Maximilian Arnold – Freed from Desire

  • MATTA

Informazioni Evento

Luogo
MATTA
Via Privata Giacomo Favretto, 9, Milano MI, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

ore 12:00 - 21:00

Vernissage
27/03/2025

ore 12

Artisti
Maximilian Arnold
Generi
arte contemporanea, inaugurazione, personale

Mostra personale.

Comunicato stampa

FREED FROM DESIRE
sul lavoro di Maximilian Arnold

Le immagini portano sempre con sé un'ambiguità intrigante, qualcosa che sembra familiare ma al tempo stesso sfuggente: prima ancora di essere lavorata, l'immagine esiste come dato, come traccia documentale di una realtà già trasformata in archivio. L’archivio però, non è mai neutrale. Accumulare immagini significa già predisporle a un uso, a una manipolazione che ne ridefinisce i confini. L’atto di registrare e archiviare non è mai innocente, ma implica sempre una trasformazione del reale in documento, e dunque in potere.

Attraverso il ritaglio e la sovrapposizione, le immagini vengono deformate, riconfigurate, private della loro unità. Non si tratta di una semplice giustapposizione, ma di un atto di sabotaggio dell’ordine visivo. Il collage non distrugge l’immagine, la mette in crisi. In questo senso, si avvicina a una strategia di infiltrazione: non possiede nulla di proprio, si insinua nei territori del readymade e sfrutta il potere preconfezionato dell’immagine stessa.

Frammentazione e costante trasformazione dell’immagine avvengono attraverso un processo di collage e pittura in cui la materia visiva non si stabilizza mai, ma resta in perenne mutamento. Le immagini sono sottoposte a un continuo avanti e indietro: applicare la pittura e rimuoverla fino a quando la memoria del processo è quasi dimenticata, proprio come avviene con la manipolazione delle immagini digitali. Il bianco, la disgregazione degli elementi e l’incertezza della trasformazione diventano elementi chiave di questa ricerca. L’idea di un’immagine aperta, in sospensione, si lega alla natura del desiderio stesso: ciò che attrae non è mai l’oggetto in sé, ma la distanza che lo separa dal suo pieno compimento, la sua inaccessibilità, la tensione verso ciò che resta irraggiungibile.

C’è un legame inevitabile tra questa pratica e il nostro presente. La raccolta di immagini e il loro montaggio non appartengono più solo all’arte, ma sono diventati una condizione quotidiana, una logica inscritta nel funzionamento del capitalismo digitale. Qui, la pittura si fa campo di tensione: non si oppone alla logica della registrazione e del collage, ma la devia, la rallenta, la inceppa. Il bianco, il ritmo, la frattura diventano strategie per liberare l’immagine dalla sua condizione di puro dato e riaprire lo spazio del desiderio. La società contemporanea vive in un regime di iper-realtà, in cui la proliferazione delle immagini ha sostituito la realtà stessa. La risposta a questa condizione, non si oppone alla saturazione visiva, ma opera un sabotaggio soffuso, dall’interno, creando zone di silenzio e sospensione.

In un mondo in cui la produzione di immagini ha superato ogni vincolo di necessità, i lavori pittorici si concentrano su ciò che sfugge alla saturazione della comunicazione: forme spezzate, segmenti di corpi, innesti e lacerazioni che non si ricompongono mai del tutto. Un linguaggio che oscilla tra il riconoscibile e la dissoluzione, tra la figurazione e il collasso dell’immagine in pura materia.

Mentre il capitale non smette mai di decapitare, la pittura e il collage possono imparare a fermarsi nel bel mezzo del ciclo produttivo, creando spazi di non-lavoro dentro le stesse macchine che tentano di inglobarli. La pittura contemporanea spesso opera come un’interruzione del flusso, una pausa nella catena della produzione di senso. Così, nelle pieghe della ripetizione, potrebbe aprirsi la possibilità di un desiderio che sfugge alla logica della merce, di un'immagine che, finalmente, non abbia più un lavoro da svolgere. In questo caso, la pratica pittorica si configura come un territorio liminale, in cui l’immagine è costantemente sospesa tra il suo essere e il suo disfarsi, tra l’apparizione e la sparizione.

di Pier Francesco Petracchi

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FREED FROM DESIRE
about Maximilian Arnold’s work

Images always carry with them an intriguing ambiguity, something that feels familiar yet at the same time elusive: even before being worked on, the image exists as data, as a documentary trace of a reality already transformed into an archive. However, the archive is never neutral. Accumulating images already means preparing them for use, for manipulation that redefines their boundaries. The act of recording and archiving is never innocent; it always implies a transformation of the real into a document, and thus into power.

Through cropping and layering, images are distorted, reconfigured, stripped of their unity. This is not a simple juxtaposition, but an act of sabotage against visual order. Collage does not destroy the image; it challenges it. In this sense, it resembles a strategy of infiltration: it owns nothing of its own, it slips into the territories of the readymade, exploiting the pre-packaged power of the image itself.

Fragmentation and constant transformation of the image occur through a process of collage and painting, where the visual matter is never stabilized but remains in perpetual flux. The images undergo a continuous back-and-forth: applying and removing paint until the memory of the process is almost forgotten, much like the manipulation of digital images. White, the disintegration of elements, and the uncertainty of transformation become key components of this investigation. The idea of an image that is open, suspended, is tied to the nature of desire itself: what attracts is never the object itself, but the distance that separates it from its full realization, its inaccessibility, the tension towards what remains unattainable.

There is an inevitable connection between this practice and our present. The collection of images and their montage no longer belong only to art; they have become a daily condition, a logic embedded in the functioning of digital capitalism. Here, painting becomes a field of tension: it does not oppose the logic of recording and collage, but diverts, slows it down, jams it. White, rhythm, and fracture become strategies to free the image from its condition as mere data and reopen the space of desire. Contemporary society lives in a regime of hyper-reality, where the proliferation of images has replaced reality itself. The response to this condition does not oppose visual saturation but performs a subtle sabotage from within, creating zones of silence and suspension.

In a world where the production of images has surpassed any necessity, paintings focus on what escapes the saturation of communication: broken forms, segments of bodies, grafts, and ruptures that never fully recombine. A language that oscillates between the recognizable and the dissolution, between figuration and the collapse of the image into pure matter.

While capital never stops decapitating, painting and collage can learn to stop in the middle of the production cycle, creating spaces of non-work within the very machines that try to incorporate them. Contemporary painting often operates as an interruption of the flow, a pause in the chain of meaning production. Thus, within the folds of repetition, the possibility of a desire that escapes the logic of the commodity might emerge, an image that, finally, has no more work to perform. In this case, the painting practice takes shape as a liminal territory, where the image is constantly suspended between its being and its undoing, between appearance and disappearance.

by Pier Francesco Petracchi