Max Marra – L’opera al bianco
L’artista, di origine calabrese, si avvale di una forte matericità, tratta anche da quel mondo, ruvidamente stagliato tra terra e mare, che nella sua infanzia soleva abitare .
Comunicato stampa
L’artista, di origine calabrese, si avvale di una forte matericità, tratta anche da quel mondo, ruvidamente stagliato tra terra e mare, che nella sua infanzia soleva abitare .
Le opere di per sé potrebbero ricordare i medesimi ragionamenti spazialisti attuati da Burri e Fontana avviluppati in un’estetica organica piuttosto manzoniana; ma, sebbene non inediti, gli espedienti artistici adottati da Marra non vogliono sfondare la bidimensionalità del quadro per condurre il suo fruitore ad un infinito al di là nascosto dietro la tela, ma piuttosto è la tela stessa che estroflettendosi si protende verso l’esterno, verso ogni spettatore. Tale costruzione spaziale, con il proprio turgore, si giustappone alla superficie piatta della tela; distese collinari, sospese in uno stato di stasi, intervengono a calibrare lo spazio tentando di appropriarsi di sempre maggiore ossigeno.
La logica plastica, sussunta dal discorso pittorico, viene magistralmente architettata all’interno dell’inviolabile riquadro della tela; qui forme e texture differenti collaborano per creare un discorso pulito, netto, atto a sviscerare tutti gli ingarbugliati drammi che la tela si porta in grembo.
La fisicità delle opere è, pertanto, l’aperta dichiarazione dell’artista di aver messo in gioco problematiche viscerali, costruite in modo da formare una dettagliata topografia di un intimo territorio. Tale mappatura si esprime con efficacia soprattutto attraverso le dispersive campiture dei monocromi bianchi, opere che richiamano gli Achrome di Manzoni.
Questi pallidi riquadri rappresentano proprio la selezione effettuata per la mostra, la quale mira ad evidenziare il candore e la leggerezza celati tra i pesanti avviluppi fisici delle opere di Max Marra.