Medhat Shafik / Luiso Sturla

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA NAZIONALE - PALAZZO DELLA PILOTTA
Piazza Della Pilotta , Parma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dalle 10 alle 19 – chiuso il lunedì

Vernissage
10/11/2012

ore 17

Contatti
Email: info@spsadpr.it
Editori
SKIRA
Artisti
Medhat Shafik, Luiso Sturla
Uffici stampa
STUDIO ESSECI, STUDIO LUCIA CRESPI
Generi
arte contemporanea, doppia personale

Mostra delle opere di Medhat Shafik, 25 dipinti e 106 carte, dagli anni ottanta al 2011, importante acquisizione delle collezioni del CSAC della Università di Parma. Il catalogo, edito da Skira, che riproduce l’insieme delle opere, apre con un ampio saggio di Gloria Bianchino la quale ripercorre la ricerca dell’artista dalle origini ad oggi.

Comunicato stampa

Si apre a Parma il giorno 10 novembre alle ore 17 al Salone delle Scuderie in Pilotta e
resterà aperta fino al 9 dicembre 2012, la mostra delle opere di Medhat Shafik, 25 dipinti
e 106 carte, dagli anni ottanta al 2011, importante acquisizione delle collezioni del CSAC
della Università di Parma. Il catalogo, edito da Skira, che riproduce l’insieme delle opere,
apre con un ampio saggio di Gloria Bianchino la quale ripercorre la ricerca dell’artista dalle
origini ad oggi.
Medhat Shafik è un caso sul quale la critica ha aperto un dibattito che dura ancora oggi.
Egiziano, a vent’anni giunge a Milano, studia e si diploma alla Accademia di Brera, vive
facendo il traduttore, l’interprete, ma sempre per continuare a dipingere e oggi è certo
una delle figure eminenti nella ricerca artistica in Italia e fuori. Il problema sta proprio qui,
Medhat è un artista occidentale oppure un figlio della cultura in Egitto? E quale sarà poi la
cultura dell’Egitto, quella delle antiche lontanissime piramidi e dei faraoni, quella dell’Islam,
quella dei copti che sono i cristiani d’Egitto e che hanno sul Nilo, come la civiltà dell’Islam,
una loro lunga storia? Il dibattito, la discussione della critica, quella degli interpreti della
ricerca dell’artista, è proprio sulla interpretazione della sua ricerca, artista d’occidente
oppure artista legato a una civiltà vagamente mediterranea. La grande raccolta donata al
CSAC, con opere dagli anni sessanta al 2011, servirà forse anche a chiarire questa
esperienza complessa e a ripercorrere una ricerca di ricca e vibrante capacità narrativa.
Shafik è un grande narratore e le sue origini, le terre d’Egitto, il Nilo, la memoria degli
spazi dei suk piuttosto che delle dune, i colori e il cotone, i vasi e i frammenti di scritture
che affiorano un poco ovunque nei suoi dipinti, tutto, insieme al sogno di cieli alti, di notti
nere di stelle, tutto questo è parte della memoria infantile e della giovinezza dell’artista e
diventa, nel suo racconto, un altro sogno, quello della unione delle diverse culture sulle
rive del Mediterraneo. Ma proprio i dipinti della mostra provano, al di là di quello che lo
stesso artista racconta sulle proprie origini e memorie e affetti, che la sua arte nasce in
occidente, nasce da scelte e passioni precise che del resto lo stesso pittore confessa.
Prima di tutto l’incontro con la cultura della memoria dell’Occidente, quella di artisti come
Paul Klee, Wassilij Kandinskij, Marc Chagall, dunque con la ricerca fra primo e secondo
decennio del novecento che ha trasformato il modo di pensare la pittura, suggerendo un
dialogo fra questa e la scrittura da una parte e, dall’altra, con la musica. Del resto le
attenzioni di Shafik per la ricerca del Cavaliere Azzurro, le attenzioni per Gabriele Mùnter
piuttosto che per gli Espressionisti sono evidenti in molti dipinti degli anni ottanta, e ancora
sono chiare quelle per Marc e per Macke. Lo provano pezzi significativi come Toro o
Cavallo in fuga del 1984. I titoli per Shafik sono sempre discorso sulla memoria e le U II II II II II
Centro Studi e Archivio della Comunicazione
43100 Parma – Abbazia di Valserena, Viazza di Paradigna 1
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attenzioni per Kafka e la letteratura mitteleuropea, ma anche per la psicoanalisi, sono
parallele alle attenzioni per lo stratificarsi del tempo nelle immagini che alludono sempre
alla durata e che mostrano complessi rapporti con altre figurazioni del passato, come in A
tavola con Kafka (1991) o in Luoghi di scavi (1991 e 1994) e in molte altre opere. La
ricerca ulteriore dell’artista si fa più complessa e sono chiare le attenzioni all’Abstract
Expressionism e quindi all’Action Painting americana, poi per le scritture pittoriche della
più recente ricerca espressiva in Germania e in Italia. Shafik è fra i pochi pittori che
reggono una grande dimensione e alcuni suoi pezzi in mostra sono imponenti. Così Le
porte di Samarcanda, un trittico del 2006 dove il grande gesto, quello di Kline, le capacità
di corrompere la materia di Schwitters, con le sue dense stratificazioni di forme e materia,
e insieme la sensibilità per le strutture che emerge da una lunga attenzione alla ricerca
compositiva astratta, costruiscono un’opera densa di memorie.
In mostra sono esposte anche delle opere scavate nel legno oppure impresse su spesse
carte bagnate, forme in negativo o a rilievo di alfabeti perduti, alfabeti mitici che nascono
da una moderna riflessione sulle grafie dell’arte in occidente ma che citano geroglifici e
ideogrammi, la grafia islamica e l’alfabeto greco. Shafik sa anche creare spazi vibranti sul
foglio (sono qui oltre cento i suoi disegni), con una grafia mossa e sottile, che esce da
Giacometti piuttosto che dalla illustrazione francese dell’Ottocento, ma anche dalla ricerca
più alta dell’Informale. Dunque una mostra importante da leggere nel quadro della nuova
pittura europea contemporanea.

