Margherita Regina d’arte e cultura
Dopo un restauto accurato, apre per la prima volta al pubblico la dimora dove la regina d’Italia volle trascorrere gli ultimi anni di vita. Trasformata ora grazie alla Fondazione Terruzzi-Villa Regina Margherita, in un polo museale e culturale d’eccellenza. Per ora, come era giusto in occasione dell’apertura del nuovo polo museale, la Regina Margherita amata dal suo popolo, rivive anche nella mostra temporanea che la vede protagonista: attraverso i ritratti o oggetti simbolo che le sono appartenuti.
Comunicato stampa
E’ nella Bordighera fascinosa e romantica di metà Ottocento, eternata anche oltre Manica dal romanzo d’amore e morte di Giovanni Ruffini, ove “Terra, mare e cielo, mescolano i lor diversi colori; e dalle loro varietà, come dalle note di una ricca e piena arpa, sorge una grandiosa armonia. Atomi d'oro galleggiano nell'aria trasparente; e un'aureola color madreperla corona i taglienti contorni delle montagne”; in una Bordighera amata pure dalla famiglia di Elisabetta II d’Inghilterra e dalla duchessa di Leeds e che negli anni seguenti ispirerà il grande Monet, che Margherita di Savoia prima Regina d’Italia volle far costruire, tra il 1914 e il 1916, la villa in cui avrebbe trascorso gran parte degli ultimi anni di vita e dove si sarebbe spenta nel 1926.
Villa Regina Margherita sorse dunque su progetto di Luigi Broggi, tra i più valenti architetti formatisi alla scuola del Boito, nel luogo più congeniale di Bordighera: all’interno del parco che circondava villa Etelinda in “una specie di spiazzo…a mezza costa della collina…”;
in uno spiazzo dal quale “.. nei giorni di vento si riesce a vedere perfino la linea oscura della Corsica”.
Ora, Villa Regina Margherita - tra gli edifici di maggior pregio di tutto il territorio ligure - dopo due anni di attenti e impegnativi restauri, torna al suo splendore grazie a un progetto culturale di grandissimo interesse, che vede pubblico e privato – la Città di Bordighera, la Provincia di Imperia e la Regione Liguria da un lato, la Famiglia Terruzzi dall’altro – affiancati nell’istituzione della Fondazione Famiglia Terruzzi-Villa Regina Margherita in “un’avventura, o meglio un cammino, fatto” come lo definisce Annalisa Scarpa, direttrice della Fondazione “un po’ di entusiasmo, un po’ di ostacoli, molto di passione”.
Dal 19 giugno 2011 lo storico e fascinoso edificio - acquistato dalla Città di Bordighera e dalla Provincia d’Imperia e assegnato alla Fondazione, quindi oggetto di un attento intervento conservativo e allestitivo sostenuto interamente dalla Famiglia Terruzzi - aprirà al pubblico, proponendosi come un polo musale e culturale di assoluto rilievo nel panorama nazionale grazie all’esposizione permanente di un nucleo cospicuo di opere scelte della straordinaria collezione Terruzzi – più di 1000 pezzi, tra cui 170 dipinti, mobili antichi, ceramiche e porcellane europee e orientali – grazie ai servizi culturali offerti, tra i quali un attrezzato gabinetto di restauro, e a un’attività di eventi espositivi, convegni e incontri, avviata in concomitanza all’inaugurazione con una mostra omaggio proprio a “Margherita, Regina d’arte e cultura”, nei 150 anni dell’Unità d’Italia.
L’organizzazione generale dell’operazione
è della Fondazione Famiglia Terruzzi-Villa Regina Margherita e di Villaggio Globale International; l’editore è Skira.
Nelle sale della villa ove, sotto il controllo delle competenti soprintendenze, sono stati recuperati, stucchi, tempere, parquets, vetrate artistiche, ecc. - adeguando nel contempo l’edificio ai più moderni standard museali - si dipana dunque il percorso permanente, con un progetto allestitivo di Michelangelo Lupo, teso a ricostruire l’atmosfera seducente di una dimora d’epoca.
Un percorso che, se colpisce già per i numeri della collezione - concessa in comodato trentennale alla Fondazione - impressiona soprattutto per la varietà e la qualità delle opere selezionate.
I dipinti vanno da preziose tavole a fondo oro del Tre e Quattrocento di importanti autori toscani e veneti come Giovanni Del Biondo, Bicci di Lorenzo e Bartolomeo Vivarini, collocate nella Cappella della villa e nella sala antistante, a dipinti del Sei e del Settecento italiano con particolare attenzione alla scuola ligure, emiliana e a quella napoletana - quasi un omaggio all’amore della regina per la città partenopea - fino a opere di pittori francesi, fiamminghe e olandesi, in particolare di paesaggi e nature morte.
Accanto ad esempio a capolavori assoluti dell’arte ligure del Seicento, come tre tele di grande impatto emotivo di
Gioacchino Assereto o una Santa Caterina di Bernardo Strozzi, risulta eccezionale il nucleo di opere di Alessandro Magnasco che
dà vita a una vera e propria monografica del celebre artista, che fu capace di sedurre, con la sua pittura originalissima, committenti di grande prestigio, a iniziare dal Gran Principe Ferdinando de’Medici.
