Marisa Zattini – Agricoltura Celeste
Le misteriose Mandragore, realizzate dall’artista con interventi a china su lettere antiche, “raccolte” nel suggestivo spazio della Rocca Malatestiana (XIV sec.), ci condurranno nelle atmosfere magiche e simboliche del passato e allo stesso tempo ci apriranno nuovi orizzonti per esplorare i confini tra simbolo e segno.
Comunicato stampa
Venerdì 28 luglio, alle ore 20.30, presso la Rocca Malatestiana di Montefiore Conca si terrà l’inaugurazione della mostra “Agricoltura Celeste”, personale di Marisa Zattini, alla presenza del Sindaco Vallì Cipriani. Interverranno Gianfranco Lauretano, poeta-scrittore e il teorico dell'arte Giovanni Ciucci, autore della composizione sonora "Suolo Celeste" che accompagna l'evento espositivo.
Le misteriose Mandragore, realizzate dall'artista con interventi a china su lettere antiche, "raccolte" nel suggestivo spazio della Rocca Malatestiana (XIV sec.), ci condurranno nelle atmosfere magiche e simboliche del passato e allo stesso tempo ci apriranno nuovi orizzonti per esplorare i confini tra simbolo e segno. In controcanto, le trasposizioni a getto d’inchiostro su grandi lastre di alluminio lucidate a specchio riattualizzano, in piena modernità, le inconsuete tematiche affrontate dall’artista ricreando un silenzioso e visuale dialogo.
«Se il protagonista di Cuore di Tenebra guardava al mondo come ad un gheriglio di noce e si accontentava della superficie delle cose, come se tutto fosse disteso e comprensibile sopra una cartina geografica, le mandragore di Marisa Zattini propongono all’osservatore un altro viaggio. […] Dalla loro dimensione sotterranea riordinano le parole, anzi le ridimensionano, restituendo loro una funzione di essenzialità. Le lastre, nel loro essere il doppio dell’immagine, nel lasciare emergere dall’ombra le parole, svolgono un ruolo fondamentale: non sono le parole in sé ad essere fumose, ma le incrostazioni che le circondano. È come se le mandragore dicessero «ora che hai visto le vere parole, guarda la tua essenza. Tu sei questo» (Enrico Bertoni).