Si apre al Salone delle Scuderie in Pilotta il giorno 10 novembre alle ore 17 e fino al 9 dicembre 2012 una grande rassegna dell'intera ricerca di Luiso Sturla (Chiavari 1930). Il catalogo, edito da Skira, che riproduce l'insieme delle opere donate al CSAC , 42 dipinti e 68 disegni, viene introdotto da un saggio di Ivo Iori; le schede delle opere sono di Marina Travagliati.

Luiso Sturla ha 82 anni ed è una delle poche figure di protagonisti sulla scena pittorica che ancora tiene viva la grande civiltà della pittura informale, di quella pittura che Arcangeli definiva degli "ultimi naturalisti" e che Roberto Tassi evocava, insieme a pochi altri, come un momento determinante della nostra ricerca artistica. Sturla ha alle spalle una lunga storia che qui in mostra si ripercorre felicemente attraverso 42 dipinti e 68 disegni. Una storia che vede il pittore legarsi, dopo gli inizi figurativi, al Movimento Arte Concreta, di cui si vedranno in mostra alcune importanti quanto rarissime prove, per poi avviarsi verso una nuova ricerca maturata anche in un lungo soggiorno negli Stati Uniti (1960/62) dove dialoga con l'Action Painting e scopre quindi una dimensione differente del discorso pittorico, una grande libertà compositiva. Il ritorno in Italia gli propone esperienze diverse, quelle di Renato Birolli e delle sue immagini delle Cinque Terre e il fascino del ciclo degli Incendi, ma anche la novità dei pastelli a cera e della invenzione costante sui luoghi e su un medesimo tema di Ennio Morlotti che diventerà, dopo le tensioni dei paesaggi lombardi, ricerca sulle rocce, il cielo, il mare della Liguria. La ricerca di Sturla è comunque diversa, lentamente egli lascia ai margini la rappresentazione del vero per una ricerca che sublima le forme, che le rende trasparenti, incerte, vibranti. In questa direzione il dialogo con un amico scomparso, ligure pure lui, appare importante: è Pier Luigi Lavagnino, che fa della meditazione, della durata, della stratificazione della pittura uno dei punti di forza della sua arte. Sturla e Lavagnino hanno avuto a Milano lo studio in comune nei primi anni cinquanta e allora, e ancora in seguito, gli scambi sono evidenti; poi i due artisti prenderanno strade diverse, Lavagnino con immagini più sognate e distanti, Sturla evocando ancora le sperimentazioni del suo soggiorno americano con particolari attenzioni anche alla ricerca di Mark Rothko.
In mostra oltre ai dipinti, sempre di qualità molto alta, si propongono anche importanti disegni, alcuni rarissimi, riportati in Italia dopo il soggiorno negli Stati Uniti, mentre i dipinti di quel periodo sono tutti rimasti negli USA. Nei disegni si legge a volte la prima fase della ricerca di Sturla che muove sempre da un dialogo col naturale e che nei dipinti in genere si fa diversa, diventa stratificarsi di forme, sovrapporsi di memorie. Come nel caso delle lettere, dei frammenti trovati che vengono integrati, inclusi e quindi ripensati dalla pittura, dunque un dipingere che è "scrittura", come le lettere, i frammenti ancora leggibili sulla tela. E poi i titoli: chi legge i titoli delle opere di Sturla scopre memorie di luoghi e di spazi precisi, ma poi l'opera è sempre una trasformazione, un modo per rendere non più riconoscibile il fiume che scorre sotto casa, il bosco o il profilo dei monti, il cielo o lo spazio di un abitato. Insomma Sturla è un pittore della memoria e i tioli sono una suggestione proprio per riscoprire, collegare un punto di partenza lontano con l'invenzione innovatrice del dipinto. Un artista dunque di grande interesse e per il quale la critica, sempre attenta alla sua ricerca, ancora negli ultimi anni ha mostrata una rinnovata attenzione.