Margaret Bourke-White – L’opera 1930-1960
Una nuova esposizione dedicata a un’altra figura centrale della fotografia del XX secolo, l’americana Margaret Bourke-White.
Comunicato stampa
Dal 14 giugno al 6 ottobre 2024 gli spazi del Centro accolgono Margaret Bourke-White. L’opera 1930 - 1960, un percorso espositivo a cura di Monica Poggi che attraverso 150 fotografie racconta il lavoro, la vita straordinaria e l’altissima qualità degli scatti di Bourke-White, capace di raccontare la complessa esperienza umana sulle pagine delle riviste a grande diffusione come LIFE – di cui la mostra presenta una ricca selezione – superando con determinazione barriere e confini di genere.
Le trasformazioni del mondo sono il cuore della ricerca entusiasta e incessante della fotografa nata a New York nel 1904, che studia biologia alla Columbia University e frequenta per alcune settimane il corso di fotografia tenuto dal famoso fotografo pittorialista Clarence H. White.
Nel 1929 l'editore Henry Luce la invita a New York per contribuire alla nascita della rivista illustrata Fortune e da quel momento la carriera di Bourke-White è un percorso in continua ascesa: pubblica celebri reportage sulle industrie americane e viaggia in Unione Sovietica. Negli anni Trenta delinea un’estetica particolarmente vicina agli ideali della rivista LIFE, concepita come una finestra sul mondo, testimone oculare dei grandi avvenimenti della storia. Se inizialmente i suoi lavori si contraddistinguono per la quasi totale assenza dell’uomo in favore delle architetture e delle macchine industriali, con la pubblicazione del libro fotografico You have seen their faces (1937) compie un cambio di rotta, concentrandosi sulla denuncia della povertà e della segregazione razziale nel Sud degli Stati Uniti. Durante la Seconda guerra mondiale realizza reportage in Unione Sovietica, nel Nord Africa, in Italia e in Germania, seguendo l'entrata delle truppe statunitensi a Berlino e documentando gli orrori dei campi di concentramento. Bourke-White predilige la posa alla presa diretta spontanea più cara a Robert Capa, scelta che trasforma anche le persone più umili in attori universali, rappresentati di una collettività, eroici anche nella miseria. Dopo una carriera di reportage indimenticabili, nel 1957 è costretta ad abbandonare la fotografia a causa dei sintomi del morbo di Parkinson, dedicandosi alla scrittura della sua autobiografia Portrait of myself.
La mostra include un percorso di opere visivo-tattili accompagnate da audiodescrizioni che approfondiscono lo stile e la storia. La selezione comprende sia alcune delle immagini più note sia alcuni scatti meno conosciuti del lavoro dell’autrice.