Matteo Cremonesi – Greige
Percepire lo scorrere delle ore indipendentemente da ogni evento, sentire la disgiunzione del tempo da ciò che il tempo non è, lasciare che dietro il suo statuto indipendente, la sua esistenza autonoma, la sua scarna tirannia, riveli, con estrema chiarezza la sensazione di un semitono.
Comunicato stampa
“La noia è una vertigine, ma una vertigine tranquilla, monotona; è la rivelazione della futilità universale, è la certezza, spinta fino allo stupore o fino alla chiaroveggenza suprema, che non si può, non si deve fare niente né in questo mondo né in quell'altro, non esiste al mondo niente che possa servirci o soddisfarci.”
E. M. Cioran
Percepire lo scorrere delle ore indipendentemente da ogni evento, sentire la disgiunzione del tempo da ciò che il tempo non è, lasciare che dietro il suo statuto indipendente, la sua esistenza autonoma, la sua scarna tirannia, riveli, con estrema chiarezza la sensazione di un semitono.
Sempre, quello che non appare giace nel disinteresse, sopito tra la funzione del soggetto e il rumore del suo lavoro. Sempre, quello che permane è una silente neutralità, un'apparenza che è funzione. Sempre, quello che emerge come insapore, cordiale, “democratico”, teso tra il silenzio tonale e l'esaltazione di uno stato di equilibrio è il tono che si realizza in margine agli istanti. L'aspetto di una noia.
Il lavoro scultoreo, “Dry Garden” si inserisce in questo spazio di spostamenti formali, sovrascrivendo ad una pratica di simulazione tradizionale, quella del giardino secco orientale, una tonalità individuata fra i caratteri formali dell'habitat contemporaneo, stimolando le capacità cognitive dell'osservatore a immaginare una narrazione corrispondente agli assetti formali del proprio tempo. Riferire un'attenzione all'insignificante, complesso da trattenere perché privo di evento. Indagare il consueto e il normale. Riportare qualcosa che è nell'ordine della noia, che non propone nulla di divergente da ciò che è solito, che trattiene in forma ciò che è, alternandone semplicemente il modo con l'obbiettivo di riferirlo sempre simile. Nella semplicità di queste superfici mute, nell'articolazione di questa sovrascrizione tonale, si rivela un principio di “normalizzazione” intenzionale, un desiderio di neutralizzare lo sguardo, trattenerlo su ciò che sfugge perché mimetico. E un esigenza di silenzio.
Soggetti tratti della natura – formati dal lavorio degli elementi naturali, rivestiti e neutralizzati, avvicinati all'inclemenza formale del progetto post umano – sono posizionati di fronte allo spettatore come frammenti derivati di una progettualità in divenire. Un tappeto sonoro privo di apparizioni, immerso in un certo tepore, dominio dell’esenzione di ogni senso.
Rivestiture tonali e privazioni caratteriali delle forme richiamano l'attenzione su un processo di “burocratizzazione” delle materie, proponendo per queste un nuovo assetto narrativo volto a una riconciliazione con il carattere sordo dell'habitat post umano.
In questo lavorio di frammenti, le sculture misurano un persistente desiderio delle forme e delle espressioni di normalizzarsi, elaborare una strategia di adeguamento della loro apparenza.
Il progetto “Dry Garden” decide sulla superficie plastica lo spazio per un intervallo cromatico. Uno spazio neutrale, dove riportare l'imprevisto, il caratteriale, nell'ordine del consueto. Perché solo l'appiattimento di ogni espressione, la noiosa riproposizione del già visto, nella sua insignificante staticità e innocente apparenza può generare una vertigine che fa cadere la conoscenza, il soggetto sino a provocare un vuoto di parola.
Riferire con insistenza ciò che si conosce a memoria, rinominare con un nuovo tono, più basso, soggetti che erano chiassosi: “Dry Garden” è un'operazione di equalizzazione, influenzata da una cultura visiva del silenzioso, del sintetico e da una poetica della somiglianza.
Un'operazione che predilige il rinominare come termine medio tra il prendere e perdere le cose. In questo reimpiego linguistico fra il contemplare e consumare, il soggetto accede ad un nuovo assetto plastico, in cui la neutralità, l'indifferenza tonale, divengono argomento, forma, soggetto. Tema.
Matteo Cremonesi