Maryam Jafri – Welcome to My Age of Anxiety
La mostra indaga le ‘soft technologies of power’ che si nascondono dietro la cosidetta ‘cura di se stessi’ e al loro apparato disciplinare costituito da quello che la Jafri chiama un complesso sistema di tipo militare, industriale del benessere.
Comunicato stampa
Laveronica Arte Contemporanea è lieta di presentare “Welcome to My Age of Anxiety”, la prima personale in Italia di Maryam Jafri. La mostra indaga le ‘soft technologies of power’ che si nascondono dietro la cosidetta ‘cura di se stessi’ e al loro apparato disciplinare costituito da quello che la Jafri chiama un complesso sitema di tipo militare, industriale del benessere.
All’ingresso della mostra Jafri riprende una sua opera del 2009, Nogales, in risposta al clima politico che si respira attualmente negli Stati Uniti. L’opera abbina l’immagine proiettata da una lightbox della città di Nogales, famosa per il muro che la divide lungo il confine tra USA e Messico, a una registrazione editata del famoso discorso di Ronald Reagan presso il Muro di Berlino. L’artista ha tolto alcuni nomi – Berlino, Europa, Gorbacëv – ma ha lasciato intatto il resto della registrazione.
Al centro della mostra ci sono due sculture recenti, American Buddhist (2016) e Meditation Square (2016). Simili ad altari da meditazione, le due sculture esplorano l’uso della meditazione nell’ambito dell’addestramento dei soldati dell’esercito americano. A differenza di quella che è la tradizionale visione dell’addestramento – immortalata nell’ormai classico Full Metal Jacket di Kubrick, nel quale i soldati americani si preparano al combattimento sotto la guida di un addestratore sadico – queste nuove tecniche adottano un approccio più olistico. American Buddhist mostra il video di una seduta di meditazione cui partecipano i soldati in una base americana in Iraq. Il video è di pubblico dominio ed è stato pubblicato in rete dall’esercito americano. Attorno e sotto allo schermo piatto ci sono diversi Buddha di pelouche (giocattoli per bambini), ghirlande di finti fiori d’arancio e un testo incorniciato. La seconda scultura, Meditation Square, mostra una replica di 60 cm in bronzo della statua di Saddam Hussein su Piazza Firdos, che venne abbattuta nell’aprile del 2003 durante la guerra. Attorno al collo della statuetta sono avvolti dei mālā (rosari da preghiera buddhisti) in legno, un’allusione sia alle corde con le quali la statua venne abbattuta e che tutti i notiziari hanno mostrato, sia all’impiccagione di Saddam. Sotto alla statua, sui due livelli inferiori dell’altare, ci sono otto fotografie incorniciate tratte da diversi siti web dell’esercito americano, che mostrano immagini di soldati in meditazione, spesso con gli occhi chiusi e nella posizione del loro, oltre che una foto di gruppo di soldati che riposano nella posizione del Cadavere, un nome assai evocativo. Meditation Square incarna alla lettera la promessa della supremazia della mente sulla materia, portandola alla sua assurda ma logica conclusione: i soldati distruggono la statua di bronzo con il potere del cervello, adeguatamente ottimizzato e alimentato dalla meditazione.
In mostra anche la serie fotografica dal titolo School/Hospital/Prisons (2012), incentrata sulle stanze tematiche di “scuola”, “ospedale” e “carcere” nei giochi di ruolo sadomaso. Le stanze fungono da terreno di addestramento in cui la disciplina istituzionale è fusa con la fantasia personale, e viene interiorizzata e nuovamente agita sul piano psicologico.
A completamento della sala principale della mostra c’è una nuova serie di sculture dal titolo Self-care (2017), incentrata sull’uso delle medicine alternative, come l’agopuntura, la coppettazione e lo yoga. Un piede di silicone sul quale sono conficcati aghi da agopuntura, un porta-rotolo per carta igienica con un tappetino da yoga ritagliato e un Buddha musulmano in preghiera tra ritagli di giornale sono alcune delle opere di quest’ultima serie.
