Maria Semmer – Le ballate dei sogni
Seconda mostra personale di Maria Semmer nella Galleria Gallerati, a cura di Martina Sconci.
Comunicato stampa
Carlo Gallerati è lieto di presentare Le ballate dei sogni,
la seconda mostra personale di Maria Semmer nella Galleria Gallerati, a cura di Martina Sconci.
“Mistero, visionarietà, misticismo, mito e sacralità sono solo alcuni dei tratti distintivi delle fotografie di Maria Semmer, artista dalla spiccata sensibilità che, come una pittrice con la sua tela, ci presenta il suo immaginario artistico, un microcosmo personale fatto di simboli e forti suggestioni, in bilico tra sogno e realtà. Parlare soltanto di fotografia nel caso di Maria è riduttivo. Il suo lavoro si basa senza dubbio sull’uso della macchina fotografica, ma c’è molto altro. Le sue opere rientrano in quel settore della pratica fotografica definito ‘tableau vivant’ in quanto la narrazione visiva è concentrata in una sola immagine. La foto è solo il risultato finale di un processo in cui il fotografo, come in un set cinematografico, orchestra un cast fatto di attori, modelle e oggetti. Ciò che caratterizza tutte le sue immagini è una particolare e quasi maniacale attenzione al dettaglio, dalla progettazione alla composizione, per un lavoro talmente accurato che lo scatto fotografico risulta essere solo la parte conclusiva di un processo molto più lungo e complesso. In questo senso la sua pratica artistica è molto vicina alla pittura, dal momento che la manualità e l’abilità necessarie per ricostruire la scena sono senza dubbio equivalenti al tempo e alla perizia messe in atto da un pittore nel proprio studio. L’Acqua, elemento di alto valore simbolico, è il fil rouge che collega tutte le immagini. Rappresenta il femminile per eccellenza, è flessibile e cambia forma continuamente. Esprime il totale dinamismo e, nella sua fluidità è sempre cangiante, mai uguale a se stessa. Rappresenta lo scorrere del tempo e delle cose. Si adatta alle circostanze, aggirando gli ostacoli che incontra nel suo cammino, scorre nelle profondità della terra, trapassa la materia oscura e densa e torna a scorrere portando con sé energie segrete, corpi dormienti, fantasmi che provengono da un mondo sommerso. Figure incorporee, volti dolci e infantili emergono in superficie accompagnati da oggetti di diversa natura: una sedia, una ruota, un Cristo, un annaffiatoio. Trascinati via dalle correnti, come dopo un naufragio, corpi di giovani donne e uomini sono avvolti da un senso di enigmatica e impenetrabile fatalità, in un’atmosfera di silenziosa attesa. Gli oggetti che li accompagnano mantengono fin dall’origine il silenzio della parola poetica e negli oggetti i corpi osservano il proprio destino di cose. Come nelle antiche leggende, l’acqua del lago, luogo prediletto da Maria per scattare le sue foto, sembra popolata di figure misteriose che possono simboleggiare gli strati profondi e inconsapevoli della personalità, l’inconscio. Al tramonto, quando il buio e la luce si confondono, Maria crea immagini surreali, malinconiche, che offrono suggestioni narrative ambigue, in una ricerca che procede sia verso l’esplorazione del reale, sia verso la sua trasposizione nel fantastico. La luce del crepuscolo indica dunque quella condizione capace di aprirci un varco verso la profondità dell’essere, quella solitamente più nascosta perché primordiale, quella che “di giorno” non appare, e che si riferisce al senso intimo della nostra esistenza, della nostra origine e del nostro destino, al rapporto con la parte più segreta di noi stessi, con il mistero e la trascendenza. Il riferimento a Ofelia è una costante nel lavoro di Maria, immagine inquietante, poetica e decadente che affoga nel dolore e la cui tristezza implacabile si irradia a tutto il paesaggio circostante. Rielaborata in numerose rappresentazioni, dall’originale di John Everett Millet fino alla sua trasposizione cinematografica in Melancholia di Lars Von Trier, Ofelia continua a tramandare di sé l’immagine di una donna inviolata nel corpo, ma violata nei sentimenti, ferita a morte dall’incongruenza maschile. Maria ha la capacità di saper trasmettere attraverso le sue foto i differenti stati dell’immagine: strumento di conoscenza e verità, epifania e rivelazione, ma anche narrazione, viaggio, racconto, impressione. Costruisce il suo universo visivo ricco di segreti ed enigmi, fatto di immagini che affascinano e turbano allo stesso tempo. Ogni scatto ha la forza espressiva di un quadro, evoca ricordi remoti, perché esiste in ognuno di noi un organo della visione del tutto metafisico che, al di là delle percezioni sensibili, custodisce in silenzio immagini che sono pensieri altrimenti inafferrabili.” (Martina Sconci)
Maria Semmer è nata nel 1979 a Rothenburg ob der Tauber (D), dove vive e lavora. Ha studiato graphic design alla Georg Simon Ohm FH di Norimberga e all’Accademia Muchina di San Pietroburgo. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive. Dalla Galleria Gallerati era già stata presentata nel 2012 con la mostra Sanctuary.