Marina Sasso / Anna Valla – Naturali consonanze
Mostra doppia personale di Marina Sasso e Anna Valla.
Comunicato stampa
Naturali consonanze
Marina Sasso e Anna Valla
La doppia personale di Marina Sasso e Anna Valla è prima di tutto un corpo unico, da vivere come un’esperienza di cui percepirne armonie e assonanze, non cercando la maternità delle singole opere. Questo suggerimento di visita e lettura contiene anche il segreto del loro dialogo profondo, naturale, che inizia da un’empatia estetica di forme e di segni. Un rotolare di geometrie irregolari e linee verticali, che si riflettono e giocano con rimandi mai didascalici ma evocativi. Un’amplificazione reciproca che spesso consiste in intuizioni.
Marina Sasso e Anna Valla continuano a essere quelle giovani artiste libere e sperimentatrici di quando esordirono. La stessa freschezza e necessità.
Le loro ricerche materiche e linguistiche nella dimensione dell’astrazione bi e tridimensionale, in una circolarità tra pittura e volume, non hanno mai smesso di cercare un racconto della realtà come fenomenologia sensoriale e come pensiero sintetico concettuale. Così, permane quella poesia, quell’emozione che erode e smuove il rigore, che ammorbidisce i materiali e rende le composizioni spazi di immaginazione. Composizioni per ambedue giocate tra linea, massa e colore, in uno spazio pluridimensionale che sprofonda ed erompe con un movimento ondivago attraverso ambienti percettivi e mentali.
Marina Sasso presenta disegni, collage e sculture, un ruotare attorno all’idea del corpo plastico che parte dalla linea come segno di definizione primario, per comporsi in volumi geometrici aperti, in esplorazione dello spazio fisico e della materia. Una fenomenologia che accade già nel luogo del foglio. I suoi disegni, infatti, racchiudono, anzi, sono il volume di ciò che stanno immaginando, che stanno sognando. L’opera è una possibilità ontologica in loro già contenuta. Per questo si tratta di progetti esistenziali in forma di lavori compiuti, non semplici bozzetti di altro a venire. Perché la scultura, in Marina, vive oltre la condizione metafisica, materica e spaziale tradizionalmente intesa. Infatti, le sue sculture vere e proprie, anche quelle più imponenti o articolate in quinte sovrapposte, restituiscono allo sguardo una leggerezza, forse una temporalità transitoria della composizione, che le smaterializza: da un momento all’altro le linee potrebbero aprirsi e sparpagliarsi nello spazio, i materiali disassemblarsi per prendere altre definizioni. In questa lievità concettuale e sostanziale della materia, come fosse tenuta insieme dallo sguardo demiurgico e desiderante dell’artista, si afferma la natura fortemente pittorica, complementare nel suo lavoro.
Il colore puro e naturale dei materiali, forza cromatica primitiva e archetipica, si afferma con un protagonismo minimalista, ma al tempo stesso si deve confrontare con la scelta pittorica introdotta dall’arbitrio creativo dell’artista e accettarne la contraddizione.
Forma e colore definiscono l’opera, insieme, in maniera visibile e invisibile, come immagine reale e come suggestione, con una mobilità che sottrae l’opera da una condizione finita.
In questa dinamicità aperta anche il legame con Anna Valla, che presenta una serie sviluppata tra l’86 e l’88, rimasta inedita, che nacque dal ritrovamento di vecchi tessuti della nonna in un baule, avanzi di canapa.
Trame antiche, dove l’artista ha sentito risuonare e ha rintracciato parole e versi di storie. Letteralmente nel loro corpo tessile, Anna ha lavorato evidenziando e cancellando, aggiungendo e sottraendo. Il risultato sono testi di poesia visiva.
Su tele di misure diverse, infatti, ha stilato un rarefatto e delicatissimo codice segnico-linguistico, con un filo che si fa strumento di calligrafia sensibile e psico-emotiva. Scrittura che nasce come ricamo aggiunto, come filo estratto dalla trama. Filo colorato che si evidenzia nell’intreccio ordinato, e spesso ne fuoriesce anche, diventando non solo segno-scrittura e pittura, ma anche scultura. Infatti, libero nello spazio, manifesta un corpo installativo soggetto alla gravità, alla forza di interazione elettrostatica che ne muta arbitrariamente la posizione.
Si direbbe una linea che si animi e cerchi voce fuori, una linea che però costituisce anche la matrice originale e il sottotesto continuo di tutto il lavoro storico di Anna. Un segno concettuale e simbolico riprodotto in una pluralità di declinazioni, ripetuto serialmente e in metamorfosi nei suoi cicli “Ombre”, “Palinsesto”, “Migrazioni”, “Senza titolo”, a partire dai primi anni ’80. Sempre oscillando tra apollineo e dionisiaco, tra ascetismo controllato di linee e geometrie, e parole liquide e arruffate illeggibili, che hanno urgenza di esprimersi, che si accavallano e corrono, esprimendo una gestualità performativa.
Tutto sempre con una grana di organicità vitale che sdrammatizza i rigorismi, in cui si manifesta un’energia fisica condivisa con Marina.
Questa loro energia è il guscio di calore e osmosi che avvolge la mostra, fondendo le opere insieme.
olga gambari