Mario Zanaria – Bodies
In Bodies, l’utilizzo del corpo è solo un pretesto per svelare al mondo, il confine ultimo tra il reale e il percepito, tra ciò che si avverte e ciò a cui partecipiamo.
Comunicato stampa
Corpo è Contesto
Abitiamo il mondo. E a cascata uno spazio urbano, un isolato, uno stabile una porzione del quale è Casa nostra. E ancora, dentro questa, una stanza, una per volta, e poi gli abiti, e la pelle. Abitiamo il mondo, è vero. Lo facciamo abitandone altri, confinando il corpo nella dimensione di habitat dell’Essere nei fatti denudando quest’ultimo, isolando la sua appendice sensibile dal mondo a cui dovrebbe partecipare.
Ebbene, non c’è nulla di errato nelle convenzioni sociali. Nulla che debba essere modificato che l’uomo non decida di cambiare. Nulla di errato nel rossore che ci coglie tutti dinnanzi al corpo di uno sconosciuto, nella risveglio del corpo quando viene sorpreso dall’acqua, quando si ferisce, si ammala, deperisce. Come se fino ad allora avessimo vissuto solo cerebralmente, attraverso l’osservazione. Una rinuncia consapevole alla possibilità di esistere interi. Alle possibilità dell’essere.
In Bodies, l’utilizzo del corpo è solo un pretesto per svelare al mondo, il confine ultimo tra il reale e il percepito, tra ciò che si avverte e ciò a cui partecipiamo. Il corpo, per Mario Zanaria, non è un oggetto desiderabile ma il contesto in cui, l’imperfezione che ci rende umani, quel dato variabile che sta in profondità e che dall’interno orienta le nostre mutazioni, diventa perfetto nella sua dimensione formale.
Il corpo, dunque, trattato con la stessa modalità fotografico-industriale – cara alla moda e indispensabile all’editoria – rivela una dimensione poetica inattesa, attraverso un atto estetico capace di renderlo sublime di verità, spinto com’è verso l’atto sovversivo di far sconfinare l’Essere nel mondo.