Marina Faggioli – Hortus conclusus
“Quest’orto è diventato luogo di meditazione, il mio Hortus conclusus. Come gli Hortus conclus erano preziosi giardini medioevali circondati da mura e dedicati alla meditazione, così le opere di questo ciclo: giardini di carta, materia affine alle foglie, microcosmi dove, metaforicamente, la natura riprende la sua parte, mio amoroso omaggio a la grande zolla di Dürer e ai
paesaggi in miniatura dell’oriente taoista e alchemico”. Marina Faggioli
Comunicato stampa
“... In quell’Impero, l’Arte della Cartografia giunse a una tal Perfezione che la Mappa di una sola Provincia occupava tutta una Città, e la Mappa dell’Impero tutta una Provincia. Col tempo, queste Mappe smisurate non bastarono più. I Collegi dei Cartografi fecero una Mappa dell’Impero che aveva l’Immensità delI’Impero e coincideva perfettamente con esso...”, così scrive J. L. Borges nella Storia universale dell’Infamia. Mentre ne Il mondo in piccolo R. A. Stein riporta la leggenda del monaco taoista che, non riuscendo ad ottenere dall’imperatore della Cina licenza di partire, fugge saltando dentro un paesaggio in miniatura, divenendo “sempre più piccolo” fino a disperdersi fra le montagne. Ciò che mi affascinava, quando lessi questi testi, era l’idea della percorribilità, attraverso lo sguardo e virtualmente, di mappe e rappresentazioni del territorio. Ma la geografia delle carte presuppone uno spazio oggettivo, vuoto e neutro, da cui il tempo è bandito, che sembrerebbe negare ogni possibilità di “percorrenza”.
Dai Romantici tedeschi a H. D. Thoreau si è contrapposta alla planificazione della classicità, – della prospettiva e delle mappe, – la dimensione della Wanderung, il camminare immersi in un paesaggio aperto e “sfilacciato”; come a dire: una dimensione soggettiva e disomogenea contrapposta ad una rappresentazione oggettiva e omogenea.
Curiosamente, l’approccio oggettivistico e quello soggettivistico hanno la medesima origine: il Moderno e la sua consapevolezza dello Sguardo, che divenne tecnica, con la prospettiva, e presenza significante: dello sguardo rappresentato nell’opera, e quindi interno, e di quello esterno, del guardante l’opera ed il mondo attraverso di essa. L’uomo non è più oggetto dello sguardo di dio, ma guarda e si guarda: è l’era della laicità e di Narciso.
La grande macchina retorica della Modernità costruirà lo Spazio a partire dalla cornice, i confini dell’immagine, quella soglia ambigua tra i due piani di realtà di ciò che è dentro e di ciò che è fuori del quadro. Attraverso questo dispositivo mimetico, la “messa in scena” non si limita a descrivere la realtà ma determina le condizioni stesse dell’osservazione e della comprensione, così che immagini e rappresentazioni cartografiche finiscono per sovrapporsi e sostituirsi alla realtà a loro esterna, come le mappe di Borges.
Se oggi la libertà di percorrenza è cosa data per scontata, l’insufficienza di spazio palesa quanto essa sia illusoria e quanto di teologico ha conservato la nostra cultura e la sua volontà di pianificazione, pur nella pretesa laicità: lo sguardo dall’alto, teleologico, centralistico e antidemocratico.
Tempo fa ho cominciato a coltivare un orto: un rettangolo di terra che ho dissodato e poi lavorato in profondità. Il primo anno ho coltivato cavoli e cetrioli ma, soprattutto, ho guardato cosa accadeva. Gli esseri della terra si “aggiustano” e si intersecano naturalmente sopra e sotto la terra, reagendo fra loro e comunicando: la terra parla con mille voci dialoganti, le erbe crescono dal basso, ognuna per sé ma in perenne relazione e mutamento.
Quest’orto è diventato luogo di meditazione, il mio Hortus conclusus. Come gli Hortus conclus erano preziosi giardini medioevali circondati da mura e dedicati alla meditazione, così le opere di questo ciclo: giardini di carta, materia affine alle foglie, microcosmi dove, metaforicamente, la natura riprende la sua parte, mio amoroso omaggio a la grande zolla di Dürer e ai
paesaggi in miniatura dell’oriente taoista e alchemico.
