Massimo Palumbo – Utopia
Lo spazio espositivo dell’università degli Studi del Molise presenta un doppio appuntamento con l’arte contemporanea: la mostra UTOPIA, personale di Massimo Palumbo artista visivo e architetto attivo tra Latina e il Molise, ideatore del grande progetto MAACK-Kalenarte, il Museo a cielo aperto di arte contemporanea di Casacalenda (Cb), e la presentazione del catalogo e proiezione del video documentario del progetto di residenza per artisti del progetto Vis à Vis – Fuoriluogo 17.
Comunicato stampa
Massimo Palumbo
UTOPIA
A cura di Lorenzo Canova e Piernicola Maria Di Iorio
e
presentazione catalogo
Vis à Vis – Fuoriluogo 17
Artists in Residence Project
A cura di Silvia Valente
29 aprile 201
Inaugurazione mostra personale di Massimo Palumbo
ore 18:00
Dal 29 aprile al 22 maggio 2015
Presentazione catalogo Vis à Vis – Fuoriluogo 17
Ore 16:30
Lo spazio espositivo dell’università degli Studi del Molise presenta un doppio appuntamento con l’arte contemporanea: la mostra UTOPIA, personale di Massimo Palumbo artista visivo e architetto attivo tra Latina e il Molise, ideatore del grande progetto MAACK-Kalenarte, il Museo a cielo aperto di arte contemporanea di Casacalenda (Cb), e la presentazione del catalogo e proiezione del video documentario del progetto di residenza per artisti del progetto Vis à Vis - Fuoriluogo 17.
Nella sua mostra, Massimo Palumbo fonde i suoi diversi campi espressivi in una grande installazione dove i linguaggi delle arti visive e dell’architettura si legano per mettere in scena una riflessione sul tema dell’Utopia come spazio mentale e concreto dell’irrealizzato, del possibile e del progetto.
L’Utopia rappresenta, infatti, da secoli uno dei motivi portanti di un’importante visione dell’architettura vista non solo in senso estetico, ma come metodo e strumento di innovazione e di sviluppo, di intervento sul mondo e sulla società, come spazio di pianificazione, di immaginazione e di pensiero dove l’architetto agisce con il disegno e la scrittura ipotizzando e costruendo spazi fittizi o reali attraverso una teoria che tende costantemente a concretizzarsi.
In questo contesto, si colloca l’azione stessa di Palumbo, in particolare in Molise (ma non solo), la sua visione dell’arte contemporanea proprio come Utopia permanente di una nuova visione del reale, come sistema di azione per dare un nuovo impulso sociale e culturale al suo territorio di origine.
La scrittura, l’oggetto, il disegno e la luce sono i fili conduttori che ci accompagnano in questa esposizione intrecciata, in un allestimento allo stesso tempo lineare e complesso che rappresenta bene il mosaico di interessi e creazioni composto da Palumbo, il suo metodo dove prassi e idea, progetto, esecuzione e visionarietà si coniugano in un solo e articolato discorso teso perennemente verso un’azione destinata a dare forma materiale al sogno, non solo estetico, dell’Utopia.
La mostra di Palumbo sarà preceduta dalla la presentazione del catalogo del progetto di artisti in residenza Vis à Vis – Fuoriluogo, (ideato dall’Associazione culturale Limiti inchiusi arte contemporanea e curato da Silvia Valente), un progetto che consiste nell’accoglienza di artisti provenienti dall’Italia e dall’estero, chiamati a compiere un lavoro di ricerca sul territorio molisano. Il progetto è sostenuto dalla Regione Molise (Assessorato alla Cultura) e dai Comuni di Limosano e Oratino, in collaborazione con ARATRO – Archivio delle arti elettroniche dell’Università degli Studi del Molise. Vis à Vis – Fuoriluogo è giunto al suo terzo anno ed è in programma una quarta edizione per l’estate 2015. Scopo del progetto è favorire l’accoglienza degli artisti e promuovere il territorio molisano attraverso l’arte contemporanea.
La terza edizione di Vis à Vis – Fuoriluogo si è svolta la scorsa estate nei comuni di Limosano (CB) e Oratino (CB) e ha visto la partecipazione di due artisti contemporanei: Maria Chiara Calvani (Perugia, 1975) ospitata a Limosano e David Fagioli (Roma, 1968) ospitato, invece, a Oratino.
