Matteo Fantolini – I Believe
Il 16 dicembre 2016, a 38 anni, improvvisamente viene a mancare nella sua casa di Pinerolo un fotoreporter: Matteo Fantolini. Un fotografo che non ha avuto la possibilità di far conoscere il suo lavoro di ricerca, di reportage. Paolo Ranzani, amico e collega, supportato dalla famiglia, ha deciso di portare a termine il progetto fotografico “I Believe”, iniziato qualche anno prima dallo stesso Matteo. Il progetto si compone di un libro e di una mostra che saranno presentati esattamente un anno dopo la scomparsa di Matteo, il 16 dicembre 2017.
Comunicato stampa
Il 16 dicembre 2016, a 38 anni, improvvisamente viene a mancare nella sua casa di Pinerolo un fotoreporter: Matteo Fantolini. Un fotografo che non ha avuto la possibilità di far conoscere il suo lavoro di ricerca, di reportage. Paolo Ranzani, amico e collega, supportato dalla famiglia, ha deciso di portare a termine il progetto fotografico “I Believe”, iniziato qualche anno prima dallo stesso Matteo. Il progetto si compone di un libro e di una mostra che saranno presentati esattamente un anno dopo la scomparsa di Matteo, il 16 dicembre 2017.
“Io credo”, “I Believe” è un lavoro di indagine fotografica su alcune feste religiose che Matteo Fantolini affronta con l’intenzione di scoprire cosa spinge l’uomo a raggiungere l’estasi mistica, per confermare la propria fede religiosa, attraverso riti e sacrifici estremi. Forse proprio perchè ateo Matteo vuole capire e raccontare. Un desiderio che nasce dal confronto continuo con Paolo Ranzani e che lo porta a documentarsi, a leggere, ad avvicinarsi ad alcune feste religiose con radici antiche in Italia, in India, in Malesia, in Thailandia.
Ci troviamo di fronte non a un residuo di fanatismo, ad una intrusione di perdute età nel mondo di oggi ma alla Storia contemporanea di milioni di uomini in luoghi diversi che si insinua in mezzo a noi, si materializza con il sangue, inferni con Dio dentro, storture fisiche e metafisiche, definitive diserzioni dalla ragione.
In Thailandia, Matteo fotografa, il “Nine Emperor Gods Festival di Ko Phuket”, un’antica celebrazione taoista cinese, in Italia a Nocera Terinese e a Verbicaro riprende l’antica usanza cristiana dei “Vattienti”, i “flagellanti”, si spinge fino in India, dove fotografa, a Delhi, l’Ashura un rito sciita e in Malesia a Kuala Lumpur per il Thaipusam un evento induista.
Paolo Ranzani, organizzatore del progetto, raccoglie il lavoro, lo esamina, lo organizza, gli dà una struttura per far sì che il viaggio di Matteo diventi un racconto da far conoscere, da far vedere, da poter leggere.
Riusciamo a trovare, così, nelle fotografie dell’autore riquadri di strade polverose che il sangue trasforma in grumi, in sentieri ruvidi come catrame, occhi vacui, santoni imbellettati dai riti antichi e pelle nuda che si vanta di cicatrici. Sembra di sentirne il rumore, la vibrazione di mille voci che si allungano all'unisono. Muscoli martoriati e fisici spezzati. Formiche umane che rincorrono labirinti come cavie disperate ma consapevoli, loro lo sanno perché lo fanno. Loro ci credono. Matteo fa una scelta. Decide che non è lì per documentare, per certificare un evento, quel che accade, per forza di cose, gli entra dentro e quando esce è qualcos'altro che prima non c'era. Perde il colore, la vivacità cromatica se la ruba il dramma e il dramma si scioglie nel bianco e nero che l'autore sente di concedere al raccontare. In fotografia “togliere” è come aggiungere, se lo sai fare bene. Spogli il superfluo per arrivare all'essenza. E’ facile e giusto, secondo Susan Sontag provare disgusto e orrore davanti al dolore degli altri, quando è subito dalle vittime come una forma di violenza. A sconvolgere di “I Believe” è esattamente questo: ad essere considerata oscena e a scioccare lo sguardo non è una qualche forma di ingiustizia, ma è la professione di fede di qualcuno. “Davanti al dolore degli altri”, nel caso del lavoro di Matteo, coincide con “Davanti alla fede degli altri”.
Un grande lavoro quello di Matteo. Ci insegna a guardare il mondo per quello che è andando vicino, molto vicino, così vicino che non spaventa più, anzi, ci aiuta a capire un po’ di più l’uomo con le sue storture, fobie, miti, credenze, angosce. Nessun giudizio, nessuno spettacolo.
Si parlerà di “I Believe” nella presentazione del libro, curato da Paolo Ranzani, al Circolo dei Lettori e si vedranno le fotografie nella mostra, a cura di Tiziana Bonomo, sabato 16 dicembre.
