Maria Magdalena Campos-Pons – Transparency
In mostra un selezionato gruppo di 8 opere su carta realizzate nel 2012 in cui l’artista si cimenta con la pittura e suggestivi collage di materiali.
Comunicato stampa
Monza, 26 MAGGIO 2013 - LUCA TOMMASI è lieto di presentare l’esposizione TRANSPARENCY dell’artista americana di origini cubane MARIA MAGDALENA CAMPOS-PONS. All’interno della sede espositiva di Via Leonardo da Vinci 2, sarà possibile ammirare , fino al 04 luglio, un selezionato gruppo di 8 opere su carta realizzate nel 2012 in cui l’artista si cimenta con la pittura e suggestivi collage di materiali.
L’artista si trova in Italia poiché invitata ad esporre alla Biennale di Venezia 2013 nel padiglione cubano, ospitato quest’anno presso il Museo Archeologico in Piazza San Marco. Dopo l’inaugurazione veneziana, l’artista presenzierà anche all’opening monzese.
Il destino di Maria Magdalena Campos-Pons (Cuba, 1959) è da sempre quella dell’esule, fin da quando suo nonno fu costretto a lasciare l’Africa per lavorare nei campi cubani. Anche lei, in contrasto con il rigido controllo castrista, ha deciso di abbandonare la terra in cui è nata per trasferirsi dal 1988 a Boston dove ha frequentato il Massachusetts College of Art, e da dove è iniziata una folgorante carriera che l’ha portata ad esporre con una personale al MOMA di New York nel 1998 e a tenere una mostra antologica, a soli quarantasette anni, presso l’Indianapolis Museum Of Art. Questa sua condizione di vita ha fortemente indirizzato le sue ricerche verso le tematiche del multiculturalismo evidenziando come le diverse culture di origine siano sopravvissute nelle popolazioni emigranti e come la considerazione di esse sia oggi fondamentale per la creazione di un tessuto sociale coeso in un’epoca in cui il mondo sta diventando sempre più multirazziale e globalizzato. Il titolo, che l’artista stessa ha dato all’esposizione monzese, Transparency, ci aiuta a comprendere come le opere presenti non propongano una realtà vista direttamente, ma in trasparenza, attraverso un filtro, che è il filtro del sogno, della memoria, del ricordarsi, più che con gli occhi, con il cuore quei luoghi lontani a cui si sente legata, un filtro fragile che dona momenti di gioia tanto grandi quanto preziosamente delicati. In questi lavori è presente anche una forte componente materica che li rende ancora più magici e che ci permette un’ulteriore analisi. Sul supporto pittorico troviamo dei pezzettini di vetro colorato che correlati al titolo, che identifica il nucleo principale delle opere esposte, Glass forest, rimandano alla fragilità delle relazioni interpersonali, alla fragilità dei rapporti con la propria tradizione culturale, alla fragilità della vita umana che, attraverso varie vicissitudini, ci pone di fronte a delle scelte dolorose: quando il vetro si rompe, il sogno svanisce e l’artista si ritrova a fare i conti con la realtà. Le foreste di vetro diventano metafora di una foresta fatta di ricordi, rami che raccontano diverse storie connesse fra loro, una foresta fragile che rischia di cadere in frantumi come rischia di frantumarsi una società che persegue la strada dello scontro e non quella della condivisione.