Maria Grazia Carriero – Il rito della combustione
Il progetto nasce da un’esperienza a Marrakech, dove l’artista pugliese si è ritrovata a voler rappresentare con la pasta la sua “Italianità”, in un laboratorio didattico con i bambini marocchini.
Comunicato stampa
La presenza della pasta nella vita quotidiana è in mostra con “Il rito della combustione”, personale di Maria Grazia Carriero, negli spazi di CoArt gallery di Corato (Bari). L’esposizione sarà visitabile a partire da domenica 15 novembre 2015, alle ore 19:30.
Il progetto nasce da un’esperienza a Marrakech, dove l’artista pugliese si è ritrovata a voler rappresentare con la pasta la sua “Italianità”, in un laboratorio didattico con i bambini marocchini. I lavori, prodotti al suo rientro in Puglia, sono realizzati con pasta di grano duro bruciata e fissata su forex con la resina e rappresentano la conclusione di un percorso di riflessione e produzione che inizia nel 2005, ripreso a fasi alterne fino al 2013 e attualmente ancora parte della sua ricerca.
“Maria Grazia Carriero utilizza la pasta rifiutandone il carattere puramente eidetico, attraverso la combustione, la materia acquisisce valori formali e risonanze simboliche, al di là della realtà quotidiana, nel regno del simbolo e del mito” – commenta il curatore, Alexander Larrarte – “Nella circolarità della rappresentazione, composta e rigorosa, l’artista indaga memorie fatti o vissuti, nella serie Nature è difficile stabilire un “alto” o un “basso”, l’opera richiede che gli si giri attorno, in un’esperienza di tipo comportamentale piuttosto che ottico”.
Instancabile sperimentatrice, la Carriero utilizza diversi registri espressivi, a seconda del mezzo che possa meglio rivelare la sua poetica, come spiega Isabella Battista, curatrice della mostra: “La serie Nature fa parte di una tappa del percorso di ricerca che l’artista ha alternato a pittura, fotografia, video e installazioni, indagando costantemente sul concetto di trascendenza non solo sotto l’aspetto dialettico ma anche della tradizione, per scrutare nelle pieghe nascoste dell’antropologia e della superstizione popolare”.