…………………………………………….……………………………………………………………………………………………….”bene” … “Anche io qui si lavora duro, caro Jan, e tu?” ……………………………………………………………………………………………………………. ”ho comprato la Giulietta"
“Wowwww grandioso ma se devi venire in Sicilia allora salgo in aereo a Brussel e scendiamo insieme in Alfa” …………………….………………………………………………………………………………………………………………………. percepibile la felicità … “perfetto, ciao”.
Fu il primo di tanti viaggi di una coppia curiosa. Un uomo coltissimo, posato ermetico, straordinariamente creativo, perfezionista, vigile, geniale quanto intimamente fragile e dal sangue avvelenato dalle sue Gauloises senza filtro e dal vino francese che all’improvviso divenne siciliano… e all’opposto, un tipo per nulla geniale, per nulla colto, per non dire abbastanza ignorante, tutt’altro che creativo, ma con la voglia di sapere, diretto e dal cuore grande quanto immenso era il suo, se trovavi la chiave per aprirlo.
Come nei suoi lavori che sono poi la semplice dimostrazione di quanto sia impossibile spiegare l’arte con qualsiasi ragionamento, oggettivo o soggettivo che sia. Inesorabilmente quel senso di pura emozione che le avvolge, sovrasta il processo logico che le ha generate e in nessun modo si può codificare e spiegare.
Jan mi ha insegnato a vivere il contemporaneo cosciente del limite dell’arte, perfetta nello sfuggire a ogni logica razionalità, e a godere di quel gap incolmabile nel quale la poesia annebbia la coscienza e ci apre alla pura emozione.
I lavori di che ho proposto sono di Francesco Lo Savio, Piero Guccione, Urs Lüthi, Günther Förg, Carmelo Nicosia e Christoph Meier. Mondi distanti fra loro, ma accomunati tutti dalla capacità di generare una metrica visiva di grande potenza evocativa.
Arrivederci Jan e grazie
Gianluca Collica