Martina Fontana – La natura della difesa
Il progetto espositivo, a cura di Giuseppina Di Gangi (direttrice di Palazzo Besta) e Giovanna Brambilla (storica dell’arte e responsabile progetti territoriali), intreccia gli esiti della ricerca dell’artista ai temi dei cicli affrescati nel palazzo. Le opere, allestite in stringente dialogo con i dipinti, raccontano nuove ibridazioni, nelle quali la natura si presta a proteggere la fragilità umana.
Comunicato stampa
Mostra organizzata da Direzione regionale Musei Lombardia, direttore Emanuela Daffra
Progetto a cura di Giuseppina Di Gangi e Giovanna Brambilla
Martina Fontana, con “La natura della difesa” in mostra a Palazzo Besta a Teglio, in Valtellina, dall’8 marzo al 18 maggio 2024. La mostra, “site specific”, è organizzata dalla Direzione regionale Musei Lombardia del Ministero della Cultura ed è curata dalla direttrice dello stesso museo, Giuseppina Di Gangi, insieme a Giovanna Brambilla, storica dell’arte e responsabile progetti territoriali
“Un palazzo che nasce come luogo di protezione e difesa, teatro di conflitti ma anche ricca corte abitata da donne colte e illuminate, trova inevitabili affinità con il lavoro di Martina Fontana e la sua ricerca artistica, che avvicina il corpo umano – soprattutto femminile – agli elementi della natura. Opere che rappresentano nuove metamorfosi, quasi un’eco del testo di Ovidio raffigurato in uno dei cicli affrescati nel palazzo” evidenzia Emanuela Daffra, direttore dei musei statali della Lombardia.
“La storia di Palazzo Besta è, anche, una storia di donne. Una presenza femminile, quella delle committenti e delle protagoniste delle raffigurazioni, che si intreccia con il tema del coraggio, dell’amore e del conflitto. È in questo arazzo di storie che va a inserirsi, come un ricamo che evidenzia le scene dipinte del palazzo, il lavoro di Martina Fontana, che della guerra, dell’identità femminile e della natura ha fatto gli elementi fondanti della propria poetica” sottolinea la curatrice Giuseppina Di Gangi.
Martina Fontana (1984), che vive e lavora a Prato, nella sua ricerca artistica si concentra sull’esplorazione della materia, traendo ispirazione dalla natura e dalla sua fenomenologia. Il suo lavoro si muove tra tecniche e materiali di origine naturale, con un approccio improntato all’indagine e alla sperimentazione, che si confronta con l’ambiente circostante ed entra in relazione con gli spazi e con i visitatori. Da questo approccio nasce la mostra di Palazzo Besta, che si pone in un dialogo serrato con il Palazzo, i suoi cicli pittorici ed il contesto naturale circostante: alcuni dei lavori in mostra, progettati e pensati proprio per la dimora tellina, sono stati creati dall’artista sulla base di calchi da lei tratti da alberi del territorio.
L’interazione tra le opere di Martina Fontana e il palazzo si articolerà su tre stanze: la Sala di Ariosto, la Sala Settecentesca e la Sala delle Metamorfosi. In questi tre spazi è previsto l’allestimento di alcune sculture che intendono restituire forme di evoluzione e percezione corporea dove il femmineo diventa il paradigma in cui lo spettatore attento potrà cogliere, tra i dettagli e le suggestioni proposte, alcuni aspetti della propria personalità.
I lavori esposti fanno parte della serie Dispositivi di Protezione Individuale (2019-2023), in resina epossidica, cera, pelle, cinghie.
Il nucleo di opere si presenta come un’armeria medievale: una serie di busti e armature che lo spettatore decodifica come elementi della natura di forma antropomorfa. Strumenti di difesa proposti come specchio su cui individuare il ricordo delle proprie cicatrici, armature che si mostrano nella loro concreta brutalità di strumenti di costrizione esibite come trofei.
“Ciascuna di esse è frutto di una lenta campionatura dei segni di recisione e accrescimento di tante tipologie di piante: alcune più nette, altre più cicatrizzate, come tante ferite che si accostano e si sovrappongono. Attraverso un processo di simbiosi e di contatto con il corpo, questi elementi diventano esoscheletri da indossare. Le ferite aperte, rimarginate o cicatrizzate raccontano il passaggio del tempo: mostrano senza pudore la vulnerabilità di chi le veste, dando testimonianza della forza acquisita in questa stratificazione fisica e interiore di esperienze vissute”, afferma l’artista.
Attraverso questi lavori lo spettatore è invitato a leggere sulla propria pelle e quella altrui un vissuto comune, come se fossero uno specchio universale.
“Il lavoro dell’artista guarda alla natura e ai suoi fenomeni e sollecita uno scambio che evoca tutte le donne presenti nell’immaginario dell’epoca, dai miti di Ovidio agli exempla virtutis dell’antichità, sino alle protagoniste dell’Orlando Furioso, così come le donne reali e tenaci vissute nel Palazzo. Allo stesso modo quel paesaggio che, ininterrotto, ospita le vicende ariostesche, prende forma nel legame stretto tra le opere e il territorio tellino” ribadisce Giovanna Brambilla.
Alla mostra si affianca un programma di attività, incontri e laboratori realizzato con la collaborazione di associazioni e imprese del territorio.