Marco La Rocca – Ho i piedi per terra e la testa tra le nuvole!
Un percorso attraverso “soggetti” che si rincorrono sulle sue tele, in piccoli e grandi superfici.
Comunicato stampa
Marco La Rocca, classe 1991.
Giovane artista nato tra la sabbia e il mare del golfo di Policastro e cresciuto tra i verdi campi della Brianza.
Sono il quarto figlio, il più piccolo ed il più coccolato .La passione e il desiderio di creare sono arrivate pian piano. Da piccolo ho frequentato lezioni di musica per parecchi anni, studiando la poesia del pianoforte e la potenza della batteria. Allo stesso tempo coloravo i muri delle città, con scritte simpatiche e disegni infantili.
Grazie alla mia famiglia e al Professor David De Carolis ho conosciuto l'arte, quella delle tele e delle sculture.
Crescendo mi hanno regalato libri, riviste , navigato in internet, visitato musei e questo mi ha permesso di approfondire le mie conoscenze e capire quel che "avrei voluto fare da grande".
Il mio studio è il sottotetto del garage, uno spazio piccolo ma capiente. La prima personale risale al settembre del 2009. Amo la luce e la natura, la materia dismessa e quella nuova di zecca.
I miei colori sono forti e vivaci e gridano la mia fame di vivere.
Si citano le mostre: “ORRIBIJUSEPA” al Milesilab Monza 2011, “SECONDLIFE” Milesilab MONZA 2012, “EVERY PICTURE TELLS A STORY” ONEOff Viganò Brianza(LC) 2012, “RAPPORTI UMANI” Ordine e Fondazione Forense Avvocati di Monza 2014
Collettive: “TERRITORI DEL SUD” martadero di Cochabamba (Bolivia)2012 ,“STREETART” galleria Montrasio Monza 2013, ”TRACCE DI CONTEMPORANEO” Villa Borromeo Arcore (MB) 2013
CONTATTI ARTISTA:
Mail: [email protected] (mi raccomando con 3c)
Website: marcolaroccaa.wix.com/artist(mi raccomando con 2a)
Curatore artistico: [email protected]
Marco La Rocca
Artista per una nuova apertura. Testo di Felice Terrabuio
Marco La Rocca, giovane artista, proveniente dal golfo di Policastro, Carnatese di adozione, cresciuto all’Accademia di Brera, indirizzo design ha abbracciato le Arti come strumenti di crescita ; una nuova apertura per fare capire il suo “mondo” , aiutando a vedere la realtà con occhi diversi.
Un percorso attraverso “soggetti” che si rincorrono sulle sue tele, in piccoli e grandi superfici. Soggetti: affetti, fioriture, omaggio a rothko, nature morte, la belle epoque, fuori tutti, ho i piedi per terra e le gambe fra le nuvole... si trovano lì , su quelle superfici per dialogare, percorrere il viaggio, raccogliendo dalla memoria emozioni nate da quel turbine di forze naturali e umane.
Soggetti diversi, ma eguali nella forte intensità dei colori, tanti colori, colori naturali, grosse emozioni.
Un lungo cammino intrapreso con la voglia di raccontare la sua storia , la storia che si sta aprendo, la voglia di raccontare; grandi che sono stati bambini, grandi che trovano in quelle figure, parole di lotta per la vita.
Figure, parole, una nuova apertura attraverso le sue opere, grandi opere, volti che ti guardano, paesaggi di memoria, forte emozioni anche attraverso l’uso di vari materiali quali la tela, scarti di ogni genere recuperati da non so dove, materiali di recupero, materiali pieni di memoria, che hanno già vissuto... pronti a raccontare nuove storie.
Opere nate giorno dopo giorno, lavori legati all’emozione di stare lì vicino, per restare vicino all’emozione. Un viaggio, di vita, opere per mostrare anche la gioia della vita, voglia di dimostrare la sua forza di raccontare nuove storie, una nuova apertura, una nuova apertura artistica. (di vita)
Marco La Rocca
Testo critico di Vittorio Raschetti: Oltre le nuvole [email protected]
Oltre le nuvole la luce è satura di colori vividi, saturi e pieni: esplosione di un mediterraneo sospeso sull'aria senza ore diverse dal mezzogiorno. Un mare di luce permanente oltre gli incidenti del tempo. Meditazioni metafisiche di meridiane che segnano ore sempre uguali e variazioni quasi impercettibili di colori tono su tono: uguali e differenti. La data che si ripete non segna mai la stessa ora: la ripetizione differente rivela l'inganno dell'identico. Il colore è la forma che plasma, è il plasma calato all'alto, il sole rosso è il cuore del colore che ossigena il corpo della visione al di là delle nuvole.
