Maggie Taylor – Dreamer
La Galleria d’arte Pirra ha il piacere di portare a Torino e ospitare nelle proprie sale le opere, al confine tra fotografia e illustrazione, dell’americana Maggie Taylor, un’artista innovativa che si è inserita nel panorama dell’arte contemporanea dimostrando quanto il mezzo fotografico, accogliendo le nuove opportunità tecnologiche, sia capace di evolversi e rinnovarsi.
Comunicato stampa
La Galleria d’arte Pirra ha il piacere di portare a Torino e ospitare nelle proprie sale le opere, al confine tra fotografia e illustrazione, dell’americana Maggie Taylor, un’artista innovativa che si è inserita nel panorama dell’arte contemporanea dimostrando quanto il mezzo fotografico, accogliendo le nuove opportunità tecnologiche, sia capace di evolversi e rinnovarsi.
Nell’elaborazione delle sue opere, però, Maggie Taylor trae ispirazione anche dal passato, dal dagherrotipo, la più antica forma di fotografia, in particolare dai primi colorati a mano, e la mente rimanda ad alcune pagine di Cent’anni di solitudine di García Márquez, nelle quali lo zingaro alchimista Melquìades apre un laboratorio di dagherrotipia nel mitico e sperduto villaggio di Macondo. Il capostipite della saga si fa immortalare con tutta la sua famiglia e “aveva lo stesso languore e lo stesso sguardo chiaroveggente” dei personaggi ritratti nelle immagini di Maggie.
Le sue creazioni si collocano in un mondo immaginario e misterioso: animali, persone e luoghi convivono assieme come sospesi nel tempo. Davanti alle sue opere visionarie ci si chiede se si tratti di pitture che sembrano fotografie o di fotografie dipinte. L’artista, grazie alla sua straordinaria competenza nell’uso di Photoshop, riesce a rendere visibili con assoluta precisione le figure del proprio immaginario, dando corpo e vita ai suoi sogni.
I suoi lavori sono ricchi di ispirazioni che vanno dal surrealismo di Magritte e Max Ernst a Frida Kahlo, fino ai ritratti rinascimentali. In una simile produzione di mondi visionari non poteva mancare un esplicito riferimento ad Alice nel paese delle meraviglie, tant’è che, fra le più celebri serie di lavori di Maggie Taylor spicca Almost Alice. Come Lewis Carroll, anche l’artista americana ci introduce in un mondo enigmatico e misterioso, dove la natura si diverte a non rispettare più le regole della realtà. Ed ecco allora conigli invadenti che s’intrufolano tra gli umani, alberi che si librano nell’aria, fanciulle compite dai volti impassibili circonfuse da magici svolazzi di farfalle. Dice bene Gigliola Foschi nell’introduzione al catalogo della mostra Maggie Taylor-Imagination, tenutasi presso la Galleria Paci Contemporary di Brescia nel 2010: ”…eccoci ora perplessi e stupiti di fronte ai singolari scenari che Maggie Taylor ci propone: perché mai un ombrello se ne sta aperto da solo sotto la pioggia?...Tutto, in queste immagini, ha un che di paradossale: fa sorridere ma al contempo inquieta. Tale spiazzante e un po’ folle miscela di normalità e stranezza, vicinanza ed estraneità, umorismo e mistero, crea un effetto perturbante di straniamento, che si rilancia e si raddoppia di immagine in immagine. Vanno così in frantumi le nostre categorie mentali oppositive, abituate a distinguere fra vero e falso, finto e autentico, congruo e incongruo: nelle sue immagini tutto ha senso ma anche non-senso, il passato non si contrappone al presente, la fantasia diviene una parte della realtà. Ma tale costitutiva contraddittorietà non porta alla paralisi: è semmai una sorta di iniziazione a un inedito viaggio verso le regioni ignote dell’immaginario”.
Creazioni simili a prodigi e a paradossi, saltate fuori da un cappello magico.
E guardandole, proprio come bambini davanti ad un illusionista, si rimane incantati e affascinati.