Maurizio Semplice – Wall[along the]street
Sette grandi foto digitali incentrate sul tessuto urbano di una città deflorata da un tempo inarrestabile divengono il fulcro della ricerca elaborata dall’artista.
Comunicato stampa
“Muri lungo una strada, niente altro che muri. Antiche e stratificate epidermidi. Confini sovrapposti di fotografia e pittura. Racconti superflui che narrano storie quotidiane, invisibili e dimenticate. Immagini di un itinerario casuale, colori improvvisati e forme nascoste che una città feroce, regala agli occhi di chi tenta scrutarla con la profondità discreta di un verso.”
Sabato 6 ottobre 2012, in occasione dell’ottava edizione della Giornata del Contemporaneo, La Porta Blu Gallery ha il piacere di proporre Wall[along the]street, mostra di Maurizio Semplice, a cura di Giulia Zamperini.
Sette grandi foto digitali incentrate sul tessuto urbano di una città deflorata da un tempo inarrestabile divengono il fulcro della ricerca elaborata dall’artista.
Wall [along the] street
Maurizio Semplice, con Wall [along the] street, esplora e prova a raccontarci l’anima di una città (in questo caso Roma) focalizzando il suo sguardo sulle superfici grezze dei suoi muri, emblematici in quanto intesi come strati epidermici che cambiano umore ed esteriorità, in linea con lo spirito della città stessa e con una facilità simile alla muta di un animale.
Segni del presente che graffiano e soffocano esistenze strutturali remote di una metropoli ormai sempre più gremita di contraddizioni: impronte che possono facilmente sfuggire all’occhio distratto di chi ci vive, ma che l’artista riesce a cogliere e a rivitalizzare attraverso un approccio spontaneo ma al contempo vigile, armato di un informale obiettivo fotografico che incarna oggi più che mai il senso dinamico della contemporaneità e di una sempre più assodata e benvoluta comodità “a portata di mano”. L’immagine è derivata da uno strumento quale l’iPhone, il quale, seppur simboleggi una fugacità dell’emozione visiva, ingordigia e insaziabilità verso l’attrazione del reale, diviene anche mezzo più prezioso in cui la casualità trova maggiore ispirazione e, in particolare, capace di impersonarsi come fenomeno di testimonianza e strumento di cronaca istantanea.
Ciò che l’artista pratica è un percorso a ritroso dell’osservare: l’ultimo livello di superficie, tangibile quanto più predominante, è anche l’ultima testimonianza in cui è possibile leggere una sua storia, e da cui è ravvisabile una storia altra, violentata dal tempo, e messa a nudo dal presente. Assemblaggi di passate e presenti esperienze materiali crescono come funghi sulla pelle della città, contraddistinta anch’essa, in ogni dove, da questo continuo gareggiare tra due entità temporali. Il tutto trasmesso in una maniera che permette alla fotografia, in alcuni attimi, di sconfinare, di camuffarsi in pittura, all’interno della quale il colore prende forza acquistando materialità.
Le immagini ci raccontano un interesse dell’artista nei confronti della città non solo di natura storico-culturale ma soprattutto affettiva, lasciando trapelare un’intenzione poetica in cui l’informe trova il suo spazio di fluida materialità, portando alla luce una trama casuale, a tratti irruente, facendo così rievocare nell’animo di chi osserva “storie quotidiane, invisibili e dimenticate” nella parentesi del nostro tempo.
Giulia Zamperini