Manzù / Marino – Gli ultimi moderni
Per la prima volta la scultura è protagonista nella Villa dei Capolavori sede della Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo, presso Parma.
Comunicato stampa
La scultura nella Villa dei Capolavori
Per la prima volta la scultura è protagonista nella Villa dei Capolavori sede della Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo, presso Parma. La Fondazione, che già ospita nella collezione permanente capolavori marmorei dei più grandi scultori italiani dellOttocento, Antonio Canova e Lorenzo Bartolini, presenta ora la grande scultura del Novecento, rappresentata da Giacomo Manzù e Marino Marini che negli anni cinquanta e sessanta, dopo i riconoscimenti nazionali, diventano anche i campioni dellarte italiana allestero; offrendo uninterpretazione della scultura figurativa classica in una chiave stilistica del tutto personale, dagli esiti affascinanti e sorprendenti, dimostrano come essa fosse ben lontana dallobsolescenza e dalla chiusura alla storia, bensì perfettamente in grado di esprimere il dramma e il senso delluomo dopo le dissoluzioni del conflitto planetario. Le loro opere entrano così a far parte dei maggiori musei di tutto il mondo e i due artisti conquistano lattenzione del collezionismo e del pubblico.
A cura di Laura DAngelo e Stefano Roffi, la mostra, aperta dal 13 settembre all8 dicembre 2014, intende approfondire questa vicenda, sinora poco indagata dagli studi, proponendosi di individuare gli elementi che favorirono il grande successo di Manzù e di Marino. Unampia selezione di sculture, dipinti e lavori grafici realizzati dai due artisti negli anni compresi tra il 1950 e il 1970 documenta la loro fiduciosa apertura verso le molteplici lingue della modernità e la capacità dimostrata da entrambi nellincontrare il gusto di un colto e sofisticato mercato internazionale.
Il percorso espositivo si apre con due opere emblematiche, il Grande ritratto di signora di Manzù e il Cavaliere di Marino - la prima del 1946, la seconda del 1945 - provenienti da prestigiose collezioni private: due sculture in grado di introdurre gli aspetti più importanti delle ricerche compiute dai due artisti, dal riferimento a Medardo Rosso per Manzù, alla questione della serialità posta dalle sculture di Marino. Seguono grandi bronzi, rilievi, dipinti e lavori grafici, in una successione che tiene conto dei temi maggiormente praticati da entrambi nei decenni presi in esame. Oltre al tema della danza che accomuna i due artisti, oltre ai celeberrimi Cardinali di Manzù e ai Giocolieri di Marino, una speciale attenzione viene dedicata ai ritratti; non soltanto per sottolineare linteresse che entrambi nutrirono nei confronti di questo genere artistico, ma anche per fornire una chiave di lettura della loro personalità attraverso i nomi degli artisti, dei galleristi, dei collezionisti e delle personalità che ne sostennero e accompagnarono lattività lungo gli anni cinquanta e sessanta, quali papa Giovanni XXIII, Igor Stravinskij, Marc Chagall, Jean Arp, Mies van der Rohe, John Huston, Kokoschka, il cardiochirurgo Barnard, oltre alle mogli, Inge Manzù e Marina Marini.
Marino (Pistoia 1901 Viareggio 1980) si iscrive nel 1917 allAccademia di Belle Arti di Firenze, dove frequenta i corsi di pittura e di scultura. Manzù (Bergamo 1908 Roma 1991), a differenza di Marino, non può vantare uneducazione accademica; figlio di un calzolaio, egli si forma allinterno delle botteghe bergamasche specializzate nellintaglio e nella doratura.
Tra la fine degli anni venti e linizio dei trenta Marino e Manzù si trasferiscono a Milano, dove ha inizio una stagione di riflessione e di ricerca che condurrà entrambi, nel giro di pochi anni, a imporsi nel contesto artistico nazionale. Nel 1935 Marino si aggiudica il premio di scultura alla II Quadriennale dArte Nazionale di Roma; alledizione successiva dellesposizione, nel 1939, il premio di scultura è assegnato a Manzù. La carriera dei due artisti prosegue con intensità lungo gli anni quaranta e alle mostre si succedono nuovi riconoscimenti. Nel 1948 Manzù allestisce una sala personale alla Biennale di Venezia e si aggiudica il premio per uno scultore italiano assegnato dal Comune di Venezia; nel 1952 il medesimo premio è assegnato a Marino.
È allindomani di questi riconoscimenti che per i due scultori si inaugura la fase di maggior impegno sul fronte internazionale: le loro opere figurano nelle più importanti esposizioni allestite in Gran Bretagna, Francia, Germania e Stati Uniti e, mentre dagli anni cinquanta lattività di Marino si sposta principalmente allestero, Manzù inizia a lavorare alla realizzazione della Porta della Morte per la Basilica di San Pietro, la cui inaugurazione, nel 1964, segna il punto di massima popolarità raggiunto dallartista.
La mostra presso la Fondazione Magnani Rocca riunisce opere altamente significative di Marino e di Manzù e si propone di rileggere lattività di questi due scultori proprio in relazione agli stimoli derivanti dal dibattito critico nazionale, alle novità avanzate dalle Biennali di Venezia e alla conoscenza dei contesti artistici internazionali.
La collaborazione da parte della Fondazione Marino Marini di Pistoia, del Museo Marino Marini di Firenze, della Fondazione Giacomo Manzù e del Museo Manzù di Ardea, di altri musei e di importanti collezioni private, ha consentito lo spostamento di opere viste raramente al di fuori dei singoli contesti museali o di dimore riservate, permettendo un confronto diretto - visivo e critico - tra Marino e Manzù che rappresenta la decisiva novità dellesposizione.
Il ricco catalogo della mostra riunisce contributi di Barbara Cinelli, Marcella Cossu, Laura DAngelo, Flavio Fergonzi, Giulia Manzù, Teresa Meucci, Stefano Roffi, Maria Teresa Tosi e affronta problemi nuovi secondo nuove prospettive di studio. Allapprofondimento su questioni di contesto si aggiungono riflessioni sul genere del ritratto, sul significato della serialità in scultura, sulle fonti visive della scultura di Marino e di Manzù, sui modi in cui sono state fotografate le loro sculture e sulla ideologia scultorea che ne è sottesa.