Marco Craig – Witness 1:1
Nuova stagione con la presentazione di WITNESS 1:1 di Marco Craig.
Comunicato stampa
WITNESS 1:1 di Marco CRAIG - Opening giovedi 8 ottobre 2020 dalle 18:00
Il guanto rosso di Michael Schumacher. La tuta blu di Alberto Tomba, la maglia di Michael Jordan dei Chicago Bulls e molti altri oggetti, attrezzi o indumenti appartenuti e usati in un momento particolare dai campioni dello sport. Ogni foto è una storia. Ogni scatto un simulacro. Quasi un ex voto. Una reliquia. Una promessa. Un’emozione.
Denis Curti
Giovedì 8 ottobre 2020 dalle 18:00 la VisionQuesT è lieta di iniziare la nuova stagione con la presentazione di WITNESS 1:1 di Marco Craig.
La mostra è una collaborazione con STILL Fotografia di Milano e si inserisce nel circuito START, la notte bianca dell'arte contemporanea a Genova. Un occasione diffusa per scoprire nuove prospettive sul contemporaneo navigando tra le gallerie che animano la scena artistica genovese.
Dopo un lustro di assenza, START restituisce il circuito dell'arte contemporanea al suo pubblico, illuminando la costellazione delle gallerie genovesi. Non è casuale che questo accada in un anno così complesso: la necessità di entusiasmo, novità e soprattutto il punto di vista privilegiato che l'arte può offrire nell'osservare il presente sono le ragioni e i motori che hanno mosso i galleristi genovesi a unirsi nuovamente nel 2020. START sarà dunque una serata di nuovi incontri (in completa sicurezza) e una nuova occasione per avvicinarci a futuri scenari
Arriva a Genova Il progetto “Witness 1:1” di Marco Craig: con un work-in-progress Craig costruisce una sorta di campionario oggetti, cimeli, per nulla fetici-sta, che tendente alla valorizzazione simbolica di uno story-telling contemporaneo, ci accompagna nel cuore di eventi sportivi storici e dei lori protagonisti.
E’ il caso della bicicletta Colnago Nuovo Mexico con la quale Giuseppe Saronni scrive una pagina di storia del ciclismo italiano e internazionale. E’ il 5 settembre 1982 e Saronni, mani basse sul manubrio e pedalata potente, si impone ai campionati del mondo in Gran Bretagna con quella che passa alla storia come “la fucilata di Goodwood”, forse la volata più spettacolare degli annali delle due ruote.
Altro oggetto di culto è il casco indossato da Giacomo Agostini, asso del motociclismo, nelle gare del Gran Premio di Brno in Cecoslovacchia. E’ il 20 luglio 1969: Neil Armstrong, astronauta dell’Apollo 11, mette il primo piede sul suolo lunare e Agostini, protagonista di pagine epiche, conquista due titoli del mondo nelle classi “350” e “500” con le MV Agusta. Questa vittoria, così come l’allunaggio, è un fatto storico: quell’anno “Ago” vince tutte le gare e a oggi è il pilota più titolato che il motociclismo abbia mai conosciuto. Il passamontagna bianco che disegna la sagoma di un cuore conserva a futura memoria l’eccezionalità dell’impresa condotta da Reinhold Messner. Lo indossa l’alpinista e scalatore italiano quando l’8 maggio 1978, con il compagno Peter Habeler, raggiunge la vetta del Monte Everest, senza bombole di ossigeno. I due si impongono alla fama planetaria, perché compiono un’impresa fino ad allora ritenuta impossibile, al punto di essere accusati di aver utilizzato di nascosto piccoli ausili. Illazioni messe a tacere due anni dopo, quando Messner compie l’ascesa in solitaria, facendo ricorso solo alle sue forze e alla sua competenza.
Le fotografie di Craig sono il risultato di una meticolosa indagine che seleziona un elenco di eventi sportivi storici e che mette al centro di ogni immagine gli oggetti e gli indumenti immortali e iconici utilizzati dagli atleti trasfigurandone la loro apparente natura di Still Life a quella di veri e propri ritratti di oguno dei protagonisti. Inseriti in buste sottovuoto e accompagnati da un’etichetta che racconta la peculiarità dell’evento vissuto, sono tutti stampati in scala 1:1 in una logica di corrispondenza con l’oggetto ripreso.
