Marò – Intime rose
Questo sguardo ravvicinato che compie l’autrice sulla prima dei vegetali elimina quanto di spinoso il fiore possiede ma svelandone la natura intima e viscerale che viene svelata nell’atto procreativo, in una intimità senza pudore, in una sessualità esibita senza infingimenti rinnovandone l’archetipo.
Comunicato stampa
Una rosa(?)
Una rosa è una rosa e una rosa è una rosa, in questa tautologia che riconferma l’immutabile bellezza della regina dei fiori si nasconde pure velatamente l’impossibilità di qualsiasi trascendimento operabile sulla cosa stessa, come se in essa risiedesse il principio e il fine dell’atto estetico sublimato nella perentorietà dell’esserci. Ma a ben vedere ciò che appare chiaro all’occhio dello spettatore diventa fosco e plurisenso al vigile botanico.
Quando Goethe nel suo peregrinare in sud italia ricercava in essa le forme che mai avrebbe visto al rientro a Weimar il mondo vegetale e quello minerale , fino all’osso intermascellare come derivato dalle vertebre, si condensavano a formulare quell’idea del tutto primigenio che proprio nella pianta originaria trovava maggiore senso e compiutezza.
L’idea era semplice: è nella foglia che risiede la formula delle nascenti e differenti piante.
Nel roseto proposto da Marò D’Agostino le foglie che si assottigliano in petali nascondono il senso profondo della rosa. L’eddensarsi in prossimità del centro come in un gorgo profumato rivela la natura oscena e potente della creazione, qui vulva e petali si confondono in un crogiolo coloristico raggiungendo il nascente centro ove si concentrano non solo le spinte centripete ma anche quelle centrifughe come se in questo vorticare la rosa assomigliasse al cosmo.
L’occhio concentrato entro il punto focale si perde in ancestrali teogonie, i petali si addensano e si diradano come le arborescenze della cupola del san Lorenzo del Guarini, la rosa a tratti consuma la storia della botanica per trasferire la sua sapienza in quella architettonica, le geometrie sottese alludono ai rosoni medioevali mentre avanza una mistica intima e protettiva.
La rosa ha questo di vero non si lascia imbavagliare dalle interpretazioni, e pur moltiplicandone i sensi, traduce l’elementarietà del fiore in una filosofia complessa che squotendo l’atto interpretativo continua a reiterarne il senso primogenio.
Questo sguardo ravvicinato che compie l’autrice sulla prima dei vegetali elimina quanto di spinoso il fiore possiede ma svelandone la natura intima e viscerale che viene svelata nell’atto procreativo, in una intimità senza pudore, in una sessualità esibita senza infingimenti rinnovandone l’archetipo.
Una rosa è una rosa a patto che sia una rosa. (Marcello Sèstito)