Mats Bergquist – Ero soltanto
La galleria Grossetti Arte ha il piacere di comunicare l’apertura della mostra personale “Ero soltanto” di Mats Bergquist. Il titolo prende spunto da un haiku – la tradizionale forma di poesia breve giapponese – di Kobayashi Issa.
Comunicato stampa
La galleria Grossetti Arte ha il piacere di comunicare l’apertura della mostra personale “Ero soltanto” di Mats Bergquist.
Il titolo prende spunto da un haiku – la tradizionale forma di poesia breve giapponese - di Kobayashi Issa:
Ero soltanto.
Ero.
Cadeva la neve.
La ricerca e la rivelazione del sé avvengono attraverso eventi umili e quiete manifestazioni della natura, nella tranquilla trasformazione del mondo operata dalla neve, che sottrae ogni colore al microcosmo quotidiano, rivelando l’essenziale.
Lo stesso avviene nelle opere di Mats Bergquist, caratterizzate inizialmente dalla rimozione del colore, fino alla sua totale assenza, come nelle opere presenti in mostra: un’azione sottrattiva volta all’estrema semplificazione, quasi un atto di purificazione, tanto artistica quanto spirituale.
In questa ricerca dell’essenziale l’icona diviene la forma ideale di rappresentazione – un substrato di legno pazientemente trasformato, grazie alla tecnica dell’encausto, in un continuo di superfici in parte lucide, in parte opache, che brillano o assorbono totalmente la luce.
Ne sono esempio “Shadow of a Smile” (2014), i diversi elementi de “La Via Lattea” (2010-2011) e il più recente “Enso” (2016), basato sul simbolo giapponese significante illuminazione, forza, universo, che richiama l’energia che l’artista trasmette alle opere attraverso l’assiduo lavoro.
Accanto a loro, una decina di Daruma (2014), realizzati con un’altra antica tecnica della tradizione giapponese, la ceramica Raku, in cui permane la semplice monocromia bianca o nera. Essi evocano per le bambole simboliche dedicate a Bodhidharma, il monaco fondatore del buddhismo zen – un altro riferimento alla cultura giapponese.
In dialogo con i Daruma saranno presenti alcuni Ayasma (2015), fogli di carta candida su cui è trasposta in pigmento la forma dei Daruma: un vuoto comunque pieno di esistenza, perché nasce dal continuo lavoro sottrattivo dell’artista, definendone il suo essere e affermandone la presenza.
Come nell'esistenza umana in terra, il tempo sottrae fisicità al corpo sostituendolo e dando forma a quel vuoto "pieno di un'energia pura", ora visibile. Questo spazio, colmato dell’ombra gettata da un “architrave” posto all’inizio di un percorso, conduce alla conoscenza del sé.