Infine, nella grotta, Jafri presenta il suo film Avalon (2011). Nel 2001, in un paese asiatico che non viene mai nominato, un uomo – F.R. – riceve 700 dollari da suo padre, che lo esorta a combinare qualcosa nella vita. F.R. fonda allora una società clandestina multimilionaria che esporta segretamente abbigliamento fetish in Occidente. La fabbrica impiega per lo più manovalanza di genere femminile e le operaie sono convinte di cucire giubbotti antiproiettile per i militari americani, camicie di forza per i pazienti psichiatrici e imbragature per gli animali da circo. Avalon combina le riprese documentaristiche della fabbrica con scene girate ad arte in cui si vede un cliente di una stanza sadomaso che si sottopone a un gioco di ruolo volto a fornire un’intensa esperienza psicologica. Avalon prende la storia di F.R. come punto di partenza per una complessa meditazione sui legami tra affettività, lavoro e beni di consumo nelle condizioni globali contemporanee. Giustapponendo il mondo dello spettacolo al il mondo della fabbrica, e la performatività alla produzione, il film mette alla prova le forme diverse ma concatenate che oggi assume il lavoro, dalla produzione di beni a quella di soggettività.
Welcome to My Age of Anxiety
Laveronica Arte Contemporanea is pleased to present “Welcome to My Age of Anxiety”, the first solo exhibition in Italy by Maryam Jafri. The exhibition investigates soft technologies of power invoking self-care at the heart of their disciplinary apparatus, forming what Jafri calls a global Military-Industrial- Wellness complex.
First however, at the entrance Jafri reprises her 2009 work Nogales, in response to the current political climate in the United States. Nogales pairs a lightbox image of the walled town of Nogales, divided along the US/Mexican border with an edited audio recording of Ronald Reagan's famous speech at the Berlin Wall. " Jafri has edited out specific names - Berlin, Europe, Mr. Gorbachev --but kept the rest of the audio recording intact.
At the heart of the exhibition are two recent sculptures, American Buddhist (2016) and Meditation Square (2016). Resembling meditation altars, the two sculptures explore the use of meditation as a soldier training device by the US Army. Unlike the traditional view of basic training, immortalized most notably by Kubrick’s film Full Metal Jacket in which American soldiers prepare for combat under the training of a sadistic taskmaster, these new techniques deploy a more holistic approach. American Buddhist displays a video of a soldier meditation session on a US Army base in Iraq. The video is a public domain video sourced directly from the US Army. Around and below the flat panel monitor are several plush toys of stuffed Buddhas meant for children, garlands of fake orange flowers and a framed text panel. The second sculpture, Meditation Square features a 60 cm bronze replica of the Saddam Hussein statue in Firdos Square being toppled in April 2003 during the Iraq war. Necklaces of wooden prayer beads are draped around the statuette´s neck, an allusion to both the ropes seen in the news photographs and to Saddam’s execution by hanging. Below the statue, on the two lower levels of the altar, are eight framed photographs sourced from various US Army websites, showing images of soldiers meditating, often with eyes closed and in lotus position as well as one group photograph of soldiers reposing in the aptly named Corpse pose. Meditation Square literalizes the promise of mind over matter, taking it to its absurd but logical conclusion – the soldiers appear to be destroying the bronze statue with the powers of their own optimized, meditation-fueled brains.
Also on view is the photo series School/Hospital/Prisons (2012), focusing on School, Hospital and Prison theme rooms for S/M role-play. The rooms function as a training ground where institutional discipline is fused with personal fantasy, psychologically internalized and reenacted.
Rounding out the exhibition in the main space is a new series of sculptures called Self-care (2017) on the use of alternative healing systems such as acupuncture, cupping, and yoga. Silicone feet pierced with acupuncture needles, a toilet paper holder with a cut up yoga mat and a Muslim Buddha praying among newspaper detritus are some of the works in this latest series.
Finally, in the cave (or whatever u call that space) Jafri presents her film Avalon (2011). In 2001, in an unnamed Asian country, a man known as F.R., was given $700 USD by his father and told to make something of himself. F. R. founded a multi-million dollar clandestine company that secretly exports fetish wear to the West. The dozens of mostly female workers believe themselves to be sewing body bags for the US military, jackets for psychiatric patients and props for circus animals. Avalon combines documentary footage from the factory with staged scenes of a client at a S/M dungeon undergoing a role-play session purporting to provide intense psychological experiences. Avalon takes the story of F.R. as the point of departure for a complex meditation on the links between affect, labor and commodity under contemporary global conditions. Juxtaposing the world of the stage with the world of the factory, and performativity with production, the film probes the different but interlocking forms that work takes today, from the production of goods to the production of subjectivity.