BREVI CENNI SUI RITI RELIGIOSI IN MOSTRA
Thailandia il “Nine Emperor Gods Festival” di Ko Phuket
Un’antica celebrazione taoista cinese che affonda le sue radici nel culto dei I Nove Emperor Gods sono i nove figli nati dal Padre Imperatore Zhou Yu Dou Fu Yuan Jun e la Madre del Big Dipper, Dou Mu Yuan Jun che protegge il Registro della vita e della morte. La motivazione originale del festival è la purificazione del corpo e dello spirito da ogni peccato. Mah in lingua thai significa cavallo e, in questo caso, fa riferimento a come gli dèi usino i corpi di questi uomini come veicolo, incarnandosi in loro per tutta la durata del festival. I Mah Song manifestano poteri sovrannaturali e portano buona sorte alla comunità, attraverso i supplizi autoinflitti veicolano il male su se stessi, strappandolo agli altri, sono persone comuni che accolgono gli spiriti inviati dai Nove Dei Imperatori, raggiungono uno stato di trance per affrontare pericolose prove come salire su una scala fatta di lame acuminate e si infliggono impressionanti mortificazioni, apparentemente senza subire dolore, in quanto protetti dagli spiriti. “I believe”, dicono, e le ferite si rimarginano in pochi giorni senza punti di sutura lasciando solo una indelebile traccia di profonda devozione.
Italia a Nocera Terinese e Verbicaro
Si tramandano da secoli le celebrazioni della Settimana Santa con l’adorazione della Madonna Addolorata. I Vattienti (da “battenti”, flagellanti) sono noceresi di nascita o di origine, che assolvono un voto rivolto alla Madonna mortificando le carni e versando il sangue lungo le vie della processione nel Venerdì e Sabato Santo.
Ogni vattiente indossa un pantalone rimboccato in modo da lasciare scoperte le gambe e un copricapo detto il “mannile” sul quale viene posta la corona di spine fatta di “sparacogna”, l'asparago selvatico che cresce nelle campagne noceresi.
Ad accompagnarlo c'è un “ecce homo” (acciomu, in dialetto), un giovane vestito di un panno rosso che sorregge una croce di canne e porta in testa una corona di spine con le punte tagliate. L’acciomu è legato al vattiente per una corda a simboleggiare un legame tra i due. Tradizione vuole che il vattiente e l’acciomu impersonino in due la figura del Cristo, dove il vattiente simboleggia la sofferenza del martirio mentre l’acciomu è il Cristo sanguinante dato alla folla da Ponzio Pilato alle parole “Ecce Homo”. La flagellazione avviene per mezzo del “cardu” e con la “rosa”. Il cardo è un pezzo di sughero sul quale sono applicati, con una mescola di cere indurita, tredici acuminati pezzi di vetro detti “lanze” che fuoriescono dalla cera di circa 3mm. Le lanze rappresentano Gesù Cristo e i dodici apostoli.
Lo stesso rito a Verbicaro, in provicincia di Cosenza dove resiste, fedele al tempo. I battenti, diversamente dai noceresi, si percuotono col ''cardillo'', uno stretto cilindro di sughero sul quale sono state infisse e saldate, con una co¬lata di cera, cinque acuminate punte di vetro. Appena il sangue fluisce e macchia le cosce, i battenti stringono il cardillo tra i denti, abbassano la testa in composta riservatezza e mettono le braccia conserte, poggiate al petto e in silenzio escono per svolgere tre giri devozionali. Si muovono a passo svelto, ma si fermano per segnare di sangue i sagrati delle chiese.
India a Delhi l’Ashura
La Āshūrā(in arabo: da ashara, "dieci") indica il 10 del mese lunare di Muharram.
Nel 680 d.C. El Hussein, seguito dalla famiglia e pochi uomini, marciò verso la Mecca rivendicando il suo diritto alla guida spirituale del popolo musulmano. Il Califfo Omayyade ordinò di bloccare l’avanzata nei pressi dell’attuale città di Karbala dove, il decimo giorno del mese di Muharram - chiamato l'Ashura – finite le scorte d'acqua – i soldati di Yazid colpirono e trucidarono El Hussein con il suo esercito e la sua famiglia. Tale evento, sancì la scissione tra il mondo Sciita, più conservatore, e quello Sunnita, più moderato. Dall'India al Pakistan, dall'Afghanistan all'Iran, dall'Azerbaijan fino allo Yemen e al Bahrain, dalla Siria alla Birmania e dall'Iraq fino al Libano, gli sciiti coprono di bandiere e stendardi neri le città e le strade per manifestare il lutto.
In ricordo del martirio di El Hussein, figlio di Alì, nipote del Profeta Maometto la comunità Sciita si raccoglie in lutto e digiuno il 7°, 8° e 10° giorno del Muharram pregando il nome del Imam Hussein. I fedeli, vestiti a lutto e piangendo come avessero perso una persona cara, osservano il MAATAM, una preghiera scandita dal ritmo incalzante di colpi a mano aperta sul petto e sulla fronte, mentre altri si mortificano le carni con il "Tegh", uno strumento artigianale composto da coltelli e catene con il quale si percuotono la schiena o si incidono fronte e petto inscenando il sanguinoso martirio al grido di "Ah Hussein". Anche ai bambini viene imposto questo sacrificio, un modo per iniziare ad affrontare le responsabilità e i doveri del proprio credo.
