Informazioni Evento

Luogo
EX STUDIO PIERO MANZONI - STUDIO ZECCHILLO
via Fiori Chiari, 16, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
04/01/2019
Artisti
Marzia Belloli
Curatori
Giulia Kimberly Colombo
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra personale

Comunicato stampa

STUDIO ZECCHILLO di Graziano Zecchillo
Ex Studio Piero Manzoni
Via Fiori Chiari 16 – Milano

ospita

M I N I A T U R E
Mostra personale di Marzia Belloli

A cura di
Giulia Kimberly Colombo

***

Venerdì, 4 gennaio 2019, ore 16.00 – 18.00
Aperta al pubblico fino al 10 gennaio 2019

Marzia Belloli torna a esporre a Milano dopo l’ultima mostra “Luci e ombre al femminile” inaugurata lo scorso giugno 2018 alla Libreria Popolare di Via Tadino.
Ad inaugurare la stagione espositiva del nuovo anno, lo Studio Zecchillo - Ex Studio di Piero Manzoni ospita infatti “Miniature” aperta dal 4 al 10 gennaio 2019. Il progetto, affiancato da un testo di Giulia Kimberly Colombo, si concentra, come chiarisce il titolo, sulla serie Miniature, che Marzia Belloli porta avanti da decenni e che rappresenta una parte affascinante del suo consistente e variegato corpus di opere.

Le mie montagne nel palmo di una mano.
Miniature di Marzia Belloli.
Di Giulia Kimberly Colombo

Un orizzonte solcato da lievissime e mutevoli velature di colore; impercettibili variazioni di tono che suggeriscono l’atmosfera umida di un bosco autunnale; nessun confine netto tra terra e cielo, ma la sensazione di un passaggio armonioso della materia, dalla concreta evidenza di piante e suolo all’aria nebbiosa, segnata da nubi e vapori; pochi alberi e, soprattutto, nessuna strada, nessuna casa: le Miniature di Marzia Belloli racchiudono nello spazio solo apparentemente costretto e sacrificato del piccolo formato l’ampiezza di sconfinate vedute di una natura non raggiunta dalla mano dell’uomo.
Nelle Miniature troviamo le stesse montagne dal morbido profilo e i boschi fitti della Valcuvia, dove l’artista vive al riparo dai ritmi nevrotici imposti da contesti più urbanizzati. È la selva, ambiente maestoso quanto impervio, il luogo d’elezione e il soggetto prediletto di Marzia Belloli.
In queste opere, piccole solo nel formato, ampissime nel respiro spaziale, leggiamo innanzitutto di un’adesione convinta, piena, sentita, a una dimensione naturale che appare come il diretto interlocutore di chi si sente parte integrante di un tutto vitale.
Quella espressa nelle Miniature è una natura autunnale e sopita: respira silenziosamente come chi dorme, in vista del futuro risveglio, ma non è meno splendida che nelle altre stagioni.
È una natura non esaltata nell’esuberanza cromatica del verde - che l’artista stessa definisce un colore impegnativo e affrontabile solo in precise fasi del suo lavoro - quanto piuttosto nelle infinite variazioni degli ocra, dei bruni e dei grigi, che sfumandosi morbidamente l’uno nell’altro donano a queste immagini un’atmosfera sospesa e vagamente malinconica. Esse comunicano il senso di un’attesa rigenerante, di un trapasso, di un passaggio in cui la vitalità estiva si smorza e che rappresenta la chiusura di un ciclo prima dell’inizio di uno nuovo.
La peculiarità del supporto, una carta patinata da imballaggio scelta da Belloli in virtù della sua particolarità di assorbire solo parzialmente l’inchiostro, offre raffinati effetti coloristici e trova nella china il medium ideale per esprimere quel senso della natura che così intimamente informa l’interiorità dell’artista.
In pochi centimetri di carta - dai 7, ai massimo 20 di lato - l’artista lavora, infatti, attraverso sottili strati di china, dando corpo a minuscole composizioni di dune, di alberi e di nubi da scoprire in un ravvicinato e coinvolgente vis-à-vis.
Tuttavia, non è solo l’esigua dimensione delle opere a valere loro il nome di Miniature. Storicamente le miniature, pur essendo caratterizzate dalla meticolosità dell’ornamento, potevano occupare l’intera pagina di un manoscritto e non essere, perciò, necessariamente piccole. Ciononostante, a fronte di una superficie contenuta, ciò che non era mai sacrificata era la concentrazione di informazioni che le rendeva in tutto e per tutto dei simulacri in scala del reale.
La stessa ricchezza di particolari, dalle sfumature che scandiscono i piani del paesaggio, alla grana della carta, qualifica le chine come composizioni ridotte ma straordinariamente complesse. Come in un’antica miniatura, anche in queste chine risiede un carattere di preziosità e di scrupolosa finezza, ma ciò che in modo ancor più evidente in esse si manifesta è l’inequivocabile ricerca di intimità e raccoglimento, e una forma di riservatezza enfatizzata appunto dalle esigue misure.
Una forma di ritrosia a cui si contrappone l’implicito richiamo ad avvicinarsi che le stesse rivolgono allo spettatore.
Da queste piccole opere emerge fortissimo il desiderio di farne un luogo speculare alla propria anima. La realtà naturale che Belloli ha negli occhi dall’infanzia e di cui oggi è abitante è elevata a manifestazione quintessenziale di un personale modo di essere e di “sentire”, e attraverso un procedimento di vertiginosa riduzione, sta tutta nel palmo di una mano. Non per dominarla, ma per custodirla.

“Miniature” di Marzia Belloli. A cura di Giulia K. Colombo