Matteo Emery – Love Pressure
L’artista Matteo Emery, in collaborazione con l’associazione culturale Spazio Pedraglio, presenta una serie di opere caratterizzate da una sorta di identità olfattiva e ci induce a percepire le sue opere d’arte al di là del loro impatto visivo.
Comunicato stampa
Pur essendo stato oggetto di innumerevoli studi scientifici, l’olfatto è sicuramente tra gli organi di senso quello più enigmatico. La sua importanza nell’ambito delle esperienze personali e delle relazioni sociali è molto spesso sminuita, tuttavia mai come oggi il detto “questione di pelle” trova fondamento in numerosi trattati di biologia. In questo contesto trova spazio Love Pressure, che si inserisce in parallelo all’esposizione “Ficcanaso in Città”: mostra di carattere scientifico attualmente proposta da L’ideatorio (USI) presso Villa Saroli, nel centro di Lugano.
L’artista Matteo Emery, in collaborazione con l’associazione culturale Spazio Pedraglio, presenta una serie di opere caratterizzate da una sorta di identità olfattiva e ci induce a percepire le sue opere d’arte al di là del loro impatto visivo. Love Pressure: sculture realizzate mediante la combinazione di particolari recipienti in alluminio per uso farmaceutico con relativi diffusori di feromoni ed essenze afrodisiache, e sculture effimere: fotografie che riproducono sculture realizzate mediante l’utilizzo di ghiaccio, lattice e polietilene, ci suggeriscono una prospettiva inattesa del lavoro visionario di Emery, un contrasto che volutamente sottolinea come l’aspetto intimidatorio, a volte inquietante, delle forme non sia necessariamente funzionale allo scopo, quello di infondere bontà e amore stimolando i nostri chemiorecettori.
Scrive il critico Roberto Borghi: «È come se sullo sfondo delle fotografie e degli assemblaggi scultorei creati da questo artista si stagliasse costantemente un’idea di organismo, di forma vivente tanto più complessa quanto più delicata». E ancora: «Se nelle fotografie l’aspetto organico è più chiaramente evocato dal colore rosso sangue, e da un ché di ambiguamente ospedaliero, nelle sculture viene invece suggerito da qualche straniante allusione antropomorfa, dai presunti feromoni generati da queste insolite macchine, improbabili armi, ingegnose e giocose astronavi, la cui iconografia di riferimento sta forse in una visione ironica, e volutamente un po’ sgangherata, dell’immaginario fantascientifico. Ma per quanto l’ironia, la sublimazione e l’apologia del materiale di scarto, il senso di elegante precarietà attraversino le opere di Matteo Emery, la percezione di qualcosa di sottilmente minaccioso, di implicitamente grave, serpeggia comunque, e traspare soprattutto da una tecnologia che può agire sull’anatomia dell’organismo, che può scomporne e ricomporne le parti, che può contaminarla con una dimensione artificiale».
Matteo Emery nasce nel 1955 a Lugano e appartiene alla generazione di artisti emersi durante gli anni '80 in Svizzera. Tra il 1972 e il 1980 studia grafica allo CSIA di Lugano e alla scuola superiore di arti visive ESAV di Ginevra. Tra il 1980 e il 1987 ottiene ripetute Borse Federali di Belle Arti e premi Kiefer-Hablitzel. Parallelamente allo svolgimento dall’attività artistica lavora fino al 2010 come regista alla RSI (Radiotelevisione Svizzera Italiana).
Nel suo percorso artistico ha ricevuto numerosi premi, ha realizzato diverse esposizioni personali (Galleria Rivolta - Losanna, Galleria FAC - Sierre, Galleria Golder-Halm - Locarno, Maison Visinand - Montreux, Galleria Mosaico - Chiasso, Galleria Officina Arte - Magliaso, Spazio Pedraglio - Como, Galleria Marelia - Bergamo) ed ha partecipato a numerose collettive (Centro d’Arte Contemporanea - Ginevra, Museo Rath - Ginevra, Fondazione Gulbenkian - Lisbona, Grand Palais - Parigi, Museo Beaux-Arts - Losanna, Monastero delle Agostiniane - Monte Carasso, Galleria Mya Lurgo - Lugano, De Primi Fine Art - Lugano, Imago Mundi “Helvetia” - Luciano Benetton Collection).