Manuela Cirino – L’immagine negata #2
Il progetto “L’immagine negata” di Manuela Cirino arriva a una sua ulteriore fase, un’ulteriore evoluzione vitale, che ragiona ancora sul tentativo di restituire identità all’opera attraverso lo sguardo degli altri.
Comunicato stampa
Opere chiuse, altre opere aperte. Altre immagini, suggestioni e relazioni personali che nasceranno inaspettate e libere. Il progetto “L’immagine negata” di Manuela Cirino arriva a una sua ulteriore fase, un’ulteriore evoluzione vitale, che ragiona ancora sul tentativo di restituire identità all’opera attraverso lo sguardo degli altri.
Funziona così: si viene alla Galleria Milano e si osservano le sette “opere chiuse”, esposte nella prima stanza. Poi, in maniera empatica, ogni spettatore può scegliere la “sua”. Quindi si prenota e alla data concordata la si potrà ritirare e ospitare per un mese, trasformandola in “opera aperta”. Da lì inizierà la loro relazione, la loro storia personalissima e unica: l’opera esce, respira, si ambienta, dialoga. Sette opere in attesa, che aspettano di essere ospitate per rivelare il loro interno. Una volta restituite alla Galleria, sarà organizzata un’esposizione con le opere aperte, insieme alle testimonianze raccolte nei taccuini di viaggio che le accompagnano.
L’invito in galleria per la mostra è quindi solo la prima fase del progetto “Immagine negata”, che poi si svolgerà pienamente nelle case e nella quotidianità, in un viaggio a tappe. La seconda stanza della galleria ospiterà le cinque opere “aperte”, risultato della mostra “L’immagine negata” alla Galleria Martano, tenutasi nell’aprile del 2012 accompagnate dai commenti, disegni e schizzi che documentano il viaggio con i loro fruitori, iniziato dopo essere state scelte e portate nelle loro abitazioni.
Manuela Cirino racconta un bisogno primario dell’arte e dell’artista contemporaneo, e insieme un diritto del pubblico. Viviamo immersi in una percezione visiva totalmente ambigua e assuefatta, che non distingue più un’immagine dall’altra: l’immagine dell’opera viene dunque negata sia per liberarne la potenzialità sia per porre l’attenzione sul suo contenuto, che richiede tempo e attenzione per rivelarsi. La partecipazione dello spettatore diviene indispensabile in questo processo di svelamento.
Di fronte a queste opere riservate si apre l’idea dello spazio nascosto, di un segreto prezioso che aspetta una relazione personale con noi. L’intimità di questo contatto rende il rapporto percettivo immediato.
La riflessione sulla perdita di contatto e relazione con il mondo fisico delle cose che la società contemporanea sta vivendo, spossessata dalla colonizzazione digitale, coinvolge anche la formalizzazione delle opere stesse di Cirino.
Le avanguardie novecentesche avevano messo in campo delle aperture all’immaginazione, risorse meravigliose e visionarie che coinvolgevano in prima persona lo spettatore. Esse stimolavano, suggerivano, invitavano ad una maggiore articolazione del pensiero che metteva in campo l’ipotesi del futuro, elevandosi dalla declinazione di un presente continuo come unica condizione temporale possibile.
Ciascuna delle opere in mostra viaggia insieme a un suo diario personale. Un luogo dove è possibile raccontare la propria relazione con l’opera stessa, testimoniarla, se e come meglio si crede.
Una proposta, un’offerta, non una richiesta.
Manuela Cirino vive e lavora a Novara. Oltre alla Galleria Martano di Torino, le sono state dedicate mostre alla Galleria Massimo Minini di Brescia, alla Galleria Ciocca Arte Contemporanea ed alla Galleria Valeria Belvedere di Milano, al Care Of di Cusano Milanino. Tra le collettive, ha esposto alla Galleria Il Vicolo di Genova e alla Mar & Partners Art Gallery di Torino; in ambito internazionale alla Galleria 101 di Ottawa e alla Stadtgalerie di Kiel.