In sede di presentazione saranno presenti Nico Ioffredi - Consigliere Regionale - Delegato alla Cultura per la Regione Molise, Angela Amoroso- Sindaco di Limosano, Luca Fatica- Sindaco di Oratino, Lorenzo Canova- Professore di Storia dell’arte contemporanea, Università del Molise- Direttore di ARATRO, Silvia Valente - Critico d'Arte - curatrice del progetto, Maria Chiara Calvani – Artista, David Fagioli – Artista, Fausto Colavecchia - Artista - Presidente Associazione culturale Limiti inchiusi, Paolo Borrelli – Artista.
BIOGRAFIA MASSIMO PALUMBO
Nasce nel 1946 a Casacalenda nel Molise. Risiede a Latina, dove opera. È architetto ed artista. Ama la trasversalità e il piacere delle contaminazioni sia linguistiche che dei materiali, ed il suo operare è caratterizzato dall’estrema semplicità con cui utilizza i materiali poveri, senza mai dimenticare che l’arte e l’architettura sono discipline in cui la memoria gioca un ruolo fondamentale e i territori su cui si configurano sono sempre luoghi dello "spazio della memoria".
Dagli anni ottanta, una attenzione particolare per il Design e le Arti Visive lo portano ad essere presente anche a mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero (Modena, New York, Perugia, Roma, Napoli, Kuhlungsborn, Catania) indagando prevalentemente sul rapporto tra operazione estetica e ambiente.
Tra i diversi interventi sicuramente sono da ricordare quelli della serie “i bianchi” del 1992; “……la fine dei valori stabili, delle antiche convinzioni,la caduta dei miti, delle ideologie…… “, oppure “l’aria è irrespirabile”, “…un naufragio ci salverà”, degli inizi degli anni novanta. L’interesse sul binomio Arte-Architettura lo fa promotore del Progetto Kalenarte per la realizzazione di un Museo all’Aperto d’Arte Contemporanea a Casacalenda (Molise).
Molte le iniziative culturali che hanno per tema il rapporto Arte Architettura, Arte Città. Da ricordare diversi lavori ed interventi in spazi pubblici: del 1995 “la sedia di Polifemo; “l’ago di Fogliano”; il progetto per la posa di una grande ruota di bicicletta con “gira la ruota gira“ per un intervento a scala urbana nel centro direzionale di Latina.
Nel 2004 realizza su incarico del Comune di Latina e dell’Assessorato alla Qualità Urbana il monumento al carabiniere in Largo Caduti di Nassyria: “la fiamma del carabiniere”. È del 2007 il libro su Franco Libertucci: “Franco Libertucci scultore Re, Regine, Alfieri, Torri, Cavalli”, Testimonianza di Franco Purini, Edizioni Levante. Nel 2008 è invitato da Giorgio Bonomi alla XXV Biennale di Scultura di Gubbio Museo della Scultura Contemporanea Parco Ranghiasci con il lavoro "il dardo viola" 2008 . I venti anni di attività di Kalenarte, raccolti nel catalogo “XX Kalenarte 1990-2010…un filo lungo vent’anni”, valicando i confini del Molise, vengono presentati a Roma nella sala della Protomoteca, in Campidoglio. Nel gennaio del 2011 propone, presso il Foyer del Teatro Comunale Gabriele D'Annunzio di Latina, l’installazione “mangiamo cultura con la cultura si mangia…” (2010).
In concomitanza con tale evento, a cura di Fabio D'Achille, si tiene la personale " ...noi che non abbiamo tetti ", presso il Palazzo della Cultura di Latina. Marcella Cossu, direttrice del Museo Manzù GNAM di Roma, ad Ardea nell'ambito del progetto Manzù, l'Arte e il territorio lo invita a presentare l'installazione “mangiamo cultura con la cultura si mangia…” (2010).
Sempre nel 2012 è vincitore con "Hangar 2.0" del Concorso Nazionale di idee per la riqualificazione di Piazza del Popolo a Latina. Concorso a cura del Comune di Latina e dell' Ordine degli Architetti, della Provincia di Latina. La ricerca di nuovi spazi non deputati all'arte lo vedono presente presso la Stazione Ferroviaria di Latina. Sala delle autorità. Presenta anche qui una significativa installazione a metà tra Arte ed Architettura dal titolo " Sul filo della memoria. Omaggio ad Angiolo Mazzoni." 2013 il progetto promosso dalla Casa dell'Architettura di Latina è presentato da Pietro Cefaly.
Nel 2013 “Vivi”. Opere di Massimo Palumbo, mostra a cura di Cristina Costanzo, presso i Cantieri Culturali alla Zisa, di Palermo .
