MAD Impresa – Tommaso Andreocci
MAD Impresa, rassegna curata da Fabio D’Achille per MAD, ospitata negli uffici della Federlazio di Latina. Il primo artista ad esporre sarà Tommaso Andreocci, con un’antologica che racchiude il suo percorso artistico dal 1972 ad oggi.
Comunicato stampa
Venerdì 23 marzo s’inaugurerà l’edizione 2012 di MAD Impresa, rassegna curata da Fabio D’Achille per MAD, ospitata negli uffici della Federlazio di Latina. Il primo artista ad esporre sarà Tommaso Andreocci, con un’antologica che racchiude il suo percorso artistico dal 1972 ad oggi, così sintetizzato da Paolo Portoghesi: “Nei disegni a matita è la perfezione, l’alta definizione, la nitidezza e la forma attraente del bianco e nero che interessa il pittore (...) nelle tele dipinte al contrario è la sparizione del contorno lineare, la “sfocatura”, il carattere indefinito e acquoso di certe immagini fotografiche” (...). Durante il vernissage ci sarà l’intervento critico della direttrice della Raccolta Manzù di Ardea Marcella Cossu, storica dell’arte, la quale così interpreta la poetica dell’artista:
“Tommaso Andreocci, tra corsi e ricorsi”
“L’incontro con la parabola artistica di un protagonista ancora abbastanza giovane, come potrebbe essere considerato Tommaso Andreocci, risulta a dir poco spiazzante, e questo accade per più di una ragione. Primo, l’assoluta padronanza del mezzo, anzi dei mezzi tecnici ed artistici di cui l’artista si serve a partire dai tardi anni settanta, specialmente nella produzione di disegni realizzati da foto in bianco e nero ispirati da performances di Claudio Cintoli, o à rebours, da celeberrime foto di Man Ray, o da altrettanto noti ritratti di Andy Warhol e Pasolini, le cui fattezze colte da obiettivo fotografico vengono in qualche modo ricomposte in senso meta naturalistico, e metafisico, dalla matita ultrasensibile di Andreocci, che sulla carta, illusionisticamente e manualmente, ricompone e fissa, con intervento progressivo , l’immagine “rubata” dallo scatto di un secondo, reinventando così in qualche maniera quella ”quarta dimensione” temporale sdoganata da Guillaume Apollinaire. Ne conseguono opere sospese, come giustamente notò in una presentazione Paolo Portoghesi, in una sorta di ”complementarità tra atteggiamento concettuale e prassi figurativa”, in cui la trasposizione artistico-manuale del dato meccanicamente rilevato dalla macchina fotografica produce, come effetto di maggiore evidenza, una certa sfocatura dei contorni, come se in questo modo all’artista venisse fatto di denunciare lo sforzo dell’avvenuta traslitterazione dall’uno all’altro codice figurativo. Di fatto, in questo preciso passaggio si condensa a mio avviso la pregnanza dell’”esserci” storico-artistico di Andreocci, nato alla scuola di un’arte tardo-concettuale come quella di Cintoli, e i cui destini erano avviati a virare, nel lasso di un quinquennio circa, in direzione di un linguaggio “post-moderno” comune ad artisti quali Salvo ed Ontani. Successivamente Andreocci, senza abbandonare la ricerca sulla trasposizione, allitterazione e modifica della fotografia tramite il disegno e l’intervento artistico diretto, introduce l’impiego di un colore particolarmente saturo e squillante, quasi psichedelico, nella serie delle innumerevoli nature morte così come in quella dei ritratti, ricettacolo sensibilie e cangiante di infiniti barbagli e riflessi cromatici e luministici. Permane nelle trasposizioni di certi fotogrammi variamente modificati (a partire da un modello unico)con getto d’inchiostro colorato una ri-citazione della citazione fatta nei ritratti “televisivi”di Giosetta Fioroni degli anni 1964-65 relativamente alla serialità pop di Andy Warhol: ma è come se attraverso le generazioni lo schermo proponesse un’immagine sempre più turbolenta e contrastata da imprevedibili correnti magnetiche. E come non pensare nel frattempo ai poltergeist e fantasie similari? Per arrivare alle “Prospettive” di oggi, opere di certo non più foto-grafiche, bensì semplicemente grafiche. Puri reticoli di luce quindi, orchestrati in un ritmo architettonico che sa di omaggio al quattrocentesco canone della prospettiva brunelleschiana. Anche in questo caso, è avvertibile –tutto in positivo- il peso del “recupero” operato da Giulio Paolini negli anni settanta nei décor scenografici ispirati ad architetture del quattrocento italiano nonché alla Metafisica di Giorgio de Chirico”.
Durante il vernissage è prevista una degustazione enogastronomica a cura di “Cifra Ricevimenti” e si potrà assistere al concerto di Alessandro Marchionne duo.