Marco Cingolani – Mantenere traccia di un corpo mancante nel ricostruire i segni di un’assenza
La Fondazione Filiberto e Bianca Menna, in collaborazione con il Lavatoio Contumaciale, con il Tomav Experience , è lieta di annunciare Mantenere traccia di un corpo mancante nel ricostruire i segni di un’assenza, la nuova personale di Marco Cingolani.
Comunicato stampa
La Fondazione Filiberto e Bianca Menna, in collaborazione con il Lavatoio Contumaciale, con il Tomav Experience , è lieta di annunciare Mantenere traccia di un corpo mancante nel ricostruire i segni di un’assenza, la nuova personale di Marco Cingolani che si terrà nella sede romana della Fondazione, già Archivio Tomaso Binga, in via dei Monti di Pietralata 16, dal 06 aprile al 10 maggio 2024.
Nell’ampia e brillante indagine che Marco Cingolani propone ormai da oltre dieci anni per dar vita a dispositivi in cui la materia si incrocia e si incastra inscindibilmente con tessuti incorporei (l’ombra portante di un oggetto, i terreni taglienti della luce o lo spazio che circonda e entra nell’opera), troviamo un energico scavo tra i solchi del vuoto, inteso come peso visivo che ha una sua specifica densità, una sua costruzione interna, una sua precisa plasticità.
Con Mantenere traccia di un corpo mancante nel ricostruire i segni di un’assenza, accanto a una nuova serie di lavori della serie Forme persistenti di coesione il cui passo ulteriore, rispetto alle precedenti composizioni, è quello di proporre una idea di insieme dove la parte mancante è determinata (costruita) dall’ombra dell’oggetto che crea ideale continuità tra due corpo, Cingolani propone per gli spazi della Fondazione, uno Stato di tensione context-specific che sembra esplodere nell’ambiente per risucchiare l’area di lavoro su un punto stabilito, dove si avverte l’attrazione tra due magneti al neodimio che si incontrano metaforicamente nella vertigine d’un’inesauribile attesa.
Realizzati in marmo Calacatta Borghini e acciaio, tre colonne del recente ciclo Tenendosi a distanza (2024) sono inoltre dispositivi in cui la solennità, la rigidità, la freddezza e lo slancio della colonna, si sposta su un area rarefatta che accoglie la luce per dar luogo a soglie sottili e evanescenti, a sospensioni affilate, a puro potere del pensiero, a intervalli e diastemi, a collegamenti pungenti tra tue ipotetici luoghi e tra due diversi materiali.
Realizzati in carta da lucidi, dieci Corpi d’ombra (2023-2024) che costituiscono l’inedito – omonimo – libro d’artista dove Cingolani richiama alla memoria Nella nebbia di Milano (1968) di Bruno Munari, sono di questo nuovo progetto un ciclo di «opere grafiche» nate da un continuo (ossessivo) «tentativo di mantenere e conservare traccia di un’opera non più esistente, se non attraverso la proiezione della propria ombra», interpretata oggi come corpo mancante, come offuscamento, come lieve fumosità, come proiezione che trattiene la traccia di qualcosa, come eco di fisicità ormai lontane nel tempo, come chiara assenza che si allarga su leggere memorie. Custoditi in teche eburnee, i dieci Corpi d’ombra si presentano apparentemente sospesi, incastrati in una leggerissima intelaiatura, quasi a indicare una soglia da attraversare con la mente. Sfogliando il libro, in progressiva dissolvenza o, viceversa, in progressiva comparsa, si leggono delle parole che compongono via via la frase mantenere traccia di un corpo mancante nel ricostruire i segni di un’assenza.
Il Direttore della Fondazione
prof. Antonello Tolve