Malesia a Kuala Lumpur il Thaipusam
La festività è collegata all’osservanza del culto del dio indù Murugan, divinità guerriera, che ricevette dalla dea Parvati una “lancia” per sconfiggere il demone Soorapadman, Il Thaipusam è la festa che celebra questo episodio e coincide con lo zenith della stella Pusam nel mese di Thai, secondo il calendario lunare indiano – il che fa ricadere la festività tra il nostro gennaio o febbraio. In Malaysia, la celebrazione consiste in una imponente processione fino alle cave di Batu, alle porte di Kuala Lumpur dopo una processione di 15 chilometri che dura all'incirca dieci ore e termina con una salita di 272 gradini. I devoti si caricano sulla testa o sulle spalle delle grandi “icone votive” chiamate kavadi che pesano fino a 100 chili e raffigurano la divinità.
altri agganciano alla propria schiena delle catene legate a un piccolo carro, di solito anch’esso recante effigi sacre o statue. Le donne e i bambini di solito portano sul capo dei pesanti otri o recipienti pieni di latte o acqua di rose, che verseranno in omaggio al dio giunti a destinazione al tempio. Durante la celebrazione vengono praticati numerosi piercing rituali, tra le guance, sulla pelle della schiena e sulla lingua. ll motivo di tanto sforzo e tormento è da ricercare nella volontà di purificazione spirituale dei devoti che vivono con vera intensità la preparazione e la frenesia rituale, è un’esperienza mistica e ritengono di entrare in contatto con la divinità alla quale, in cambio della loro devozione, chiederanno un favore, guarire un parente malato, avere successo nel lavoro, nella vita, risolvere un problema grave famigliare o di carriera, e così via. Oltre un milione e mezzo di partecipanti nel 2015.
BIOGRAFIE
Matteo Fantolini
Nato a Livorno nel 1978, inizia la sua carriera di fotografo nei villaggi turistici in giro per il mondo, da animatore a responsabile del diving e poi la fotografia subacquea. Nel 2010 si diploma in fotografia presso lo IED Torino e inizia l'attività di fotografo di matrimoni e new born. La voglia di scoprire e raccontare il mondo non si placa, viaggia molto soprattutto alla ricerca dei riti religiosi dove la tradizione, l'esasperazione del credo e il sacrificio si fondono in un’ alchimia fatta di punizione/espiazione e sangue. Per quattro anni indaga, osserva e racconta. Malesia, India, Thailandia, Italia. Matteo lascia il lavoro incompiuto, il 16 dicembre del 2016 muore improvvisamente nella sua casa di Pinerolo. https://crowdbooks.com/it/projects/i-believe/
Paolo Ranzani
Ha sempre preferito le persone alle “cose”, l'interazione e la comunicazione è la linfa della sua curiosità verso il mondo. Non a caso quindi è diventato un fotografo di “people”, con particolare attenzione al ritratto per celebrity, corporate, con passaggi essenziale nella pubblicità/moda/beauty. Ha iniziato anni fa a dedicarsi all'insegnamento, alla docenza, fino a diventare coordinatore del dipartimento di fotografia dell'Istituto Europeo di Design e tutt'ora porta in giro incontri di Educazione al linguaggio fotografico.
Il suo portfolio comprende lavori autoriali e commerciali per Fiat, Iveco, Lavazza, Chicco, Oréal e la pubblicazione di quattro libri fotografici: “Ecce Femina” (2000), “99 per Amnesty” (2003),
“La Soglia. Vita, carcere e teatro” (premio reportage Orvieto Prof. Photography Awards 2005),
“Go 4 it/Universiadi 2007”. Diversi premi e mostre. Nel 2017 è stato nominato, da Giovanni Gastel, presidente AFIP Torino. http://www.paoloranzani.com
Riccardo Bononi
Laureato in due distinte branche delle scienze sociali (psicologia e antropologia), dal 2010 è ricercatore e docente di Antropologia Visuale presso l’Istituto Ricerca e Formazione nelle Scienze Sociali (Irfoss) di Padova, dal 2015 entra a far parte dell’agenzia fotografica internazionale Prospekt Photographers. Già curatore di numerosi percorsi di fotografia etnografia in collaborazione con le istituzioni accademiche, le sue immagini sono state pubblicate su numerose testate nazionali ed internazionali ed esposte a Londra, Parigi, Berlino, Pechino, Lishui, Bucarest. Nel 2015 il suo lavoro sulla lucha libre femminile in Bolivia gli è valso il primo premio ed il titolo di “Miglior Fotografo dell’Anno” (categoria Professional, sport) ai World Photography Awards. http://www.riccardobononi.com/about
ArtPhotò
È un progetto di Tiziana Bonomo, libera professionista con ventennale esperienza nel campo del marketing e della comunicazione, mossa da una forte passione per questa forma espressiva; la fotografia come linguaggio di comunicazione ed espressione d’arte, come occasione di dialogo e di incontro. ArtPhotò propone, organizza e cura eventi legati al mondo della fotografia. http://www.artphotobonomo.it