Marina Faggioli
Cosmografie di carta
Sarebbe infantile pensare che ciò che forma il regno vegetale dipenda unicamente da quello che si trova nelle sue dirette vicinanze. Tutto il cielo con le sue stelle è partecipe alla crescita delle piante.
(Rudolf Steiner, 1918)
Marina Faggioli ci presenta Hortus Conclusus, una serie di collage tridimensionali di carta. I lavori sono stati eseguiti con grande manualità e pazienza: ritagliando immagini stampate di paesaggi antropizzati e naturali e poi assemblandoli: mappe di città, carte geografiche, mappe stellari e planetarie, fotografie di flora, fauna e volti umani. Opere in cui tutti gli elementi si presentano come volessero aprire le danze in un gioco da bambini: piccoli giardini di carta, microcosmi delicati, geografie fantastiche.
Viene stuzzicata la voglia di interagire con questi girotondi di carta, come fossero libri “pop-up” con le loro ingegnose sorprese da scoprire. Questa caratteristica avvicina queste creazioni anche ai primi libri tridimensionali della storia, tra cui l’opera astrologica del matematico Pietro Apiano, Cosmographicus liber, stampata la prima volta nel 1524. Qui, cosmografia è inteso come “descrizione del mondo” nel senso ampio, – parola derivata da kósmos (terra/mondo) e gráphein (descrivere). Il grande manuale include excursus di geologia, geografia e astronomia, ma, soprattutto, contiene numerose volvelles, cioè strumenti costituiti da dischi di carta sovrapposti, mutuamente rotanti. Erano utilizzati al fine di calcolare e prevedere, tra l’altro, le posizioni dei pianeti, così da poter sperimentare direttamente le teorie espresse nel testo.
Si presentano come parenti delle volvelles, i lavori della serie Hortus Conclusus. Come se l’artista si volesse riallacciare a quel modello di osservazione concentrandosi sulla gamma fenomenologica del mondo che ci circonda. L’osservazione della natura diventa indagine delle sue funzioni e dei suoi processi e ne fanno riferimento diretto i titoli: Onde, Montagne, Anemoni; ci portano dritti ai principi stessi dei processi naturali – Flussi, Rotte, Arterie, e poi Cosmo, Embrione, – espressione del principio generante, della dinamica del nascere e del crescere.
Da sempre affascinata dallo studio delle piante, anche come illustratrice scientifica, Marina Faggioli si è da lungo tempo interessata alla flora e alla fauna, sviluppando uno stile decorativo, non naturalistico. Con ciò si dimostra vicina all’estetica dei romantici tedeschi e alla loro predilezione per le geometrie vegetali. Nell’epoca di Goethe, che conobbe un grande desiderio di ornamenti fantasiosi derivanti in parte dall’ammirazione per le grottesche di Pompei ed Ercolano da poco scoperti, Marina Faggioli ha trovato una dimensione congeniale.
Schlegel intese il termine Arabeske sia come forma naturale che come forma originata dalla fantasia umana. In fondo, essenzialmente, i romantici tedeschi non furono guidati a questa predilezione da interesse scientifico, ma perché videro nella commistione tra piante, animali e forme ornamentali una espressione della pienezza vitale della natura generante. E, come loro, Marina Faggioli nutre una vera passione per la tecnica della silhouette, cogliendone la dimensione estetica e decorativa.
Ma non si ferma qui il lavoro dell’artista. Intensa osservatrice dei processi vitali delle piante, Marina Faggioli si affida a quello che vede quotidianamente mentre cura il suo orto. La crescita avviene in modo spontaneo, senza un ordine imposto, senza interventi di controllo. Cogliendo questo aspetto non secondario della crescita e della condivisione dello spazio secondo le leggi naturali, l’artista costruisce un suo modello di mondo.
La serie Hortus Conclusus ci parla degli equilibri precari del mondo: l’Hortus Conclusus, come spazio segreto e raccolto, luogo ideale di meditazione, ci sollecita a vedere chiaramente quanto è piccola e circoscritta la nostra terra e ci suggerisce come percepirla: un delicatissimo equilibrio tra tutti gli esseri viventi, come gli incastri fragili di questi microcosmi di carta. Marina Faggioli ci ricorda nelle sue cosmografie la stretta appartenenza del nostro mondo al sistema dell’universo, i cui equilibri delicati sono da salvaguardare con urgenza.
Inés Richter