L'estrema lunghezza del collo permette alle giraffe di accedere senza sforzo ai frutti gustosi sui rami più alti: agli umani occorre invece uno sforzo sovrannaturale per slanciarsi in alto fino a cogliere il nettare divino dell'ideale. Solo l'utopia sa soddisfare il palato della musa la musa dell'immaginazione. Non una ribellione contro natura e nemmeno un dovere “obtorto collo”, ma un tentativo di sorvolo del mondo con lo slancio del sogno, senza l'artificio delle ali meccaniche disegnate dall'ingegno di Leonardo. Non la tecnica del volo ma l'anima del sogno consente di addormentare la gravità. Si può volare alto senza subire la punizione di Icaro e sostituire la cera per le piume con un impasto denso di colori: basta assemblare ali leggere ma robuste con la stessa materia delle tele dei quadri. Sono ali che supportano il volo e sostengono l'immaginazione oltre il velo delle nuvole. Per ricominciare a vedere si deve protendere il collo oltre il campo visivo consueto e allungare lo sguardo oltre il giardino privato delle abitudini. Si comincia a vedere autenticamente solo a partire dalla consapevolezza della intenzionalità in atto che orienta il fenomeno della percezione visiva. Per questo gli uomini devono “diventare come giraffe”, e prendere spunto dalla prospettiva insolita ed eccentrica delle giraffe per imparare a vedere dall'alto di una nuova prospettiva.
Nel caos improvviso delle nubi si condensano le forme più curiose, evocative e sfuggenti. Con la testa tra le nuvole è l'artista che si attarda tra i sentieri di vapore. Viste dal cosmo, le nubi sono una pelle mutante che mimetizza la bellezza della Terra e la protegge dallo sguardo predatorio degli Dei invidiosi e vendicativi.
Le nuvole sono i soffici cuscini che cullano i sogni di gloria ad occhi aperti di Don Chisciotte. Forse non si crede più a super-eroi in volo come Superman, del resto timidi nella vita e spaventati dalla kryptonite. Sono più apprezzati i realisti come Sancho Panza o come l'Uomo di gomma dei Fantastici quattro dotato del potere di allungare gli arti e protendersi dal suolo fino alle nuvole, senza spiccare il volo, rimanendo con i piedi saldamente ancorati al suolo. Non proviamo nostalgia per divinità su da carri alati, ma avvertiamo empatia con la natura ibrida di semidei sospesi tra Cielo e Terra, sempre in dubbio sul proprio luogo naturale. La leggenda ci invita a leggere al contrario Stairway to heaven e scoprire che si tratta di un ascensore per l'inferno. La gerarchia dei luoghi richiede una nuova interpretazione: Nietzsche invita al coraggio di una fedeltà assoluta alla Terra. Con la testa tra le nuvole e i piedi nel fango. Gli eroi tragici troppo umani, attingono alla vertigine aerea per lanciarsi più profondamente verso l'abisso e conservano il coraggio radicale di votarsi alla fedeltà assoluta alla Terra. La sospensione tra piattaforme aeree dell'utopia non può dimenticare il dovere della realtà ancorato ai fondali della gravità. Shakespeare nella Tempesta ci offre con la massima magia del teatro la perfetta contrapposizione tra spiriti dell'aria e creature autoctone dalla Terra nel confronto tra Ariel e Caliban. Da tempo immemorabile: terra, aria, acqua e fuoco sono gli elementi di cui è composto il mondo fisico, si potrebbero aggiungere le nuvole: giochi di metamorfosi allusive e transitorie, infinite variazioni dell' immaginazione.
