Mario Cresci – Dentro le cose
La mostra presenta un’ampia serie di opere fotografiche inedite di Mario Cresci, frutto di un lavoro di ricerca che nasce dal territorio, da Palazzo dei Pio e dalla città di Carpi. Continui rimandi fra l’architettura del palazzo e gli oggetti che esso custodisce della cultura e della storia carpigiana, creano un gioco di forme, una mappatura di geometrie e di segni, che pongono l’attenzione su aspetti culturali del territorio in cui l’artista lavora.
Comunicato stampa
Dal 3 dicembre 2011 al 29 gennaio 2012 sarà aperta al pubblico, nella Loggia di Palazzo dei Pio di Carpi, la
mostra di Mario Cresci, Dentro le cose, a cura di Luca Panaro.
Palazzo dei Pio torna a essere per la terza volta sede di importanti rassegne dedicate all’opera di artisti che
hanno fatto la storia della fotografia contemporanea, dopo il successo di pubblico delle mostre Beppe
Lopetrone: moda e celebrità e Olivo Barbieri: opere scelte 1978-2010.
La mostra è realizzata grazie all’impegno del Comune di Carpi, del Gruppo Fotografico Grandangolo BFI, di
Twin-Set Simona Barbieri e di Nuovagrafica, che continuano nel loro intento di valorizzare l’opera dei grandi
maestri della fotografia italiana.
Mario Cresci (Chiavari, 1942) è uno dei protagonisti più interessanti della ricerca fotografica italiana degli ultimi
decenni. Fin dalla fine degli anni Sessanta sviluppa un complesso corpo di lavoro che varia dal disegno, alla
fotografia, all’installazione.
E’ autore, tra i primi della sua generazione, di un’opera eclettica in cui le analisi della percezione visiva e della
forma del pensiero artistico e fenomenico si confrontano, negli anni Settanta, con l’esperienza diretta del
lavoro sul campo in ambito etnico e antropologico delle regioni del Sud d’Italia.
Nella continua investigazione sulla natura del linguaggio visivo, si concentra sul mezzo fotografico come
collegamento concettuale tra il vedere e l’essere coinvolti nei problemi della vita reale.
Il suo lavoro più recente riesce a fondere l’approccio rigoroso, ma anche ludico e dissacratorio, tipico
dell’avanguardia italiana degli anni Settanta, a una fervente capacità sperimentale e alla volontà di rendere
parte integrante del suo lavoro gli spazi e i luoghi in cui lavora, in linea con una certa tradizione di arte
concettuale e con le ultime tendenze.
Proprio da questa volontà di sperimentazione nasce il progetto espositivo di Palazzo dei Pio. La mostra si
pone infatti come un momento di indagine nell’ambito della percezione stessa del museo e della sua funzione
spazio-temporale.
La mostra presenta un’ampia serie di opere fotografiche inedite di Mario Cresci, frutto di un lavoro di ricerca
che nasce dal territorio, da Palazzo dei Pio e dalla città di Carpi. Continui rimandi fra l’architettura del palazzo
e gli oggetti che esso custodisce della cultura e della storia carpigiana, creano un gioco di forme, una
mappatura di geometrie e di segni, che pongono l’attenzione su aspetti culturali del territorio in cui l’artista
lavora.
Entrare nei luoghi di cultura significa per Cresci penetrare nei meccanismi storico-culturali che li circondano e
appropriarsene attraverso la restituzione di immagini e forme astratte che hanno comunque una stretta
corrispondenza con il reale.
L’allestimento della mostra ruota intorno alla loggia di primo ordine di Palazzo dei Pio articolandosi su due
livelli, quello dell’anello interno della loggia e il cortile esterno. L’artista parte dall’osservazione dell’architettura
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del palazzo per dare vita a tutta una serie di immagini fotografiche che sottolineano alcuni dettagli formali o di
luce, mettendone in evidenza le geometrie e creando un effetto di illusione nella percezione del visitatore.
L’ambiente genera le opere stesse e ne diventa parte integrante in una insolita sovrapposizione di piani
spaziali e temporali.
Le fotografie che riproducono giochi di luci e ombre si confondono con le pareti, i ritratti di oggetti artistici o
etnografici si scompongono fino a diventare irreali avvicinandosi più alla sfera dell’immaginario che a quella
della realtà.
Nella prima loggia cinque grandi fotografie ripercorrono in scala reale lo scorrere dinamico della luce che
“impressiona” la parete della loggia dall’oculo della corte interna. L’andamento crescente della forma luminosa
crea un gioco di luci quasi irreale, da ovale la forma diventa ellittica.
Nella seconda loggia altre cinque fotografie di grande formato giocano con la struttura delle finestre del
palazzo. La geometria degli infissi e le tende che si agitano al vento danno origine a una danza di forme in cui
lo spazio diventa protagonista principale.
Il ritmo della mostra diventa più tradizionale nella terza e quarta loggia, dove alcuni espositori accolgono una
serie di fotografie fino a formare due lunghe strisce. Il soggetto delle immagini è una sequenza scattata al
Centro ricerca etnografica di Palazzo dei Pio. Cresci, soffermandosi sul truciolo, tecnica di intreccio della
paglia nata a Carpi nel XV secolo - utilizzata in seguito anche per realizzare i cappelli delle mondine - è attirato
dalle sagome di legno su cui venivano costruiti i cappelli. Scomponendole ne ricava delle forme astratte, quasi
dadaiste, ritraendole dall’alto verso il basso sul fondo bianco.
