Maurice Mbikayi – Masks of Heterotopia
Curata da Silvia Cirelli, la mostra dal titolo “Masks of Heterotopia” esplora il percorso artistico di questo poliedrico interprete, raccogliendo una selezione di opere tra fotografie, installazioni e video, mai esposte in Italia.
Comunicato stampa
Dal 7 giugno al 28 luglio 2018, Officine dell’Immagine di Milano ospita la prima personale italiana di Maurice Mbikayi (Repubblica Democratica del Congo, 1974), uno degli autori più interessanti della scena contemporanea africana.
Curata da Silvia Cirelli, la mostra dal titolo “Masks of Heterotopia” esplora il percorso artistico di questo poliedrico interprete, raccogliendo una selezione di opere tra fotografie, installazioni e video, mai esposte in Italia.
Spostando l’attenzione su una dimensione collettiva, che evoca i paradossi dell’età moderna e soprattutto la complessa e multiforme realtà africana, Mbikayi s’ispira al pensiero del filosofo francese Michel Foucault, da cui recupera anche la scelta del titolo dell’esposizione.
Foucault denominava come eterotopici quegli spazi che “sono connessi fra loro, ma non sono reali, perché rappresentano invece il riflesso di uno spazio reale”. Un esempio più comune è quello dello specchio, in cui vediamo noi stessi, pur consapevoli che questa “seconda” realtà è al contempo esistente ma anche immaginaria.
Prendendo spunto da queste consistenze contradditorie e ambivalenti, l’artista fa il parallelismo con il tessuto sociale congolese, e nello specifico quello di Kinshasa, sua città natale. Caratteristico di questa cultura è infatti il bisogno, quasi ossessivo, di reinventare sempre se stessi, usando il proprio corpo e di conseguenza anche la propria estetica, come espressione di una moltitudine di “esistenze”.
In questa direzione narrativa, non è un caso che la ricerca artistica di Maurice Mbikayi indaghi il valore estetico e la centralità del corpo come manifestazione simbolica sensoriale, riprendendo il tema del dandismo, fenomeno molto diffuso nella quotidianità congolese. L’eccentricità nell’abbigliamento e la scelta di precisi codici estetici, rappresentano nella cultura suburbana locale uno specifico modello etico che però non deve e non può essere erroneamente inteso come mera vanità. Il dandismo è prima di tutto un fenomeno sociologico, che ritrova proprio nell’abbigliamento, la propria arma di difesa, rispetto a una contemporaneità nella quale non ci s’identifica, perché antidemocratica, violenta e intollerante.
Il vissuto quotidiano che diventa speculare al contesto artistico ritorna come caratteristica predominante nella poetica di Mbikayi anche nella sua esplorazione dell’impatto della tecnologia nella società africana e le conseguenze ambientali, economiche ma anche identitarie che questo sta generando. Le installazioni realizzate interamente con materiali di riciclo tecnologico, come computer, telefoni o cavi vari, si soffermano infatti sul tema del consumo tecnologico, come traduzione di un’evoluzione che in realtà spinge verso l’alterazione delle relazioni fra individui. È da questo e-waste che l’artista recupera il materiale da lavoro, trasformando il rifiuto elettronico in veicolo espressivo e dando vita a veri e proprio alter ego della cosiddetta cyber era, personaggi che però tradiscono un certo sconforto, perché indifesi e incapaci di comprendere appieno ciò che li circonda.
Maurice Mbikayi è nato a Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) nel 1974. Attualmente vive e lavora a Cape Town (Sudafrica). Nel 2000 si laurea all’Academies des Beaux Arts di Kinshasa e nel 2015 prende un Master alla Michaelis School of Fine Art di Cape Town. Le sue opere sono state esposte in numerosi Musei internazionali come l’Urban Institute for Contemporary Arts of Michigan, la South Africa National Gallery, il Centre Culturel des Mazades di Toulouse, e L’Association of Visual Arts di Cape Town. Maurice Mbikayi è membro dell’Africa South Art Initiative (ASAI) e del Visual Arts Network of South Africa (VANSA). Di recente è stato inoltre fra i finalisti del Luxembourg Art Prize 2016.