Martha Rosler – An American in the 21st Century
. La mostra raccoglie tre lavori chiave dell’artista, tra video, fotomontaggio e scultura, in un dialogo che riflette il suo impegno persistente con la teoria (critica, politica), il criticismo, la parola scritta.
Comunicato stampa
Galleria Raffaella Cortese è lieta di annunciare la terza mostra personale di Martha Rosler, An American in the 21st Century, nei tre spazi della galleria. La mostra raccoglie tre lavori chiave dell’artista, tra video, fotomontaggio e scultura, in un dialogo che riflette il suo impegno persistente con la teoria (critica, politica), il criticismo, la parola scritta. Al centro della mostra è l’interesse per le più insidiose operazioni di autoritarismo, per la manifestazione di tendenze proto-fasciste e per le pratiche dell’attuale clima politico.
In via Stradella 7, l’installazione Reading Hannah Arendt (Politically, for an American in the 21st Century), concepita nel 2006, sottolinea la rilevanza degli scritti della filosofa politica sul totalitarismo, la censura e sulla cultura della paura. Arendt, una rifugiata dalla Germania nazista, fuggì negli Stati Uniti dove divenne un’intellettuale riconosciuta e dove continuò a scrivere e pubblicare sia in inglese sia in tedesco. Passaggi dagli scritti di Arendt sono stampati in inglese e nelle sue stesse versioni in tedesco su pannelli translucidi, appesi al soffitto, che invitano i visitatori a incontrare queste selezioni a distanza, in modo ravvicinato o osservandone le sovrapposizioni.
Molti degli estratti sono presi dal saggio di Arendt “Le Origini del Totalitarismo” (1951), insieme ad altri testi, e offrono una feroce analisi delle radici e dell’importazione storica di regimi totalitari del XX secolo. I testi selezionati da Rosler rilevano le caratteristiche salienti di queste tendenze politiche e si rivolgono a ogni “americano nel 21esimo secolo”. Il ruolo di cittadini ordinari, al contempo attori passivi e attivi di questi scenari globali, sono fondamentali per i temi politici di Arendt, così come lo sono per le riflessioni di Rosler su questi. Lungo i bordi inferiori dei pannelli Rosler include commenti su ogni selezione, traducendo Arendt nuovamente nella propria poetica, mentre si rivolge a – e letteralmente, attraverso – le sue parole in una riflessione sulla contemporaneità.
Proiettato in via Stradella 4, il lungometraggio A Simple Case for Torture, or How to Sleep at Night (1983) è un’accusa al supporto del governo nord-americano a regimi che praticano la tortura ed è una manipolazione sardonica del titolo di un agghiacciante articolo del filosofo americano Michael Levin del 1982, “The Case for Torture”. Pubblicato su Newsweek, il saggio argomenta sfacciatamente la necessità morale dell’uso della tortura in un mondo assediato da minacce terroristiche, facendo leva sul fatto che “ci sono situazioni in cui la tortura non è meramente permissibile, ma [è] moralmente obbligatoria”. L’articolo fu scritto in un momento in cui la tortura era largamente e vigorosamente riconosciuta come illegale e immorale, un segno irriducibile di barbarismo. Il video di Rosler segue la tesi di Levin attraverso le sue implicazioni totalitarie, citando resoconti su squadroni della morte in America Latina che mantennero il potere di governi autoritari con straordinaria brutalità.
L’opera prende atto di come il governo degli Stati Uniti abbia supportato apertamente simili governi e ne abbia assistiti segretamente degli altri, pur reclamando il supporto alla libertà e l’opposizione al terrorismo globale. Il film si concentra in particolare sulla stampa americana e sul suo ruolo di agente di disinformazione per conto dello stato e dei suoi obiettivi.
Tra i suoi strumenti, l’uso del linguaggio, la copertura selettiva e l’implicita legittimazione di un punto di vista che tenta di affermare una giustificazione per la tortura e la dominazione. Rosler accenna alle proprie considerazioni sulle implicazioni etiche della tortura in un incrocio impressionistico di segmenti visuali e audio, tratti da reportage radio, fumetti, articoli di quotidiani e riviste, pubblicità televisiva e servizi speciali. Questo tornado d’informazioni attraversa lo schermo a una velocità concitata – troppo rapido perché venga letto o assorbito, mentre sostituisce immagini di tortura corporea che non appaiono mai, se non nelle parole e negli scenari storici. Occasionalmente, questo assalto di dati è interrotto da vedute del profilo di Manhattan e dei suoi ponti, oppure da scorci di Rosler stessa: in uno specchio, in una macchina parcheggiata, di fronte a pile di libri su temi politici o mentre maneggia giocattoli da scenari di guerra. Attraverso la giustapposizione di reportage, slogan sovraimposti, immagini pubblicitarie, ritagli di giornali e copioni letti da persone ordinarie, insieme ad estratti di filosofi come Foucault e Adorno (le parole di quest’ultimo si sostituiscono a quelle pronunciate da un giornalista televisivo), Rosler offre una riflessione sulla parola scritta, sui suoi scrittori e lettori, i quali devono trovare la propria via attraverso le sfaccettate narrative del potere e dell’autorità dello stato.
