Mario Negri – Scultore a Milano
Un omaggio al raffinato artista che fu interprete originale e significativo della rinascita culturale della città nel secondo dopoguerra.
Comunicato stampa
Il FAI –Fondo Ambiente Italiano presenta a Villa Necchi Campiglio, Bene della Fondazione nel capoluogo lombardo, la mostra “Mario Negri. Scultore a Milano”, omaggio al raffinato artista che fu interprete originale e significativo della rinascita culturale della città nel secondo dopoguerra. A cura di Luca P. Nicoletti, dal 23 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020.
L’esposizione, che riunisce un nucleo di 35 lavori in bronzo e gesso realizzati dal 1957 – anno del suo esordio con una personale alla storica Galleria Il Milione – al 1987, offre un’attenta ricostruzione filologica del percorso artistico di Mario Negri, proponendo una selezione di opere fondamentali alla comprensione della sua attività di scultore; un’occasione per rivivere la vitalità del clima culturale di Milano in quegli anni, animato da protagonisti come Alberto Giacometti, Giacomo Manzù, Ruggero Savinio, Enrico della Torre – figure che, nel loro rapporto con Negri, verranno approfondite da alcuni saggi contenuti nel catalogo di accompagnamento alla mostra edito da Skira.
Declinando i temi classici del nudo femminile e della figura in movimento, la ricerca artistica di Mario Negri ruota principalmente intorno alla figura umana rielaborata in inesauribili varianti formali. A ciò si aggiunge l’interesse e lo studio del “Monumento”, spesso realizzato su piccola scala, giocando con la sovrapposizione di volumi tra loro proporzionali. L’autore si muove così intorno a un’idea di sintesi plastica che riecheggia le avanguardie storiche, come il Cubismo, a cui Negri costantemente guarda.
Mario Negri (Tirano, 1916 - Milano, 1987), dopo aver conseguito gli studi classici e artistici e un avvio di studi di Architettura al Politecnico, fra 1935 e 1940 entra in contatto con gli artisti di “Corrente”. Chiamato alle armi nel 1940, dal 1943 al 1945 è prigioniero nei campi tedeschi in Polonia, dove stringe amicizia con altri deportati, fra cui Luigi Carluccio, Leone Pancaldi, Ettore Bonora, Roberto Rebora ed Enzo Paci. Anni drammatici ma decisivi per la sua attività di scultore: una volta rimpatriato infatti si dedicherà a intensi tirocini nelle botteghe artigiane milanesi. Dal 1950 fino al 1957 inoltre si dedicherà alla critica d’arte con articoli pubblicati periodicamente sulla rivista di architettura “Domus”, fondata da Gio Ponti nel 1928. Non mancano, nel frattempo, alcune commesse pubbliche, come nel 1967 il monumento per la piazza principale di Eindhoven, in Olanda, con la collaborazione dello stesso Gio Ponti.
L’esposizione delle opere si inserisce in maniera armonica nel ricco contesto della casa museo, coinvolgendo tutti gli ambienti della villa sin dal giardino e creando un autentico dialogo con l’architettura, gli arredi e le importanti collezioni custodite a Villa Necchi Campiglio; un rapporto fisico ed empatico con l’atmosfera domestica circostante che culmina nel sottotetto con uno speciale allestimento dedicato allo scultore.