Mario Castellani – Dall’oggetto al paesaggio
Tele dai contenuti di matrice surrealista uniti a una tecnica pittorica mutuata dalla Pop Art.
Comunicato stampa
Mario Castellani è nato a Vigevano (Italia) nel 1954. Si è diplomato al Liceo Artistico di Brera a Milano nel 1972 e laureato nel 1978 presso la Facoltà di Architettura di Milano con una tesi sull'autogestione in architettura presentata sotto forma di audiovisivo. I contenuti pittorici si definiscono fin dalla metà degli anni settanta prendendo ispirazione dalle tematiche e dalle opere degli artisti surrealisti. La tecnica riprende invece, con l'uso della tempera acrilica, il tratto e la forma fatta propria da alcuni artisti della pop art con grandi e piccoli spazi cromatici che non sfumano ma si accostano l'un l'altro, separati da una riga nera, che creano un'immagine apparentemente reale, o surreale, in cui il colore viene ad essere disegno e il disegno colore.
Dagli anni ottanta la creatività spazia oltre la dimensione e il mondo della pittura e del disegno, andando ad utilizzare nuove tecniche, prima con l'uso della fotografia e quindi del collage, per poi esplorare la tridimensionalità attraverso l'assemblaggio di materiali di recupero (il collage tridimensionale) elaborando l'opera con l'inserimento di un impianto di illuminazione, dando così forma alle “sculture notturne”. All'attività artistica alterna quella di architetto nel campo della tutela del patrimonio culturale, di illustratore, grafico e fotografo per libri, riviste e guide turistiche. Specializzato nel disegno e nel rilievo architettonico svolge studi inerenti l'architettura storica con particolare attenzione alla ricostruzione visiva di edifici alterati rispetto alla forma originaria, in Italia ha collaborato alla catalogazione dei beni architettonici con la Soprintendenza di Milano e in Canton Ticino all’inventario dei beni culturali.
Da uno scritto di Giuseppe Franzoso: L’attenzione di Mario Castellani è rivolta, in questo momento, ad evidenziare, con acuto senso alchemico, il transustanziale passaggio dell’oggetto dal fisico stato di materia amorfa a personaggio. Sia questo dipinto con accurata mimesi sulla tela, sia lo stesso, nella sua naturale consistenza oggettiva, sovrapposto al vuoto campo cromatico, l’osservatore viene posto di fronte ad un momento che rivela la segreta vitalità di ogni “cosa” assunta quale simbolo dell’esistere in sé. A differenza delle sperimentazioni “Pop”, dove l’oggetto si assumeva a simbolo del consumismo cieco e massificante, Castellani agisce sulla unicità del motivo, porgendo al fruitore un motivo di attenzione verso la realtà della quale l’uomo si serve senza esserne schiavo. Una proposta, dunque, di impegno comunicante realizzata nel rispetto dei valori dominati dall’Uomo e non da quelli che lo trasformano in “materia amorfa” clonata dall’oggetto.