Mario Ceroli
Sono esposti multipli in legno e su carta, che sviluppano il tema più classico della produzione dell’artista, cioè la forma della sagoma, come per esempio Il volto e Ceroli 1970, cinque carte ritagliate e incollate.
Comunicato stampa
Giovedì 22 settembre lo Studio Marconi ’65 ha il piacere di presentare la mostra Mario Ceroli.
Anche se in forma ridotta, la mostra offre la possibilità di comprendere il linguaggio dell’artista, dedito allo studio delle infinite sovrapposizioni e rielaborazioni di forme.
Sono esposti multipli in legno e su carta, che sviluppano il tema più classico della produzione dell’artista, cioè la forma della sagoma, come per esempio Il volto e Ceroli 1970, cinque carte ritagliate e incollate. Oppure le scatole, semplici pezzi di legno assemblati che costruiscono un piccolo teatro di contenuti come Mah!, 1968 o Il Sole dietro la finestra, 1971, e la grande televisione esposta al centro della sala, Carta d’Europa, 1964. La vetrina è occupata dalle 2 grandi sagome in legno Uomo e donna, 1968, due forme umane in movimento, ritagliate nel legno, che testimoniano quanto l’opera di Ceroli sia influenzata dalla cultura classica.
Biografia
Nato nel 1938 a Castelfrentano, in provincia di Chieti, studia all’Istituto d’Arte di Roma sotto la guida di Leoncillo Leonardi. Nei primi anni cinquanta si dedica soprattutto alla ceramica, lavorando con Leoncillo, Ettore Colla e Pericle Fazzini. Nel 1958 tiene la sua prima personale alla Galleria Sebastianello di Roma, e a partire dal 1959 inizia a sperimentare l’uso del legno grezzo, che d’ora in poi sarà il suo medium privilegiato. E’ proprio una scultura in legno a procurargli l’anno seguente il “premio d’incoraggiamento” del Ministero della pubblica istruzione. Dai primi anni sessanta espone regolarmente alla Galleria La Tartaruga di Roma. Utilizzando il legno grezzo realizza sagome bidimensionali di oggetti d’uso comune, che lasceranno il posto a figure umane, dapprima singole e isolate, poi reiterate o inserite in un contesto ambientale. A partire dalla metà del decennio compaiono opere ispirate a capolavori della storia dell’arte o alla mitologia greco-romana. La sua ricerca oscilla tra pop art e arte povera, come attesta la sua presenza in collettive di entrambe le tendenze. Dopo un soggiorno negli Stati Uniti, nel 1967 partecipa alla mostra “Arte povera – Im spazio”, curata da Celant e allestita alla Galleria La Bertesca di Genova, ed espone alla galleria L’Attico di Roma nell’ambito della mostra “Fuoco, immagine, acqua, terra”, curata da Boatto e Calvesi. Alla fine degli anni sessanta inizia a dedicarsi alla scenografia, un ambito creativo che lo vedrà particolarmente impegnato negli anni seguenti: il suo primo lavoro è per il Riccardo III di Shakespeare diretto da Luca Ronconi al Teatro Stabile di Torino nel 1968; tra le opere successive si annoverano le scene per Il candelaio di Giordano Bruno alla Fenice di Venezia. Nel 1968, inoltre, partecipa alla rassegna “Teatro delle mostre”, ordinata da Calvesi alla Galleria La Tartaruga di Roma. Nel 1970 è presente al Palazzo delle Esposizioni di Roma nell’ambito di “Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960 -1970”. Negli anni successivi seguita a lavorare per il teatro e a realizzare sculture lignee, talora policrome, sagome ispirate ai capolavori della storia dell’arte oppure istallazioni di respiro ambientale. Riceve diverse commissioni pubbliche, tra cui le sculture per la chiesa di Tor Bella Monaca a Roma e per la chiesa del Centro Direzionale di Napoli.