Continuando nel percorso circolare della mostra, la forma si materializza anche nel cortile esterno alla loggia:
la figura disegnata sulla pavimentazione della corte è proprio un cerchio da cui partono quattro raggi che
servono da scolo per l’acqua piovana. Evidenziando quei segni Cresci riprende nuovamente il gioco di forme
ottenendo geometrie improbabili da forme reali.
Le ultime due fotografie si trovano nella Sala della Torre dell’orologio, in cui due grandi specchi sono
fotografati dal centro della stanza. I visitatori entrando vedono gli specchi veri presenti nella stanza e girandosi
di 180° la loro riproduzione fotografica subendo un completo disorientamento percettivo, nell’incessante gioco
di illusione.
La mostra è accompagnata da un prestigioso libro d’artista bilingue di circa 200 pagine, contenente tutte le
opere in mostra, un testo critico e vari approfondimenti del curatore della mostra Luca Panaro, critico d'arte e
docente di Fotografia all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. La pubblicazione è edita da APM Edizioni e
distribuita nei migliori bookshop.
CENNI BIOGRAFICI
Mario Cresci è nato a Chiavari nel 1942. Dal 1963 al 1966 studia design e fotografia al “Corso Superiore di Industrial
Design” di Venezia e presto si interessa di sperimentazione nell’ambito della grafica e dei diversi linguaggi visivi, in
un’ottica di analisi e interscambio delle varie forme espressive.
Nel 1966 entra nel gruppo di architettura e design “Il Politecnico”, con il quale avvia una ricerca etno-fotografica che si
svolgerà a Venezia e poi soprattutto in Basilicata, dove, dapprima a Tricarico, quindi a Matera, dal 1970 alla fine degli
anni Ottanta, Cresci lavorerà stabilmente, usando la fotografia come strumento di relazione concettuale tra lo sguardo e il
proprio personale coinvolgimento nella realtà e nelle problematiche dei luoghi in cui vive. Qui, accanto alle proprie
ricerche come fotografo, impegnato in una grande rilevazione ambientale e culturale che sfocerà nel libro Matera,
immagini e documenti (Matera, Meta, 1975), inizierà anche una importante attività come operatore culturale,
promuovendo iniziative attente soprattutto alle tematiche del territorio, che svilupperà poi nell’arco di tutta la sua carriera
artistica, partecipando a diverse mostre in Italia e all’estero, e realizzando numerose pubblicazioni.
Alla fine degli anni Sessanta inizia una stretta collaborazione con artisti quali Kounellis, Pascali, Mattiacci e, nel 1968, a
Roma, incontra i torinesi Paolini, Pistoletto, Boetti e collabora con Fabio Sargentini all’Attico, con Mara Coccia all’Arco
d’Alibert, oltre che con la rivista di arte contemporanea “Cartabianca”. Successivamente è a Parigi e poi a Milano dove,
nell’ambito del suo impegno tra politica e arte, realizza, alla Galleria Il Diaframma, uno dei primi environnement fotografici
in Europa.
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Dal 1974 partecipa a diverse edizioni della Biennale di Venezia e a molte esposizioni d’arte e di fotografia in Italia e
all’estero. Dal 1975 unisce all’attività di ricerca fotografica (condotta in particolare sui temi della memoria, l’identità,
l’architettura e il paesaggio), un’attività di sperimentazione didattica nelle scuole di design dell’Italia meridionale e in
ambito etnografico e antropologico.
Nel 1977 riceve il Premio Bolaffi per la Fotografia e nel 1984 collabora con Luigi Ghirri per la mostra “Viaggio in Italia” (cfr.
M. Cresci, Mettere al mondo il mondo, in R. Valtorta, a cura di, Racconti dal paesaggio. 1984-2004 A vent’anni da Viaggio
in Italia, Milano, Museo di Fotografia Contemporanea-Lupetti, 2004, pp. 188-194).
Nel 1989 si trasferisce a Milano e, per alcuni anni, insegna Comunicazione visiva e fotografia all’Istituto Europeo di
Design. Dal 1992 al 2000 dirige l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo e dal 1996 al 1999 il Festival di fotografia di
Savignano. Nel 1995 viene organizzata la prima rassegna della sua produzione artistica alle Stelline di Milano e nel 1998
cura per i “Rencontres de la photographie” di Arles una rassegna di giovani fotografi italiani. Insegna Storia della
fotografia presso l’Università di Parma (2000-2003), e nel corso di Design della Comunicazione al Politecnico di Milano,
Facoltà di Architettura (2003-2004). Attualmente insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, nei corsi di
specializzazione post-laurea e di “Teoria e metodo della fotografia”.
Tra le principali mostre a lui dedicate, si ricorda l’antologica “Le Case della fotografia: Mario Cresci 1966-2003” (alla GAM
di Torino, 2004), la recente “Sottotraccia. Bergamo. Immagini della città e del suo territorio” (Bergamo, Elleni Gallerie
d’arte, 2009) e le mostre di Bologna, Roma e Matera (2010-2011): “Attraverso l’arte”, Pinacoteca Nazionale di Bologna;
“Attraverso la traccia”, Istituto Nazionale per la Grafica di Roma; “Attraverso l’umano”, Museo Nazionale d’Arte Medievale
e Moderna della Basilicata, Matera.