L’attenzione di Marta per la pittura si inquadra fin da subito attorno al valore del colore, mediante il minimo accostamento di poche tonalità, che avvicinandosi, generano mobili energie visive, per costruire “intuizioni” di paesaggi e figure, attraverso sagome evanescenti che ne definiscono la spazialità e il loro posto nella composizione, a volte giocando con la semivisibilità del mimetismo. Nella sua pittura, meditativa, quasi rituale, le figure nascono da piccole differenze rispetto al fondo, e sono determinate dal movimento leggero delle pennellate e appunto dalla tonalità dei colori che varia pochissimo, tanto quanto basta per far comparire delle forme iconiche all’interno del movimento dato dal colore stesso. La sua procedura operativa non ha nulla di meccanicistico, ma sollecita invece una continuità legata ad una intuizione mentale e a sensazioni, che si orientano a creare lo spazio attraverso una tensione e una successione ritmica, quasi musicale, con una risonanza interiore che diventa visibile. Affronta così il “vuoto” della tela per abitarlo, istoriarlo, e rendere visibile quella risonanza, come un suono variato, che con ritmo sincopato costruisce l’immagine, piano piano, giorno dopo giorno, e con grande libertà d’invenzione contingente al fare.
Il lavoro è quindi lento e meditativo, ogni segno deve essere al posto giusto per far accadere la forma e affidarsi ad una “presenza” che è come una evanescenza. Sulla superficie del dipinto si riconoscono delle linee di contorno che mettono in moto la visione, la ricerca di dati, di rapporti tra cose, tra piani e figure che sollecitano la lettura del percorso visivo, una cosa dopo l’altra, piccole isolette contigue, come le pennellate, divise ma unite, in un esercizio quasi di abbandono ad un rituale dedicato al dipingere. Per Marta il colore fa accadere le cose e i corpi delle sue figure diafane e silenziose. Queste figure, appena accennate, abitano lo spazio gentilmente e sottovoce, in qualche modo richiamano anche la sua figura. I colori difficilmente splendono, irradiano una luce quasi innaturale, un mezzo di visibilità che ha qui una funzione raffigurata, che configura il dipinto, è una regia, è un “certo stato”, un “medium conformemente al quale qualche cosa viene veduto” (Tommaso d’Aquino). Sono colori lenti e leggeri.
“Mi piace vedere come lentamente i corpi femminili si perdono sempre di più nella trama e nel colore”.
La procedura del suo lavoro richiama l’operatività delle giornate dell’affresco, si intravedono difatti i periodi dedicate alle varie zone, “territori” che sottolineano la dimensione temporale del fare, isole di memorie della pittura, in cui gradi di intensità differenti registrano anche gli umori delle “sue” giornate, registrano nel gesto ripetuto la sua disposizione d’animo e fisica del momento, la pazienza del fare e il grado di concentrazione o di distrazione del momento.
“Ogni giorno dipingo un’area del quadro e le dimensioni di quest’area sono direttamente proporzionali al tempo che ho a disposizione”.
Si intravedono linee di confine che nascono naturalmente dagli accostamenti in successione, è la percezione viva che divide i piani tra interno e esterno, fuori e dentro, rappresentano lo scorrere degli allineamenti, il processo del fare trasporto nella dimensione temporale. Seguiamo con l’occhio le numerose infinite pennellate e i bordi delle forme, il gesto tranquillo e ordinato che le compone, il divenire del segno. Linee colorate giustapposte, che sedimentano il colore e il gesto ripetitivo della stesura, lieve ed etereo. Alcune forme si fanno figure, vivono uno spazio indefinito in cui a stento si individua una linea d’orizzonte, la differenza tra figura e sfondo che definisce e porta l’attenzione sul primo piano, sul qui e il là, è evanescente, non c’è quasi separazione tra interno ed esterno. Sono indagati i limiti della profondità, della prospettiva, che saltano e che diventano pure sensazioni e visioni inedite. È il movimento del segno che diventa una scrittura, ordinata da sinistra verso destra, la pittura si fa spazio nel tempo, sono onde in movimento che muovono la superficie, sollevandola visivamente in alcuni punti, abbassandola in altri, in un dialogo di livelli, di flussi e riflussi, un moto ondoso dialogante di colore. Quindi variazioni e declinazioni del vedere mutuabili, energie dedicate a colorare figure/ombre e lo spazio attorno, uno spazio simultaneo segnato dall’incedere dello sguardo. Marta, così, sembra disegnare colorando, senza dichiararlo apertamente, una sorta di autoritratto multiplo e silenzioso, mediato dal segno e dal colore.
Luca Scarabelli
Marta Baldo (1997) Tradate. Vive e lavora a Milano. Studi presso l’Accademia di Brera, Milano.
Mostre: Arum Pictum, Museo Tornielli, Ameno. Summer Storm, Progetto arte Elm, Milano. Mirabilis, Palazzo Meravigli, Milano. Sguardi/Blicke, Lorenzelli Arte, Milano e Frankfurter Westend Galerie, Frankfurt. Nel 2022 ha partecipato a “Landina”, evento itinerante dedicata alla pittura curato da Lorenza Boisi.
opening domenica 12 Maggio 2024 ore 17-20
|