Il modo meno artificiale, e meccanico di volare è la mongolfiera, silenziosa, placida e gonfia, soffice nuvola di elio esilarante tra nuvole di vapore malinconico, priva del frastuono del Jet, del ronzio delle eliche, come un viaggio in pallone di Jules Verne attorno a un mondo innocente ancora sulle soglie dell'adolescenza della tecnologia. Le nuvole sono immerse nella corrente del vento dei pensieri liberi della creazione priva di memoria, sono visualizzazione di fantasmi della fantasia, sono il sonno ad occhi aperti dell'immaginazione in fuga. Le nuvole sono istanti impalpabili di condensazione di pensiero breve dove l'unica meta è la fuga. Andare a nascondersi tra le nuvole come giocando a fare gli struzzi capovolti che mettono la testa non sotto la sabbia ma sopra il mondo, non per occultare la realtà ma per trasformare la prospettiva in movimento di sorvolo. Marco La Rocca non si chiude nella torre d'avorio di una statica arte concettuale autoreferenziale, non si arrocca nel solipsismo romantico a contemplare il sublime delle rovine della tradizione della pittura di figurazione, ma preferisce condividere in un lampo tutta l'emozione calda del colore in movimento. Marco La Rocca ha scelto di fare parte del corpo elettrico del mondo in eterna pulsazione, la visione per lui non è messa a distanza, o riflessione esclusiva sul linguaggio della pittura ma è coinvolgimento diretto ed immersione nei ritmi incrociati e nelle sonorità sovrapposte nel grande mixer globale della contemporaneità. Il mondo può ancora ospitare la pittura e la pittura può ancora occuparsi del mondo sembra volerci ricordare La Rocca. Spalancare una finestra sull'aperto è affrontare lo stridere selvaggio dei colori acuti affermando una contiguità tra il caos del mondo della vita e il composto mondo interiore delle regole della partitura pittorica. Non è pittura en plein air ma piuttosto un en plein di pittura e colore, come una finestra spalancata su un mondo di colori ancora selvaggi: tutto da accogliere nello spazio della rappresentazione che non è solo restituzione del reale ma cortocircuito con la vita e moltiplicazione di energia: un vettore di entusiasmo pittorico che ricarica la vita abulica con nuovi tratti di vitalità e intensità grazie a linee di forza cromatica che reagiscono tra loro per dissonanza: un flusso di elettricità del colore che scorre nelle fibre materiche delle tela pronte a scaricare tutta l'emozione cromatica. La parrucca bianca di Andy Warhol aveva saputo riconoscere la novità dei drealocks neri di Jean-Michel Basquiat. Le opere di Marco La Rocca fanno drizzare magicamente i capelli per effetto del magnetismo elettrostatico. I fulmini nascono tra le nuvole ispirati dagli dei e colpiscono i mortali a terra.
Marco La Rocca combina l'istinto del colore con la compostezza della costruzione figurativa e la cultura della composizione del quadro attingendo a fonti citate con rispetto ma anche giocando ecletticamente con ammiccamenti con la storia della pittura contemporanea, basti pensare al maestro della pop-art romana Mario Schifano. Ma l'inquietudine e l'intonazione blues dell'iperattivo Schifano non è assimilabile al mood della pittura di La Rocca che è tutta all'insegna dell'innocenza del divenire, della felicità del colore e del desiderio di condivisione.
Tracimazioni di colore fuori contorno, per scavalcare la coincidenza tra forma e colore oltre il limite dell'esattezza, incursioni nel mondo garantendosi la libertà dell'immaginazione. Immaginare, viaggiare, errare, divagando nei possibili, perdendosi nei percorsi alternativi: perché solo le strade sbagliate portano nella direzione giusta. Dipingere linee di erranza su velature di contemplazione, dirottare l'immagine fuori dalla prospettiva usuale per attraversare velature di contemplazione e condensarsi su impasti di colore esuberante ed innesti materici.
Si avverte il passo veloce, il desiderio di implementare tutto la varietà di un collage del mondo frammentato e ricomporlo nella condensazione narrativa del quadro, un bisogno di prelievi materici per riaffermare la realtà del mondo e ricomporre il senso dello sguardo. C'è una urgenza di fare presto, di agire in velocità, come se si stesse impiegando vernice a presa rapida, come dipingendo graffiti illegali che richiedono la rapidità di un mordi e fuggi braccati dalla legge: una presa diretta con le convulsioni nervose di mondo liquido: bisogna essere rapidi e agire prima che il colore si rapprenda per sintetizzare l'essenza di una scena in un istante assoluto.
Marco La Rocca ha frequentato ai suoi esordi la graffiti art, assorbendo il fascino e il mito dell'arte insieme urbana e tribale, ancestrale e contemporanea di Basquiat. La pittura nasce sulla pareti delle caverne e ritorna sui muri delle città. I quadri nelle gallerie sono ormai dei prelievi da un unico immenso graffito interminabile lungo come il mondo globale senza confini come un alfabeto internazionale sempre meno gergale e sub-culturale. Basquiat è il Caliban underground nella penisola di Manhattan, ha suscitato una tempesta generazionale e nell' isola del privilegio dell'arte contemporanea: ha saputo entrare da protagonista sulla scena dell'arte ibridandola con la nuova sensibilità di strada, contribuendo ad abbattere confini dipingendone i muri. Marco La Rocca viene da questa apertura e crede che la pittura non debba subire confini di stile, di storie, di status perché il colore è ovunque entusiasmo.
Le nuvole sono come batuffoli di cotone per detergere il trucco: si perde la maschera ma subito appare un'intera tavolozza di nuvole colorate.