Mario Carbone – Arte vitale
Una serata di proiezioni dedicata a un maestro del cinema documentario, che presenta alcuni suoi storici lavori sulla scena artistica degli anni sessanta e settanta.
Comunicato stampa
In coincidenza con la mostra di Mario Carbone Posto fisso. Marina Abramović e Ulay a Bologna, 1977, s.t. foto libreria galleria ospita una serata di proiezioni dedicata dall’ottantottenne regista e fotografo di origine calabrese. Oltre al cortometraggio incentrato sulla performance dell’artista serba, la curatrice Paola Scremin presenterà, insieme allo stesso Carbone, altri suoi quattro documentari sulla scena artistica degli anni sessanta e settanta: (Inquietudine, Nuovo Realismo, Esperienza diretta facilitata, Zoomm, Track!) nonché alcuni estratti di altri suoi lavori del passato particolarmente significativi.
I titoli scelti dalla ricca filmografia di Mario Carbone sono una parziale ma rappresentativa testimonianza della ricchezza di temi e prospettive affrontati nel suo lungo iter di autore, capace soprattutto di dar conto dell’approccio “vitale” delle sue scelte in campo artistico, per continuità di soggetti e linguaggi. Fra docufiction, reportage e performance, il suo cinema sull’artista e sull’opera propone l’attualità del momento fin nei minimi dettagli, con gusto del racconto, ed occhio attento e formato, elementi basilari della sua ricerca sociale.
La pionieristica docu-fiction sul giovanissimo e sconosciuto Franco Angeli, che il regista pedina per le vie di Roma e nel suo studio, intento a strappare calze femminili (Inquietudine, 1960), è contemporanea al suo reportage fotografico con Carlo Levi nella Lucania del confino. Dimenticati da stato, civiltà e religione, i volti dei contadini lucani esprimono un simbolismo etnologico affine alle immagini del giovane artista romano immerso nelle nuvole di fumo della sua cameretta, sullo sfondo di una tela che ricorda le lacerazioni di Burri. Nessun commento o voce off, solo musica e immagini come veloci scatti fotografici, quasi ad anticipare quei futuri simboli sbiaditi di Roma, che l’artista coglierà dalla strada. Lo sguardo di Angeli si sofferma sulle riproduzioni di Guernica, su volti di Modigliani e sul Cenacolo leonardesco; in alternanze audaci, Carbone li accosta a marce militari, clericali, dolce vita e notizie di spedizioni spaziali sovietiche, alludendo a un climax di degrado umano proprio dell’Occidente in piena guerra fredda.
Fra gli anni Sessanta e Settanta, il cinema di Carbone indaga le contraddizioni del boom economico: emigrazione e divario incolmabile fra nord sud del Paese (Stemmati di Calabria, 1964; Sedici anni dopo, 1967), scioperi (Neocapitalismo nel mezzogiorno, 1965; La fabbrica parla, 1968), speculazioni edilizie e degrado ambientale (Firenze 1966, 1966), nonché modelli i modelli di comportamento giovanile prima del Sessantotto (Capelli fuori legge, 1962; Mini Show, 1963).
Esiste una continuità fra questo cinema pedagogico e di lotta e le performance artistiche e teatrali che il regista documenta negli anni Settanta: è la volontà di avvicinare l’arte alla vita in un’azione collettiva, educativa e divulgativa, mentre si parla di “la morte dell’arte” e si affermano le poetiche concettuali, dell’arte povera e della body art.
Sposato con Elisa Magri -storica dell’arte e animatrice a Roma della Galleria Ciak, figura importante di vita e lavoro- nel 1970, in una Milano ancora attonita dalla strage di Piazza Fontana, Carbone realizza Nuovo Realismo, filmando l’ultima cena dei Nouveaux Réalistes inscenata per il decennale del gruppo a Piazza Duomo e alla Rotonda della Besana, e a cui partecipano diversi esponenti storici del gruppo: Christo, Mimmo Rotella, Niki de Saint-Phalle, Cesàr, Arman, Spoerri, Jean Tinguely e il critico Pierre Restany.Ancora una volta, Carbone restituisce un evento unico e irripetibile, che nemmeno la TV pubblica menziona; le tre giornate spettacolari sono aperte da Christo che impacchetta il Monumento a Vittorio Emanuele e si concludono con La Vittoria di Tinguely, un gigantesco fallo dorato, pieno d’esplosivi, che si autodistrugge tra scintille e fumi. Carbone, gira le azioni sullo sfondo del corteo dei lavoratori della Pirelli in sciopero, che attraversa il centro cittadino.
La serie di cortometraggi realizzati nel 1977 in occasione della Settimana internazionale della Performance, curata da Renato Barilli, alla Galleria comunale d’Arte Moderna di Bologna, è l’ennesima mossa intrepida. Alla manifestazione parteciparono una cinquantina di artisti, fra cui Vito Acconci, Franco Vaccari, Giuseppe Chiari, Fabrizio Plessi, Vincenzo Agnetti, Luca Patella, Luigi Ontani, Fabio Mauri, Vettor Pisani, Hermann Nitsch. Fra i protagonisti dei documentari di Carbone figurano, oltre a Marina Abramović insieme ad Ulay (Imponderabilia. Arte Vitale) anche nomi poco noti o dimenticati dal grande pubblico, come Giordano Falzoni (1925-1998), pittore, ceramista, drammaturgo, traduttore, esponente del gruppo ’63, cui è dedicato il corto Esperienza diretta facilitata. Gli artisti diventano a complici di un’operazione filmica congeniale al vedere: camera fissa e punto di vista rigorosamente naturale ad altezza d’uomo, nessuna interferenza nella messa in scena.
Troviamo in questi lavori echi di cinema sperimentale, unito alla volontà di documentare imprese come quella di uno dei più innovativi gruppi artistici, Laboratorio ‘70 (nato nel ‘68), poi Gruppo di via Brunetti, composto da Marcello Grottesi, Paolo Matteucci, Gianfranco Notargiacomo e per un periodo anche da Gino De Dominicis. L’azione teatrale Zoomm, Track! (1978), mostra una funerea ghigliottina a Piazza del Popolo annunciata dal rullo di tamburo: “la rivoluzione è in atto” e un rosso vivo, “vitale”, colora l’acqua della fontana.
Nei giorni successivi all’evento, tutti i visitatori interessati potranno visionare sul proprio laptop anche altri documentari di Mario Carbone, negli orari di apertura della galleria: dal lunedì al sabato 10:00-21:00.