Scrive Denis Curti :
[…] La prima volta che ho incontrato queste fotografie ho preso degli appunti mentali: luce bianca, silenzio, concentrazione, prevalenza del rosso, serenità, lentezza, zero orizzonti, nessun luogo e tutti i luoghi del mondo, memoria degli altri, unicità. Ho pensato a queste immagini come a pezzi di mondo separati tra loro, che, semplicemente per il fatto di essere stati fotografati, assumono un nuovo significato. Improvvisamente ho capito che anche l’immaginazione fa parte dello spazio, diventa palpabile e visibile. Dentro queste fotografie c’è fisicità, c’è la consistenza della luce e dell’aria. E’ per questo che si percepiscono come un tutt’uno, come un abbraccio collettivo.
Mi sono anche interrogato sulla fotografia di genere. Che cosa sto guardando? Immagini sportive? Still life? Prove indiziarie? Nulla di tutto questo, ovviamente. Una volta, intervistando un fotografo sportivo, ho raccolto questa frase: “Se vedi l’azione vuol dire che l’hai persa”. Questo il mantra di chi dimostra di essere capace di stabilire un rapporto di sintonia con gli atleti e di entrare nell’euforia vibrante del pubblico. Marco Craig ha messo in scena esattamente il contrario. Se è vero che tempismo e reattività sono da sempre alla base di un certo modo di fotografare, questa serie ribadisce, invece, l’importanza del progetto, della ricerca e del pensiero, perché questi scatti prendono le distanze dai generi specifici e fanno il loro ingresso nella dimensione contemporanea del racconto.
Quando Man Ray dice: “...fotograferei più volentieri un’idea di un oggetto, e un sogno piuttosto che un’idea”, forse ci sta dicendo che la grammatica delle immagini non ha mai cercato di seguire le regole della parola. Ci sta confermando, in nome di una precisa e necessaria autonomia, che la fotografia è figlia dello spirito moderno e borghese con la sua natura specifica, quella della riproducibilità, distruggendo così l’aura legata al con- cetto di unicum e facendosi “art moyen”, facilmente accessibile, meccanicamente semplice. E tutto questo io lo ritrovo nel lavoro di Marco Craig.
Informazioni Tecniche:
Stampe fine art su dbond e cornice - Dimensioni varie in edizione di 5 esemplari
Biografia
Marco Craig, nasce a Milano nel 1970, fotografo professionista dal 1990, giornalista e pubblicista, è figlio dell’attore di teatro Mimmo Craig.
Inizia giovanissimo come assistente presso il prestigioso studio fotografico Ballo&Ballo, dove resta per molti anni, affinando la tecnica fotografica. Lì ha modo di incontrare i grandi maestri del design con cui, in futuro, realizzerà importanti progetti fotografici.
Negli anni, la sua attività lo porta a collaborare con importanti riviste di moda e design, quali, Wallpaper, Vogue, Elle Decor, Io Donna, Vanity Fair, Brutus Japan e molte altre. Attratto dal mondo della pubblicità, si fa conoscere dalle più importanti agenzie pubblicitarie italiane ed estere. Oggi, oltre a firmare servizi di moda e design, segue l’immagine di vari artisti nel mondo musicale e cinematografico e realizza campagne pubblicitarie per alcuni notissimi marchi internazionali.
- 2015/2016: grazie ad Almostthere e Leica, realizza il progetto “DO NOT CROSS” dove racconta da dentro la maratona di New York, correndola con la macchina fotografica in mano. L’idea era quella di effettuare dei ritratti al vero polmone che rende speciale questa gara: il pubblico. Il risultato di questi scatti è un ritratto del mondo contemporaneo. Craig ha catturato il melting pot newyorkese: diverse etnie, emozioni, classi sociali quartieri. Nei 42 km della maratona il viaggio fatto con la macchina fotografica va oltre questa distanza. Per la prima volta un fotografo professionista ha fatto un lavoro simile.
- 2016: "Do Not Cross" diventa un libro edito da Damiani Editore, tradotto in due lingue e distribuito in Italia e Stati Uniti. Sempre nel 2016 vengono realizzate con Leica due mostre a Milano e a Roma.
- 2017/2018: inizia un nuovo progetto fotografico dal titolo “WITNESS 1:1 ” ancora oggi in lavorazione.