Marianna Christofides – Reluctantly Real

Informazioni Evento

Luogo
LAVERONICA ARTE CONTEMPORANEA
Via Clemente Grimaldi 93, Modica, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

martedì-domenica 15,00-20,30 (fuori orario su appuntamento)

Vernissage
07/04/2012

ore 20.30

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Marianna Christofides
Curatori
Marco Scotini
Generi
arte contemporanea, personale

Stereografie, teche e vetrine, stereoscopi, vetrini da lanterna magica, episcopi, antiche mappe e vecchie guide turistiche, dagherrotipi: tutto, nel lavoro di Christofides, rimanda a un’archeologia fotografica dell’epoca moderna.

Comunicato stampa

Alla sua prima personale italiana, l’artista cipriota Marianna Christofides (classe 1980) inaugura sabato 7 aprile l’esposizione Reluctantly Real presso la Galleria La Veronica di Modica. La mostra, curata da Marco Scotini, è lo sviluppo di alcuni progetti che Christofides ha presentato all’ultima edizione della Biennale di Venezia, dove co- rappresentava Cipro.

Si entra in una mostra di Marianna Christofides come si accede ad un archivio cartografico del passato o ad un Kaiserpanorama del XIX secolo. La si attraversa come un Cabinet Fantastique, come le pagine di un libro di Jules Verne, oppure come un gabinetto etnografico. Stereografie, teche e vetrine, stereoscopi, vetrini da lanterna magica, episcopi, antiche mappe e vecchie guide turistiche, dagherrotipi: tutto, nel lavoro di Christofides, rimanda a quell’archeologia fotografica dell’epoca moderna che, ancora pregna di illusione ottica e del mistero dell’apparizione, avrebbe condotto irrevocabilmente per Benjamin alla fine dell’aura: alla trasformazione delle nostre coordinate spazio- temporali e della loro percezione.

Questa escursione nel tempo ha piuttosto al suo centro gli spostamenti nello spazio, l’identità delle culture, l’autenticità dei racconti, il regime di verità delle prove o dei documenti. Il nucleo centrale è quello del viaggio. Flussi di immagini mobili incontrano gruppi sociali e visioni culturali in movimento: turismo, colonialismo, lavoro migratorio, narrazioni di fuga e di ritorno. Nonostante già nel XIX secolo tutto lo spazio terrestre fosse stato cartograficamente unificato, lo sguardo etnografico era ancora quello di un mondo su un altro mondo.

Il lavoro di Marianna Christofides è teso a riscrivere e rimettere in scena queste relazioni in combinazioni critiche possibili sempre nuove. Documenti provenienti da differenti epoche, e collezionati in contesti differenti, diventano l’occasione per attivare un dispositivo fittizio di rimandi narrativi e concatenamenti visivi solo apparentemente congruenti ed effettivi. E fa questo attraverso l’uso di un medium come la fotografia che, più di ogni altro, dovrebbe essere l’attestazione e la certificazione di “ciò che è stato”. Senza mettere in crisi questo implicito realismo della fotografia, il dubbio che continuamente questo lavoro solleva è relativo all’univocità del significato: quello per cui si assegna ad ogni immagine un’identità più che una storia. L’immagine risulta invece sempre dislocata, sempre una sezione mobile aperta ad una pluralità di interpretazioni e di condizionamenti.

Esemplare in questo senso l’installazione Stereoscapes #1 (2011) presente in mostra, in cui all’interno di una teca sono contenute due riproduzioni di vetrini della stessa immagine (un’immagine scattata a Gibilterra negli anni ’20) e accanto due testi che raccontano in modo diverso le due riproduzioni: Buying flowers l’una (con rimandi alla Sicilia di Tomasi di Lampedusa) e Flower seller l’altra (con sopralluogo a Gibilterra). Oppure nell’installazione Reluctantly Real (2012) in cui l’oggetto è una classica stereografia che mostra un’immagine seppiata di un paesaggio del Maghreb con figura dell’inizio del secolo scorso. Qui le due immagini abbinate della stereografia originale, che presuppongono sempre una visione binoculare, sono proiettate separatamente con due episcopi, e vengono trattate come se non fossero la stessa immagine. In questo teatro archeologico che Marianna Christofides mette in scena la ripetizione restituisce al passato la sua possibilità, crea una zona di indecidibilità tra vero e falso, tra l’immagine e la sua ricezione.

-----english

Curated by Marco Scotini

For her first solo show in Italy, the Cypriot artist Marianna Christofides (b. 1980) will inaugurate “Reluctantly Real” on Saturday, 7 April, at the Galleria La Veronica in the Sicilian town of Modica. The exhibition, curated by Marco Scotini, marks the development of several projects that Christofides presented at the most recent Venice Biennale, where the artist co-represented Cyprus.

You enter an exhibition by Marianna Christofides the way you would enter a cartographic archive of the past or a nineteenth-century Kaiserpanorama. You cross it as if it were a Cabinet Fantastique, something from the pages of Jules Verne, an ethnographic cabinet. Stereographs, frames and display cases, stereoscopes, lantern slides, episcopes, ancient maps and old tour guides, daguerreotypes: everything in her work alludes to the photographic archaeology of the modern age that, still saturated with optical illusions and the mystery of apparition, would irrevocably lead to the end of the concept of aura according to Benjamin, to the transformation of our spatiotemporal coordinates and how we perceive them.

This excursion through time is instead centred on movements through space, the identity of cultures, the authenticity of stories, the truthfulness of proof or documents. The core concept is that of the journey. Flows of mobile images encounter social groups and cultural visions in motion: tourism, colonialism, migrant labour, the narrations of escapes and returns. Despite the fact that, by that date, all of the terrestrial space had already been united cartographically, the ethnographic vision is still that of one world examining another.

But Christofides’s work strives to rewrite and restage these relationships in ever-new possible critical combinations. Documents from various eras, collected from different settings, become the opportunity to activate a fictitious device of narrative allusions and visual concatenations that are only seemingly consistent and effective. And she does this using a medium like photography that, more than any other, should be the demonstration and certification of “what has been”. Without straining the implicit realism of photography, the doubt that this work continues to raise involves the unambiguousness of meaning, so that each image is assigned an identity rather than a story. Yet the image is always displaced, always a mobile section open to a plurality of interpretations and conditionings.

Stereoscapes #1 (2011), an installation on show here, is emblematic of this. A frame holds two reproductions of slides of the same image (taken in Gibraltar in the 1920s) with two captions that describe the two reproductions differently: one entitled Buying flowers (alluding to Tomasi di Lampedusa’s Sicily) and the other Flower seller (with a survey of Gibraltar). Then there is the installation entitled Reluctantly Real (2012), in which the object is a classic stereograph showing a sepia landscape of the Maghreb with a figure, dating back to the turn of the twentieth century. Here the two combined images of the original stereograph, which always presumes binocular vision, are projected separately with two episcopes and are treated as if they were not the same image. In this archaeological theatre staged by Christofides, repetition restores possibility to the past, creating an area of undecidability between true and false, between the image and its reception.