Marco Grassi
Nelle sue opere l’antichità classica diventa fonte d’ispirazione di una pittura fantastica, densa di pathos e di suggestioni. Coglie gli elementi che sprigionano emozioni vibranti e commosse, gesti violenti e atmosfere magiche, spesso tratti dagli episodi più visionari delle grandi opere poetiche.
Comunicato stampa
Una sera, una mostra. Il giovane pittore Marco Grassi esporrà alcune tele nella splendida cornice di Palazzo Calcagni in via Guido da Castello 19/a. Taglio del nastro ufficiale alle 18.00 di sabato 14 dicembre. La personale, curata da Pietro Franesi, direttore delle Biennali di New York e Dubai, rappresenta l'esordio ufficiale dell'artista albinetano. Prima Reggio, poi Dubai. A marzo 2014 infatti un dipinto del pittore reggiano sarà esposta negli Emirati Arabi: "E' stato un fulmine a ciel sereno - racconta - Trenta artisti provenienti da ogni parte del mondo esporranno una propria opera per un'intera giornata. Il tema è l'immagine immateriale. Il fatto che mi abbiano contattato e selezionato è motivo di grande orgoglio". Una carriera iniziata ufficialmente alcuni anni fa dopo la fine dei corsi all'Accademia di Belle Arti di Bologna. Adesso Reggio. Poi gli emiri. “Un giorno un amico-restauratore mi disse che con la pittura potevo togliermi qualche soddisfazione. Subito non gli ho dato peso. E invece...”.
Nelle sue opere l'antichità classica diventa fonte d'ispirazione di una pittura fantastica, densa di pathos e di suggestioni. Coglie gli elementi che sprigionano emozioni vibranti e commosse, gesti violenti e atmosfere magiche, spesso tratti dagli episodi più visionari delle grandi opere poetiche. I suoi corpi diventano espressione di una situazione di disagio derivante del legame uomo-natura e dall'alienazione dell'Io impoverito dalla rivoluzione finanziaria, dominatrice dell'evoluzione della specie. I demoni di Omero, di Shakespeare, di Milton, gli spiriti elementari della mitologia greca e romana , sono per lui, personificazioni delle forze della natura. Le metamorfosi, focus fondamentale della sua ricerca artistica, sono allegorie, interpreta in profondità la trasformazione di un uomo che assimila la materia o ne è assimilato, il dissolversi della personalità nel dolore o nel piacere.
Introduce nella classicità occidentale un forte richiamo all'arte orientale, mantenendo distinte le due identità. Egli si attiene alla teoria classicista della "selezione". La natura è un'idea collettiva, contenuta in ogni creatura ma mai in modo totalmente puro. Nessun corpo è completamente bello, ma quasi ognuno contiene parti di compiuta bellezza. Selezionandole e componendole in un unico corpo, l'artista crea la forma ideale. In tutte le arti difende l'incondizionata esemplarità dell'arte greco-romana e sottolinea la superiorità dell'espressione della bellezza. La sua inclinazione per il lato oscuro si snoda come il filo conduttore di tutta la sua opera e si manifesta nelle figure femminili, dipinte sia con le fattezze di dolci fate sia crudeli ed erotiche "femmes fatales", o come vittime innocenti di sadici eroi. L'artista predilige i primi piani giocando con lo zoom sui particolari che esaltano la qualità dell'artista e la sua nozione di arte e sfuocano sul soggetto per renderlo anonimo e quindi dipendente dalla scelta dell'artista. Un artista che si fa apprezzare per la maniacalità della tecnica, usata come un isolante per nascondersi e per godere nella contemplazione delle sue opere. E' la prima volta che scelgo un artista intimamente e decisamente ancorato alla pittura. Sta sbocciando una rosa nera vale la pena annusarla e farsi ammagliare.
Pietro Franesi