Massimo Allegro – Les Dogon
Massimo Allegro, fotografo milanese di 46 anni, presenta “Les Dogon”: 60 scatti di vita quotidiana del misterioso popolo di contadini-guerrieri, che dal XIV secolo vive in Mali, ai piedi della falesia di Bandiagara.
Comunicato stampa
Massimo Allegro, fotografo milanese di 46 anni, presenta “Les Dogon”: 60 scatti di vita quotidiana del misterioso popolo di contadini-guerrieri, che dal XIV secolo vive in Mali, ai piedi della falesia di Bandiagara. La falesia è una depressione rocciosa di circa 300 metri che taglia l’Africa Occidentale per una lunghezza di circa 100 km. A poca distanza l’uno dall’altro sono situati i villaggi dove vivono ancora oggi circa 300.000 individui.
Le immagini sono accompagnate da alcune “perle di saggezza Dogon“ estratte dal libro “Dio d’acqua”, scritto dall’etnologo francese Marcel Griaule.
Il percorso fotografico raccoglie immagini d’insieme e di dettaglio: la terra Dogon, la vita quotidiana, le tradizioni, il tutto nel rispetto dell’estrema riservatezza di questo popolo.
Un’economia di sussistenza basata su allevamento e agricoltura; una forte simbologia presente in ogni attività svolta, che si ricollega alla mitologia della creazione dell’universo; una profonda conoscenza della cosmologia; queste sono solo alcune delle caratteristiche che più colpiscono del popolo Dogon.
Le conoscenze cosmologiche pongono poi questo popolo a livello di altri e più famosi popoli dell’antichità come Greci o Egiziani.
Molte sono le sorprese per il fotografo, in un luogo a pochi km dalla cosiddetta “civiltà”. Un vero e proprio salto indietro nel tempo. La giornata Dogon scorre all’insegna del lavoro. L’agricoltura è occupazione sia maschile che femminile.
I contadini coltivano piccoli campi e orti strappati alla roccia e alla siccità. Nessuna macchina in loro aiuto; la mattina presto, lontano dalle ore torride della giornata, uomini e donne sono chini a zappare la loro terra oppure si recano al pozzo a riempire le loro calabas per innaffiare gli ortaggi.
Gli uomini si occupano anche di caccia, pesca, pastorizia e tessitura (arte sacra riservata a pochi eletti), le donne seguono le faccende domestiche, cucinano, si occupano dei figli, lavorano la digitaria (cereale sacro, base dell’alimentazione).
Niente corrente elettrica e niente orologi; il fuoco illumina le case di fango mentre la giornata inizia con la luce dell’alba e termina al buio del tramonto. I giorni di mercato (uno ogni cinque) scandiscono il susseguirsi delle settimane. Il mercato è anche luogo di incontro per gli individui delle diverse famiglie sparsi nei diversi villaggi della falesia.
I testi in mostra sono estratti dal libro “Dio d’acqua”, scritto dall’etnologo francese Marcel Griaule nella prima metà del XX secolo. Griaule ebbe accesso alla più alta conoscenza Dogon grazie ai dialoghi avuti con il saggio cieco Ogotemmeli che, in un periodo di circa un mese, gli trasmise la concezione del creato, della vita, del Divino della genesi del proprio popolo. Il libro nasce con il fine di preservare la memoria e la cultura Dogon, affinché questa non si perda per effetto dell’emigrazione e della standardizzazione culturale.