Maria Morganti

Informazioni Evento

Luogo
SURPLACE ART SPACE
via San Pedrino 4, Varese, Italia
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Date
Dal al

su appuntamento

Vernissage
11/03/2018

ore 18

Artisti
Maria Morganti
Generi
arte contemporanea, personale

Non bisogna avere paura del colore, sentirlo distante, dimenticarlo, abbandonarlo. L’opera d’arte nel suo essere proiezione di un fare immaginifico è il luogo in cui il colore dimora, anche quando è al limite della sua visibilità.

Comunicato stampa

Non bisogna avere paura del colore, sentirlo distante, dimenticarlo, abbandonarlo. L’opera d’arte nel suo essere proiezione di un fare immaginifico è il luogo in cui il colore dimora, anche quando è al limite della sua visibilità. Si dice che, in un punto preciso dell’arcobaleno, forse dove si incontrano e mescolano il giallo e il verde, il colore non abbia un nome tanto è indefinito. Si tratta di un colore che non puoi raccontare in termini percettivi, ma solo pittorici; un colore che dimora sul piano pittorico: colore colorito e corpo pittorico. Nelle scuole si studia il colore a partire dalle sue proprietà scientifiche: divisioni in settori, cerchi cromatici e piramidi, schemi che traducono il sentire del vedere. Maria Morganti ha grande cura per il colore, lo costruisce attraverso il fare, lo pensa e sviluppa come corpo e ha una particolare attenzione per la superficie. La sua tavolozza non è quella della scienza e della tavola del manuale dei colori, il suo colore non ha un numero Pantone, non è codificato perché attinge allo stato più profondo del sua presenza. È un colore che oltrepassa la luce e diventa materia, una materia viva, che fa superficie e diventa spazio. Anche se i colori non sono “reali”, il suo è un colore reale, non un colore prodotto dalla lingua. Un colore sostanza, un colore denso che rende visibile la materia. È il colore dipinto, un colore che si vede e si sente. Un colore pesante, come si nota in assoluto nell’opera Quadro infinito, una tela 50x40 iniziata nel 2006 e ancora in corso, sulla quale Maria – in una sorta di mantra quotidiano – lavora tutti i giorni, un’opera in cui tanti colori diventano uno, uno che in questo caso non significa solo. Il colore succede, Maria Morganti lo dichiara più volte, nel suo succedere il colore prende la forma che vuole, la distanza dalla visione che vuole, e diventa materia di un’esperienza non solamente percettiva ma anche fisica, nella quale il senso è tutto nel farsi e nello sviluppo di possibilità sempre aperte. Il suo quadro può sempre diventare altro, il giorno dopo, quando il tempo sedimentato ricomincia scorrere e a sovrapporsi in infiniti istanti che si ritrovano poi sotto la superficie. In colore segue sempre l’evento e ogni momento in cui Maria dipinge è sempre come la prima volta. Il colore sembra che l’aspetti per rinnovarsi. Il tempo del cambiamento è molto sentito dai colori.

In mostra viene presentata una piccola raccolta delle sedimentazioni, piccole tele (16X18 cm) che cominciano sempre con il colore rosso (Io sono il rosso, dice Maria) coperto poi da vari strati di altri colori trovati mentre si dipinge, senza una particolare progettualità nella costruzione del colore, se non quella di fermarsi poco prima del bordo superiore, nella periferia dello sguardo, per lasciare intra-vedere il colore sottostante, una manifestazione del processo del dipingere, cosi fino all’ultimo strato. Qui ci si immerge dentro il colore, nella comune attrazione delle sue tinte più inaspettate, nei contrasti decisi o nelle consonanze sfiorate, nelle opacità di colori che ci appaiono quasi innaturali e altri unici, assoluti e irriproducibili. In un certo momento della storia delle stratificazioni arriva un colore che si preoccupa di essere l’ultimo, il colore finale che ci restituisce quello che si vede. Nell’insieme raccontano il gesto del dipingere nella forma della similitudine che non raggiunge mai l’eguaglianza, una differenza quasi biografica tanto il colore è segnato dall’esperienza. Presente in mostra è anche un piccolo lavoro della serie Residui, Traccia N.1 1999-2018, un brandello del foglio di Scottex sul quale Maria Morganti ha pulito le mani ogni giorno dal 1999 al 2016 dopo avere lavorato alle sue Carte-Diario con i pastelli ad olio. Infine, Dodici stati di melma un dipinto sequenziale composto da un colore grigiastro, derivante dal deposito che si è formato negli anni sul fondo del suo sgocciolapennelli. Fare pittura è anche andare a toccare i punti più nascosti e impossibili della sua genesi, un tirar fuori materia-colore preparato dal tempo per renderlo presente.

Luca Scarabelli

Maria Morganti (Milano,1965 - Vive a Venezia) Ha tenuto diverse mostre personali in musei ed istituzioni quali; Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia nel 2006 curata da Angela Vettese; Leporello da ViaFarini, a cura di Milovan Farronato, Milano, 2007; Diario cromatico a cura di Chiara Bertola, Fondazione Querini Stampalia, Venezia 2008; Museo di Castelvecchio, L’unità di misura è il colore a cura di Chiara Bertola, Verona, 2010; Casa Testori, Giardini squisiti con Massimo Kaufmann, Novate Milanese (MI), 2014.
Ha partecipato inoltre a numerose mostre collettive tra cui: L’emozione dei colori nell’arte, a cura di Carolyn Cristov-Bakargiev, Marcella Beccaria, Elena Volpato, Elif Kamisli, GAM/Castello di Rivoli, Torino, 2017; Èdra, tutta l’Italia è silenziosa, Reale, a cura di Davide Ferri, Accademia di Spagna, Roma, 2015; Autoritratti, Iscrizioni del femminile nell’arte italiana contemporanea, a cura (tra le altre) di Francesca Pasini, MAMbo, Bologna, 2013. Nel 2017 ha inaugurato una installazione permanente nella caffetteria di Mario Botta per la Fondazione Querini Stampalia di Venezia.

Per l'occasione sarà presentato il numero 6 di STRABISMI (staresullopera) dedicato alle opere incontrate alla 57ª Biennale d'Arte di Venezia Viva Arte Viva con contributi di: Lisa Andreani, Ermanno Cristini, Michela Eremita, Serena Fineschi, Matteo Innocenti, lookaroundart (Barbara Carnelia e Matilde Marzotto Caotorta), Ilaria Mariotti, Valentina Petter, Luca Scarabelli, Ivana Spinelli.