Della poetica dell’artista, il museo offre una campionatura estremamente rappresentativa e alcune opere chiave come una grande Allegoria con Venere, Vulcano ed Eros, uno dei rari dipinti a figure grandi del bizzarro Lissandrino, e un altrettanto raro esempio della sua ritrattistica con il Ritratto di gentildonna. Per la pittura napoletana ricordiamo tre tele di Luca Giordano, due delle quali di importanti dimensioni, che decorano le pareti, con tutta la forza dell’arte prepotente di questo artista, ma anche i dipinti di Paolo De Matteis, Francesco De Mura, Giuseppe Recco. Per la scuola emiliana basti invece segnalare la presenza di Giuseppe Maria Crespi con due opere splendide: Il Ritrovamento di Mosé e L’Adorazione dei Magi.
Alcuni dei pezzi più suggestivi della quadreria li troviamo al primo piano, in quella che era la sala destinata all’alloggio per i membri della famiglia reale che avessero soggiornato in villa: un Cristo alla colonna di scuola caravaggesca,
per il quale si era in passato avanzato anche il nome del maestro, dialoga con una Adorazione dei pastori di un giovane Jusepe de Ribera, detto Lo Spagnoletto, incastonato in un’imponente cornice dorata secentesca,
cui fa da contraltare, poco più oltre, un San Gerolamo leggente del medesimo autore.
Di particolare rilevanza le tantissime e diversificate nature morte collocate lungo le sale, tra le quali va certamente citata la presenza di una Ghirlanda di frutti con allegoria dell’Estate, opera a due mani di Baccio del Bianco (1604-1656) e di Felice Ficherelli (1605-1660), e una coppia di opere del Maestro della Fruttiera Lombarda, misterioso quanto affascinante artista lombardo sul quale si sono concentrate le attenzioni anche di due “mostri sacri” degli studi sulle nature morte,
Federico Zeri e Mina Gregori. Mazzi di fiori escono dalle tele di Michele Antonio Rapous e di Giovanni Stanchi “dei Fiori” mentre sei grandi tele di Bartolomeo Bimbi
collocato lungo lo scenografico scalone della villa, progettato da Broggi, costituiscono una serie unica nel suo genere, rappresentando ciascuna un insieme di tipologie di uccelli, quasi fossero la visualizzazione di un repertorio di ornitologia.
E poi ancora opere di Giovanni Baglione, Giambattista Gaulli detto il Baciccio, Agostino Carracci, Paolo Anesi, Giuseppe Zocchi, Benedetto Gennari, Pietro Paolini e, soprattutto, Francesco Londonio, pittore molto amato dai Terruzzi che hanno concesso al museo due sue notevoli Scene pastorali di imponenti dimensioni e altre sei più piccole, unitamente a una decina di incisioni ad acquaforte, tecnica nella quale l’artista lombardo era maestro.
Tra i tanti francesi citiamo Jean-Baptiste Lallemand, paesaggista francese di metà Settecento, Accademico di San Luca, e Piat-Joseph Sauvage; i due rami ovali firmati di Charles Joseph Natoire e Jean-François de Troy
con una sensuale Danae, Hubert Robert e Jacques de la Joue.
In tutte le sale, pezzi d’arredo di grande valore, come due splendidi tavoli da muro di manifattura genovese (1725-35), il bel cassettone di area piemontese con cornici intagliate e dorate (XVII secolo), un bureau en pente dell’ebanista francese Jacques Dubois (1693c. – 1763), due trionfali commodes portoghesi in legni vari di frutto con intarsi ed applicazioni di bronzo dorato della metà del XVIII secolo, di particolare impatto e qualità o, ancora, bureau-cabinet dell’atelier di Pierre Mignon o l’’imponente scrivania con alzata, di manifattura nord-italiana databile 1730-1740, caratterizzata da ben 42 incisioni a découpage sul fronte dei cassetti.
E poi porcellane orientali, bronzi, argenti, ceramiche tra le quali spicca - assolutamente unico per numero ed eccelsa qualità -
il celebre Servizio Minghetti, realizzato per il Duca di Montpensier Antonio d’Orléans, figlio cadetto di Luigi Filippo d’Orléans, del 1888: imponente nei suoi 381 pezzi.
Un’abbuffata d’arte per i visitatori che poi potranno riposarsi nella grande terrazza che corona l’edificio,
dove ora è stata creata una raffinata cafeteria. Parte della terrazza è stata inoltre dotata di una copertura in rame con vetrata
totalmente apribile in caso di maltempo, mentre la scala metallica originale, restaurata porta a una balconata panoramica da cui lo sguardo si perde verso il mare.
La Regina Margherita amava ristorarsi nella bella terrazza della sua amata residenza a Bordighera, circondata da un parco straordinariamente ricco ove prossimamente verrà riportata la rara rosa Reine Marguerite d’Italie,
che a lei aveva appositamente dedicato il vivaio lussemburghese Soupert & Notting.
Per ora, come era giusto in occasione dell’apertura del nuovo polo museale, la sovrana amata dal suo popolo, rivive anche nella mostra temporanea che la vede protagonista: attraverso i ritratti o oggetti simbolo che le sono appartenuti – dal mantello all’inginocchiatoio –
e nella selezione di opere d’arte che Margherita stessa aveva voluto per sé, acquistate nelle tante
Biennali o Esposizioni d’arte che era solita frequentare e incentivare.
Pensiamo a La morte del pulcino di Luigi Nono, ad Affetti di Giacomo Balla, a Notte a Verona di Bartolomeo Bezzi.
Una trentina di pezzi, più foto storiche - in gran parte provenienti dal Patrimonio del Quirinale ma anche da collezioni private, dal Museo Internazionale d’Arte Moderna di Ca’Pesaro, dal Mart di Rovereto, ecc. – per questa mostra curata da Annalisa Scarpa e da
Michelangelo Lupo (che ne è anche l’allestitore) con la preziosa collaborazione di Louis Godart.