BIOGRAFIE ARTSTI VIS À VIS – FUORILUOGO 17
Maria Chiara Calvani - artista visiva particolarmente vicina al linguaggio dell’arte relazionale - ha vissuto a Limosano e il suo lavoro è ispirato alla questione dello spopolamento della parte antica del paese in seguito al terremoto, un avvenimento che ha particolarmente interessato la Calvani e che ha rielaborato con una serie di interventi artistici filtrati attraverso il concetto di “memoria”. L’opera si intitola “My home away from home”, un modo di dire Canadese per parlare di un posto in cui normalmente non si vive ma in cui ci si sente come a casa. L’artista ha raccolto le testimonianze di alcuni abitanti di Limosano, le ha sistemate su un’unica traccia audio e fatte ascoltare – attraverso un altoparlante – a tutta la cittadinanza la sera della festa del patrono. L’impianto audio era collocato all’interno di una struttura che l’artista ha fatto realizzare ai bambini di Limosano nel corso di un laboratorio didattico; il “marchingegno” ideato dai bambini è il risultato di un assemblaggio di vari oggetti recuperati dalle abitazioni dismesse del paese alto, a simboleggiare un ideale contenitore della memoria fatto di voci e oggetti. La struttura è stata collocata in una abitazione del paese vecchio e dalla finestra della stessa, che affaccia sulla piazza, gli abitanti di Limosano hanno potuto ascoltare le parole e i ricordi legati alla vita vissuta in paese prima del terremoto. L’effetto finale è stato di grande impatto emotivo e molto coinvolgente. La Calvani ha elaborato – sulla base della poetica che la contraddistingue – un progetto artistico coerente e ragionato, vicino a quegli aspetti che definiscono la sua personale ricerca; i processi relazionali e il ruolo centrale del pubblico (inteso motore propulsore del progetto) sono, da sempre, gli elementi caratterizzanti il suo lavoro che vede nella natura del “gruppo” il presupposto imprescindibile di una elaborazione creativa, con particolare attenzione agli aspetti caratterizzanti la matrice folkloristica/popolare e le ritualità sociali.
David Fagioli, scultore romano, ha invece trascorso la sua residenza nel comune di Oratino, paese dalla ricca tradizione artistica e particolarmente conosciuto anche per la lavorazione della pietra. E’ stato questo uno dei motivi che ha condotto alla scelta di uno scultore per questa edizione del progetto. La ricerca di Fagioli ha unito due aspetti fondamentali della storia oratinese: da un lato la tradizione degli scalpellini e, dall’altro, il culto della Faglia. Su un plinto realizzato interamente con ferro tondo d’armatura (quello, per intenderci, combinato al calcestruzzo per ottenere il cemento armato), poggia un blocco in pietra locale raffigurante due teste “fuse” fra loro dalla parte del volto, una sorta di erma bifronte invertita; dalle due teste emergono nuovamente degli elementi in ferro, una specie di tondini vuoti ma più esili e leggeri, che danno vita ad una capigliatura eccentrica e folta. Il tema centrale del ragionamento artistico è quello dell’incontro: due volti che, nell’azione di avvicinarsi, arrivano a fondersi (e confondersi) in un unico corpo. L’artista ha voluto sottolineare il valore dell’incontro, la sua positività, il “peso sociale” che questa tematica ha nelle nostre vite. L’incontro è, in generale, quello degli uomini, dei popoli e, nello specifico, è anche l’incontro di un artista con una comunità. E’ solo attraverso esso e l’apertura verso l’altro che si genera energia, corto-circuito: da qui l’idea di dotare le teste di una capigliatura così “elettrica” che, simbolicamente, rimanda alle scintille di un corto-circuito. L’idea di utilizzare la pietra è un chiaro omaggio alla tradizione degli scalpellini di Oratino, centro importante legato alla lavorazione di questo materiale. Il plinto, inoltre, rappresenta un chiaro rimando alla Faglia, un omaggio che l’artista fa alla comunità evocando una delle tradizioni più emblematiche del paese; i tondini in ferro che compongono la colonna ricordano le canne vegetali di cui è composta la Faglia e ciò contribuisce ad arricchire l’opera di quella matrice allegorica che spesso riscontriamo nel lavoro di David Fagioli. La stessa capigliatura in ferro, per via della sua composizione, rimanda all’idea della fiamma, della Faglia che brucia. Una doppia lettura, dunque, un’opera ricca di significato che testimonia l’impegno di un artista nella comprensione di uno spaccato sociale così fortemente caratterizzato.