Massimo Melchiorri / Alessandro Gozzuti
Siamo tutti in negativo / MonDistorti. Melchiorri indaga la pittura con gli strumenti tecnologici del contemporaneo. Gozzuti si interessa alle visioni alterate offerte dalle tante superfici riflettenti.
Comunicato stampa
Alessandro Gozzuti
MonDistorti
Da sempre la cornice, contenitore destinato a conferire con la sua preziosità dignità all’opera, circoscrive una produzione artistica svincolandola dalla realtà circostante. Tale va considerata la rilegatura per il libro, la sala per il concerto, il teatro per lo spettacolo. Analogamente anche le opere pittoriche, votate per secoli a celebrare papi, regnanti ed uomini di potere, mai avrebbero potuto prescindere dalla ricchezza di una cornice. Funzione questa originariamente tesa ad esaltarne il contenuto e, successivamente, a rimarcarne il valore economico. Non più condizionata da una committenza, l’arte visiva degli ultimi decenni rifugge da qual si voglia costrizione e la cornice per il quadro è vissuta quale elemento estraneo da cui prendere le distanze. Da questa condizione del nuovo millennio si distacca Alessandro Gozzuti, artista il quale da vita ai suoi mondi distorti proprio nell’area circoscritta dalle speciali cornici di cui si avvale Si tratta in questo caso di cornici/oggetto, generatrici esse stesse delle distorsioni che l’artista ci propone, e quindi parte integrante di opere che, travalicata la dimensione pittorica, guadagnano un posto nel mondo delle cose. Con queste pitture/scultoree Gozzuti pone attenzione alle visioni alterate offerte dalle tante superfici riflettenti nelle quali quotidianamente ci imbattiamo.
I retrovisori delle auto, gli specchi parabolici agli angoli delle strade, gli oblò delle navi sono per lui lo spunto per una ricerca pittorica che, da punti di osservazione non convenzionali, produce rappresentazioni insolite di un mondo nel quale ci riconosciamo a fatica. In altri lavori, nei quali sono le cornici prodotte dall’artista a conformarsi agli andamenti di strade e paesaggi, sono numerosi, fatte le debite distanze, i possibili rimandi a momenti alti dell’arte espressi da certe opere futuriste o dagli “orologi molli” di Dalì. Un mondo di distorsioni totali quello di Gozzuti che, al di là di ogni considerazione sulla indiscussa capacità realizzativa, ci appare metafora di quella realtà altrettanto distorta che ogni giorno è nelle rappresentazioni di pagine di giornali e schermate televisive e nella quale non ci riconosciamo più. Giuseppe Salerno
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Massimo Melchiorri
Siamo tutti in negativo
a cura di Giuseppe Salerno
Si sconsiglia la visione al pubblico non dotato di smart-phone
Tanto che abbia voluto riprodurre il mondo reale, tanto che abbia inteso comunicare pensieri ed emozioni, l’uomo nei secoli si è avvalso degli strumenti che il tempo metteva a sua disposizione.
In ragione di ciò, all’arte, manifestazione alta del comunicare, va riconosciuta, in quanto a modalità espressive e contenuti, la migliore rappresentanza d’ogni tempo e luogo.
Le attenzioni, le conoscenze e le disponibilità, ambiti che circoscrivono culturalmente le società, sono costrizioni per l’artista la cui produzione sempre è stata, e a maggior ragione oggi, il luogo dell’irrisolvibile conflitto tra il confine ed il suo superamento.
Un’arte, in particolar modo quella dell’ultimo secolo, che non si fa scrupolo, alla ricerca di orizzonti più vasti, di stravolgere la tecnica né tantomeno di stressare la materia.
Impadronendosi degli strumenti del contemporaneo l’artista conduce su di essi e con essi indagini generatrici di messaggi in grado di sorprendere collettività disattente e posizionate sempre almeno un passo indietro.
Specchio “anticipatorio” del mondo, la storia dell’arte è una storia dell’umanità coralmente raccontata, nel mentre che accade, da sensibilità speciali a null’altro finalizzate se non ad un insopprimibile bisogno di dare lettura critica al tempo.
E così, per il tramite degli strumenti di cui si appropria, l’arte è la prima a parlarci di una società in trasformazione a ragione delle tecnologie che essa stessa genera.
Prese di possesso, quelle dell’artista, che danno luogo ad utilizzi disinvolti e talvolta spregiudicati, capaci di offrire “visioni contemporanee” ad un sentire straordinariamente parallelo nello spirito a quello dello scienziato che dei nuovi strumenti è artefice.
In questo divenire da oltre un secolo il concetto di arte ha dimenticato la centralità della componente tecnica per dare crescente copertura all’aspetto immateriale, al libero vagare del pensiero, e porre attenzione alla significanza dell’opera in rapporto al tempo e al luogo.
Massimo Melchiorri, rappresentante esemplare del nostro tempo, si rivolge con questi suoi lavori ad una società in simbiosi con l’iPhone.
Ribaltando quanto abbiamo sostenuto faccia normalmente l’arte, Melchiorri non si appropria del nuovo mezzo ma si pone dalla parte di quel pubblico la cui visione d’ogni cosa sembra dover essere sempre più mediata proprio da quello strumento.
Produce pertanto immagini pittoriche al negativo preoccupato di offrire visioni che, questa volta attraverso un uso “intelligente” del mezzo, riconducano inequivocabilmente l’osservatore a quella realtà con la quale si va sempre più perdendo il rapporto diretto.
Attraverso l’uso del telefonino le immagini pittoriche riconquistano i colori della realtà e, come per magia, noi spettatori siamo tutti in negativo.
Giuseppe Salerno