La serie di fotomontaggi Off the Shelf (2008, 2018) riporta via Stradella 1 alle sue origini di libreria milanese. Iniziata nel 2008, ed espansa dieci anni dopo, la serie include una selezione di copertine e dorsi di libro scansionati che ricoprono una diversità di categorie, come War and Empire (2008) o Art, Education, Activism (2018). Per creare questi fotomontaggi digitali, Rosler organizza tematicamente i volumi che provengono dalla sua biblioteca che ne contiene 9000, permettendo sottili dialoghi visuali e verbali che emergono attraverso la giustapposizione e la ripetizione. Gli sfondi, dei gradienti di colori senza prospettiva – un comune espediente del design digitale – ci ricordano che libri e testi circolano sempre di più in forma digitale, una manifestazione tecnologica delle modalità in cui, da sempre, trascendono la propria esistenza materica di oggetti. Questi lavori non sono “reading list”, ma punti d’ingresso in certe aree d’interesse e preoccupazione. Oggetti, sia reali sia digitali, fungono da commentari e indici che servono una fondamentale funzione, l’educazione, ordinando la complessità del mondo e del modo in cui lo concepiamo.
Martha Rosler è nata a Brooklyn, New York nel 1943. Vive e lavora a Brooklyn.
Rosler lavora con video, fotografia, testo, installazione e performance. Nel corso di decenni che segnano in modo significativo la storia politica, ogni capitolo dell’opera di Rosler offre un punto di vista sull’intreccio di argomenti che esplora fin dai primi anni ‘70. Il clima della sicurezza nazionale, i mass media, la disinformazione, l’istruzione, la propaganda, la democrazia e il totalitarismo in tutte le sue forme: l’approccio alla ricerca sulla sfera pubblica di Rosler pone l’attenzione ai problemi della vita quotidiana, attraversando i media, l’architettura e l’ambiente costruito, soprattutto nel modo in cui incidono sulle donne.
Nel 2004 e nel 2008, in opposizione alle guerre in Afghanistan e in Iraq, ha ristabilito la sua ormai famosa serie di fotomontaggi House Beautiful: Bringing the War Home, concepita in risposta alla guerra in Vietnam alla fine degli anni ‘60. Ha pubblicato anche diversi libri di fotografia, testi e commenti sugli spazi pubblici, dagli aeroporti e dalle strade alle abitazioni e alla gentrificazione; i suoi testi sono ampiamente pubblicati in pubblicazioni come Artforum, e-flux journal e Texte zur Kunst.
Ha conseguito il BA al Brooklyn College della City University di New York e il suo MFA all’Università della California, San Diego. Ha avuto mostre personali in varie istituzioni internazionali e negli Stati Uniti, tra cui il Jewish Museum, New York (2018); il Kunstmuseum Basel, Basel (2018) [con Hito Steyerl]; MACBA, Barcellona (2017); il Seattle Museum of Art, Seattle (2016); il Museum of Modern Art, New York (2012); Il Centro José Guerrero, Granada, Spagna (2009-10); il Centre Pompidou, Parigi (2007); il Museum of Modern Art, Oxford (1990); e la Dia Art Foundation, New York (1989). È stata inclusa in numerose mostre collettive presso istituzioni come il Whitney Museum of American Art, New York (2018, 2016, 2015); il National Museum of Women in the Arts, Washington, DC (2018); la Monnaie de Paris, Parigi (2017); il mumok, Vienna (2017); il Brooklyn Museum, New York (2015); il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid, Spagna (2013); il LA Museum of Contemporary Art, Los Angeles (2011) e il New Museum of Contemporary Art, New York (2008). Rosler ha inoltre pubblicato 17 libri di fotografia, arte e scrittura, in diverse lingue. Nel 2010 ha ricevuto il Guggenheim Museum Lifetime Achievement Award.